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    Francia-Germania, secoli di rivalità in una sola partita

    Fasi di gioco concitate nella partita tra Francia e Germania degli Europei 2016. Credit: EPA/MOHAMED MESSARA
    Di Stefano Mentana
    Pubblicato il 15 Giu. 2021 alle 17:06 Aggiornato il 15 Giu. 2021 alle 17:16

    Gianni Brera, cantore del calcio cui dobbiamo tanti dei termini che usiamo oggi, definiva “classica” una partita che vede contrapposte due squadre che hanno vinto almeno uno scudetto. Applicando tale rigore linguistico agli europei di calcio, possiamo dire che stasera andrà in scena alla Fussball Arena di Monaco una classica europea e mondiale. Anzi, qualcosa di più: perché la rivalità tra Francia e Germania non può essere ridotta a due nazionali di calcio che hanno vinto sia il Mondiale che l’Europeo. C’è una tradizione di ostilità e distensioni lunga secoli di storia, come spesso succede tra due vicini importanti. Una tradizione che si ripropone in campo, dove Francia e Germania sono interpreti di due filosofie di gioco diverse, entrambe capaci a modo proprio di annichilire l’avversario: il calcio champagne francese contro il panzer tedesco.

    La storia insegna che il calcio è parte integrante della società, e che quello che vediamo in campo tante volte rispecchia specifiche caratteristiche dei Paesi e delle culture che si stanno confrontando. E così la Francia, negli anni, ha saputo portare avanti un calcio spumeggiante, all’insegna dell’attacco e dello spettacolo, che non a caso ha preso il nome di calcio champagne, e che non può non richiamare alla grandeur francese, quella volontà non solo di vincere, ma di mostrarsi i migliori in tutto e per tutto, come nei secoli hanno provato a fare il Re Sole e Napoleone, tra gli altri. Col rischio, però, di provare a fare le cose troppo in grande e di fermarsi.

    C’è invece il calcio dei panzer tedeschi, un calcio fisico e che guarda all’attacco. Un calcio che non si ferma di fronte a un vantaggio consolidato, ma fino al triplice fischio continua a pensare a segnare come se fossero ancora sullo zero a zero: il 7-1 rifilato al Brasile di fronte a un incredulo pubblico del Mineirao ai Mondiali del 2014 è un chiaro esempio a riguardo. Ma questa mentalità a volte rischia di trasformarsi in qualcosa di prevedibile, e noi italiani ne sappiamo qualcosa. Quante vittorie della nostra nazionale sono passate da uno scontro con la Germania? L’estro e la zampata improvvisa degli azzurri hanno mandato in tilt la macchina da guerra tedesca.

    La Francia sa bene come il suo vicino d’oltrereno non faccia sconti, e quando si pone un obiettivo lo persegue, minacciando così la storica volontà francese di mostrare al mondo la sua grandezza. Lo ha visto suo malgrado nel 1870, nella guerra franco-prussiana, quando le truppe del Kaiser arrivarono, con quella mentalità da panzer, senza pensare di fermarsi per un attimo, fino alle porte di Parigi, costringendo i francesi alla resa e a cedere al vicino Alsazia e Lorena.

    Quarantaquattro anni dopo, nella Prima Guerra Mondiale, i tedeschi provarono nuovamente ad arrivare in tempi record a Parigi: una guerra lampo, un annichilimento improvviso dell’avversario, noncuranti della sua storia e della sua potenza, un po’ come quando senza problemi segnarono sette reti al Brasile. Quasi una rapida faccenda da sbrigare in tempi velocissimi, così da passare subito all’altra pratica, il fronte russo, da sbrigare anch’essa alla svelta: questo prevedeva il piano Schliffen. Eppure, sulla Marna, la disperata difesa francese ha ricordato più il catenaccio italiano che il calcio-champagne d’Oltralpe. Ne nacque uno stallo che andò avanti fino al 1918 e costò a entrambe le parti un numero inaccettabile di morti. In questo fortunatamente il calcio è diverso, e lo sarà sempre, per quanto le analogie con le guerre si possano trovare.

    Se gli storici individuano l’origine della rivalità politica tra Francia e Germania nel trattato di Verdun dell’843, ben più recente è quella che vediamo sul campo di calcio. Non è un caso che i nostri cugini d’oltralpe hanno impiegato decenni a diventare una nazionale competitiva a livello internazionale, diversamente dalla Germania. Fu proprio con lo sviluppo del calcio champagne, con la crescita di talenti come Michel Platini, che la Francia si è trasformata in una nazionale in grado di ambire ai più alti livelli calcistici. Ed è proprio nel 1982, in piena era Platini, che la Francia arriva in semifinale dove incontra la Germania Ovest, con serie possibilità di batterla.

    La notte di Siviglia, allo stadio Sanchez Pizjuan, è una partita spettacolare. Nei primi novanta minuti la partita finisce uno a uno. La tensione è molto alta, anche perché la posta in gioco è molto alta, e a rendere tutti ancora più tesi c’è un durissimo scontro di gioco tra il portiere tedesco Schumacher e il francese Patrick Battiston, in cui quest’ultimo perde due denti e perde conoscenza. Fortunatamente, andò tutto bene. I supplementari si aprono con la Francia che vuole mostrare alla Germania e al mondo intero tutta la sua grandeur: in pochi minuti segna non uno, ma due goal, e la partita sembra chiusa. Ma nonostante la stanchezza e il poco tempo e disposizione, la macchina da guerra tedesca si rimette in moto, e arriva sul 3-3: un equilibrio perfetto tra due filosofie di gioco diverse, che a quel punto può essere deciso solo dalla cinica lotteria dei rigori, che vide prevalere la Germania. In finale i tedeschi saranno sconfitti 3-1 dall’Italia, grazie ai goal di Pablito Rossi, Tardelli e Altobelli, di fronte all’incontenibile gioia del presidente Sandro Pertini, ma questa è un’altra storia.

    E così, il calcio champagne contro i panzer, la volontà di mostrare la propria grandezza contro una disciplinata macchina da guerra. Ma anche, molto più banalmente, uno scontro tra le vincitrici degli ultimi due mondiali di calcio: non solo una classica, ma molto di più.

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