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Quella volta che Battiato suonò a Piazza Affari: era felice e ci contagiò tutti

Franco Battiato. Credit: Creative Commons
Di Luca Paladini
Pubblicato il 20 Mag. 2021 alle 19:21

Sarebbe interessante capire in quale momento la nostra capacità di comprensione è riuscita a entrare in rotta di collisione empatica con un artista capace di intrecciare metafore e parole a quell’altezza. Siamo un esercito che non scioglie le righe neanche ora che il generale si è allontanato in un’altra dimensione. Forse perché abbiamo preso davvero sul serio la sua promessa d’essere capace di superare le correnti gravitazionali e prenderci comunque cura di noi.

Mi passa davanti agli occhi l’immagine di una piazza del Duomo straripante del 1981. Quando gli assembramenti erano benedetti, se salivano sul palco contemporaneamente Pino Daniele e Franco Battiato.

Ho pure un ricordo personale legato a un concerto di 25 anni fa in una location inusuale come Piazza Affari, quando ancora il dito medio di Cattelan era la da venire. Ero presente e sorpreso da un’esibizione che non aveva nulla dei tratti che potevo aspettarmi. Nessun misticismo, nessun discorso sussurrato, neanche la postura ascetica.

Era una serata dove la voglia di divertire e divertirsi andava oltre ogni altra ambizione. Lo vedevo ballare goffamente e muoversi e dimenarsi come un matto con una gestualità unica, per due ore di fila. Uno dei concerti più stralunati e divertenti che mi sia mai capitato di vedere. Parlava, rideva, cantava stonando visibilmente, indifferente al giudizio o consapevole che intorno aveva solo e comunque occhi adoranti, perché anche in una serata senza freni e a briglie sciolte, la statura della sua arte emergeva in modo dirompente.

Io non posso sapere se intimamente fosse una persona in pace con se stessa. Forse non aveva tempo neanche per rifletterci su, vista l’incessante curiosità che lo spingeva a esplorare mondi e culture lontane. So di averlo visto quella sera in Piazza Affari, felice. Visibilmente felice. Talmente felice da risultare capace di contagiarci tutti. E questo, insieme a mille altre ragioni per essergli grato, è il ricordo dolce e tenero che mi porterò dietro.

Lui in quelle due ore voleva davvero “vederci danzare” spensieriati. No, non le rompiamo le righe, Maestro. In fondo non ci costa nulla guardare verso un palco e immaginarti ancora capace di portarci con te in un’altra dimensione spazio temporale. Alla fine sei stato tu a dircelo. I desideri non invecchiano con l’età. Figurarsi i sogni.

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