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Mahmood e la sua frase sull’omosessualità che distrugge Barbara D’Urso

Di Redazione TPI
Pubblicato il 13 Feb. 2019 alle 20:00 Aggiornato il 14 Feb. 2019 alle 08:02
>>> QUI IL VIDEO DELL’ATTACCO DI MAHMOOD A BARBARA D’URSO <<<

MAHMOOD BARBARA D’URSO – È il personaggio del momento: Mahmood, il vincitore del Festival di Sanremo 2019 con la canzone Soldi.

Sulla sua vittoria al Festival ci sono state molte polemiche: il voto della giuria di qualità ha sovvertito il verdetto del televoto da casa. Una circostanza che non ha lasciato indifferente Ultimo, secondo classificato a Sanremo, e che ha ampiamente polemizzato sulla classifica finale del festival.

Prima dell’esperienza a Sanremo, il 27enne cantante, in un’intervista rilasciata a Vanity Fair, aveva smentito le voci su una sua presunta omosessualità.

Nel farlo, aveva rilasciato una dichiarazione che, in qualche modo, polemizzava anche con certi programmi trash della televisione italiana, tra cui quelli condotti da Barbara D’Urso come Pomeriggio Cinque.

Il tema era quello del coming out in televisione.

“Penso che sia sbagliato, in un certo senso, parlare di queste cose – aveva detto Mahmood – Dichiarare ‘sono gay’ non porta da nessuna parte, se non a far parlare di sé. Andare in tv da Barbara D’Urso per raccontare la propria omosessualità mi sembra imbarazzante: così si torna indietro di 50 anni”.

Al vincitore del Festival, insomma, la tv della D’Urso sembra proprio non piacere, dal momento che la utilizza come esempio di un modo retrogrado di fare televisione.

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Mahmood: “La mia generazione rispetta la diversità”

In un’altra intervista, rilasciata a Repubblica dopo la vittoria del Festival, Mahmood ha parlato anche delle polemiche legate alle sue origini.

“In classe con me alle elementari c’erano molti ragazzini cinesi, russi, tanti di ogni razza e provenienza. Forse sono le generazioni prima della nostra a sentire la diversità visto che sono cresciute in un mondo dove l’immigrato o il figlio di coppie miste era un’eccezione”.

Il cantante ha spiegato di  non sentirsi un simbolo: “Non credo di essere un simbolo per nessuno per il semplice fatto che sono nato e cresciuto a Milano, quindi sono italiano al cento per cento. Con Soldi ho solo raccontato una storia, non volevo fare politica né lanciare messaggi. La frase che dico in arabo è un mio ricordo di bambino, me la diceva mio padre quando mi portava a giocare al parco”.

Mahmood ha detto di non aver mai vissuto episodi di razzismo nel suo quartiere a Milano Sud. Quanto alla famiglia, ha dichiarato: “Mio padre se n’è andato quando avevo 6 anni. Sono cresciuto con mia madre, i vicini di casa erano mia zia, i miei cugini: mia mamma ha dodici fratelli, siamo una grande famiglia. Da bambino ero abbastanza tranquillo, leggevo molto, lo facevo più da piccolo che ora”.

“Ero cicciotto e con gli occhiali, andavo in piscina, mia madre mi faceva vestire sempre con camicie sgargianti, diciamo che non passavo inosservato ma non ero certo il figo della classe come Liu, un ragazzo cinese che primeggiava”.

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E le polemiche sulla vittoria? “Non mi sfiorano per niente, sono felicissimo, figurarsi se possono minimamente influenzarmi: non ci riusciranno mai”.

Mahmood ha rilasciato alcune dichiarazioni anche al Corriere della Sera.

“Sono cresciuto con mamma che ascoltava i cantautori: Battisti, De Gregori, Carboni e Antonacci erano i suoi preferiti. Nei viaggi in macchina papà metteva le cassette delle cantanti arabe, soprattutto marocchine, come Shirine. Quelle melodie, che sono tornato ad ascoltare dopo anni, sono entrate nella mia musica”, ha detto.

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Il cantante ha parlato anche del suo passato: “Ho fatto il barista per 3 anni e mezzo. In zona San Babila. Facevo l’apertura e mi dovevo svegliare alle 4 e mezza ogni mattino. È stata dura ma mi è servita per capire meglio cosa volevo fare nella vita e cosa no”.

Quanto ai suoi interessi fuori dalla musica, Mahmood ha spiegato: “Sono un nerd. Sono un fan dei Pokémon. Non vedo l’ora che esca il nuovo gioco, anche se temo di dover cambiare consolle. E poi ci sono i libri che mi aiutano a costruire l’immaginario descrittivo dei testi delle mie canzoni. Rileggerei all’infinito Principianti di Raymond Carver. E il mio album si chiama Gioventù bruciata come il film che amo per l’estetica e perché il personaggio di James Dean ha una malinconia innata che ritrovo nei miei brani”.

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