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Game of Thrones 8, la recensione: arriva la Lunga Notte nel terzo episodio

Di Cristina Migliaccio
Pubblicato il 30 Apr. 2019 alle 10:00 Aggiornato il 30 Apr. 2019 alle 10:12

GAME OF THRONES 8×03 RECENSIONE – Un episodio sofferto, lungo 82 minuti di pura agonia. Un arco di tempo durante il quale spesso ci siamo chiesti: chi sopravvivrà alla Lunga Notte? Chi perirà per mano del Re della Notte? A chi dovremo dire addio? Perché, si sa, in Game of Thrones è più facile morire che vivere. E invece no, gli autori hanno deciso di fare un regalo (forse non molto gradito) ai fan risparmiando la vita a molti personaggi, sacrificando i “sacrificabili”.

Una puntata dalla discutibile scenografia, cupa a 360 gradi, ma dal forte impatto. Questa è una di quelle puntate che verrà ricordata nella storia della televisione, una guerra attesa e temuta pari a quella de Il Signore degli Anelli, per intenderci.

La Lunga Notte è arrivata. 82 minuti d’intrattenimento conditi da ansie e dubbi su chi riuscirà a passare la notte. Game of Thrones non si smentisce, così come il regista Miguel Sapochnik che, ai tempi, diresse “La battaglia dei bastardi”.

Il Re della Notte è stata la spina nel fianco dei nostri eroi, il suo temibile esercito è arrivato a Grande Inverno e ha lasciato dietro di sé una scia di morte.

Ecco che cosa è successo nella 8×03 di Game of Thrones

Tante aspettative per questa battaglia, ma soprattutto tanta paura di non rivedere più alcuni personaggi.

Game of Thrones 8×03 recensione | I personaggi

Ma i personaggi di Game of Thrones non sono personaggi comuni, questo ormai lo sappiamo. Sono giunti all’ottava stagione forgiati dal temperamento dei Sette Regni, dalle loro battaglie pubbliche e private, dalle ingiustizie mal digerite e dalla sete di vendetta. Personaggi come Arya Stark, completamente mutati nel corso del tempo e divenuti un tassello fondamentale per questa grande battaglia.

A pensarci bene, ogni evoluzione è stata necessaria per questo momento. Se Sansa non avesse subito le ingiurie da parte dei Lannister, forse non avrebbe ottenuto la vena da stratega che sfoggia adesso, così come forse non avrebbe apprezzato appieno la natura di Tyrion.

Se Arya Stark non si fosse persa, oggi non si sarebbe ritrovata come l’abile combattente che è (cosa che ha dimostrato compiendo il suo destino).

Game of Thrones 8×03 recensione | Il riscatto di Arya

Mentre Jon e Daenerys hanno perlopiù giocato a nascondino tra le nuvole in sella ai draghi, la vera battaglia è avvenuta tra le mura di Grande Inverno. Arya che cerca di scappare nei corridoi di casa propria, quella casa dimenticata per tanto tempo, finalmente ritrovata e poi divenuta un campo di battaglia, le ha permesso di morire e rinascere come la combattente che era destinata a diventare. Se non fosse stato per l’intervento di Melisandre, Arya avrebbe ugualmente ucciso il Re della Notte?

Un gran colpo di scena. Dopo averla vista impaurita, pronta alla fuga, accartocciarsi su se stessa e trascinata via (ancora una volta) dal Mastino per mettersi in salvo, Arya gioca in attacco e questa volta per uccidere.

Tutto l’episodio è servito a prepararci per questo grande momento. Arya che riconosce Melisandre, Arya che osserva intimorita l’esercito dei morti, Arya che spedisce sua sorella Sansa – Lady di Grande Inverno – nella cripta per mettersi in salvo, Arya che usa con grazia l’arma forgiata da Gendry per uccidere i nemici. E ancora, Arya in ginocchio, Arya che scappa, Arya che piange, Arya che riprende possesso delle sue facoltà, Arya che piomba dal nulla e uccide con rapidità il grande nemico. Un tornado di emozioni che potrebbero rendere Arya la perfetta candidata per il Trono di Spade.

Se questo non è un riscatto in piena regola, allora cos’è?

Game of Thrones 8×03 recensione | La fine

Gli Estranei sono stati sterminati, ma cosa ne sarà dei vivi? Le vittime ci sono state, ma non quante credevamo possibili. Per una battaglia di questa portata, a rimetterci la vita sono stati quei personaggi “sacrificabili”, di cui nessuno (se non qualcuno) avrebbe sentito la mancanza.

Nonostante il supporto musicale, addolcito nelle scene finali, sono pochi i personaggi la cui morte ha lasciato l’amaro in bocca. Ser Jorah, ad esempio, insieme a Theon e la piccola Lady Lyanna Mormont avevano un destino già scritto.

La piccola Mormont si era rifiutata di nascondersi perché non era più una bambina e, infatti, è morta da donna. Ser Jorah avrebbe fatto di tutto per la sua Khaleesi e ha perso la vita pur di difenderla. Infine, Theon ha dimostrato lealtà che sconfina nell’amore per Sansa al punto da difendere suo fratello Bran, e tutta la casata Stark, fino alla fine.

E queste sono le vittime che contano. Perché nessuno piangerà mai la morte di Melisandre, o di Dolorous Edd e Beric Dondarrion. Eppure, una domanda sorge spontanea: se fossimo stati ai primi tempi di Game of Thrones, quanti dei protagonisti si sarebbero salvati da questa battaglia?

La Lunga Notte ha portato a galla molte verità assopite. Il Mastino sconvolto dalla brutale piega degli eventi, “non vinceremo mai”, Arya per la prima volta realmente spaventata da qualcosa, Sansa e Tyrion uniti come non mai, Daenerys e il senso d’inutilità che la pervade sul campo di battaglia (cosa resta della Regina senza i suoi draghi?) e Jon Snow che vorrebbe difendere tutto e tutti e poi non riesce neanche a difendere se stesso.

E poi esistono anche i piccoli miracoli, come Sam che sopravvive alla battaglia contro gli Estranei.

Il Re Della Notte è morto, ma la (vera) minaccia attende paziente ad Approdo del Re. Cersei Lannister ha già limato le sue unghie, pronta a distruggere chiunque sia sopravvissuto all’ondata invernale su al Nord.

Game of Thrones potrebbe riservarci altre vittime. Sotto a chi tocca.

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