Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » Spettacoli

Da Broadway a Netflix: Meryl Streep e Nicole Kidman contro l’omofobia nel musical The Prom

The Prom 2020
Di Max Deliso
Pubblicato il 14 Dic. 2020 alle 16:24 Aggiornato il 14 Dic. 2020 alle 16:25

Nelle ultime settimane, una rivista scientifica della quale ora mi sfugge il nome, ha pubblicato i risultati di una ricerca che riguarda un particolare microchip genetico, inserito dal Creatore in persona, atto a produrre in ogni sosia rozzo e ciccione di Homer Simpson un pianto dirompente e al limite del patetico durante qualsiasi visione di un qualunque musical cinematografico. Il record del mondo appartiene a La La Land, che finisce pure male rimuovendo l’antico cliché dello scontato happy end in voga fin dai tempi di Shirley Temple. Succede, nonostante qualche incertezza legata a un abbassamento repentino del livello di pathos, anche nel film distribuito da Netflix e diretto da Ryan Murphy: The Prom.

Basato sull’omonimo musical made in Broadway, The Prom racconta la storia di una ragazza adolescente nata e cresciuta nel ruvido stato americano dell’Indiana, che balza agli onori della cronaca dopo essere stata esclusa dal ballo studentesco per avere dichiarato pubblicamente la propria omosessualità. Murphy, gay dichiarato, sposato con il fotografo David Miller e padre di due figli, deve avere avuto un déjà-vu, perché in qualche modo questa sceneggiatura scritta a due mani da Chad Beguelin e Bob Martin, entrambi candidati al Tony Award, riflette fedelmente un certo momento della vita del regista e produttore nato a Indianapolis, fenomenale autore di Correndo con le forbici in mano, piccolo capolavoro cinematografico tratto dal romanzo autobiografico di Augusten Burroughs.

In realtà, nonostante il vestito allegro e l’andatura scorrevole, The Prom affronta argomenti diversi, scottanti e attuali, perché a dispetto di tutte le campagne contro l’omofobia e il bullismo, questi subdoli altarini nutriti dall’ignoranza e dall’umana stupidità continuano a frenare il progresso intellettuale della nostra società verso un futuro equo e scevro da pregiudizi morali dettati da un certo fare bigotto prescritto dal classico pensiero clericale conservatore. Ma non si tratta solo di questo, perché il musical dice anche altro, racconta di un gruppo di attori che prova a servirsi della bufera mediatica scatenata dalla giovane Emma per rinverdire antichi fasti, sebbene la ragazza in realtà chieda solo di partecipare al ballo con la fidanzata Alyssa, innamorata e tuttavia incapace di tirare fuori la verità davanti alla madre, portavoce del gruppo di genitori che non accetta la presenza di un’adolescente lesbica alla festa.

I quattro artisti, interpretati da Meryl Streep, qui in gran spolvero, Nicole Kidman, splendida e vocalmente sul pezzo, James Corden, emozionante e delicato e Andrew Rannells, bravissimo e recente protagonista di The Boys in the Band di Joe Mantello, cercano e trovano pubblicità sostenendo la causa pro LGBT aiutati dal preside che si oppone da sempre alla gretta omofobia del comitato alunni-insegnanti. Alla fine prendono a cuore la vicenda in maniera sincera mettendo da parte le rispettive carriere e trovando comunque un inaspettato riscatto personale. Estremamente convincente la prova della giovane debuttante Jo Ellen Pellman nei panni della romantica e determinata Emma, assolutamente strepitosa assieme ad Ariana DeBose, nel ruolo di Alyssa, durante l’esecuzione di Dance With You, canzone orecchiabile e strappacuore.

Molto sensuale anche la citazione di All That Jazz di Bob Fosse con protagonista Nicole Kidman, brava nel mantenere la giusta ironia fino alla fine della scena. Nell’insieme un film gradevole, non affonda il colpo come forse dovrebbe, ma si lascia guardare per oltre due ore, trasportando l’audience direttamente su un palcoscenico di Broadway, e questo, con i tempi che corrono, è grasso che cola.

Leggi anche: La regina degli scacchi: la nuova mini serie Netflix da guardare assolutamente (di Max Deliso)
Leggi l'articolo originale su TPI.it
Exit mobile version