La guerra raccontata dagli occhi dei bambini, con leggerezza e spontaneità, è il centro del primo film da regista di Claudio Bisio “L’ultima volta che siamo stati bambini” nato dal romanzo omonimo di Fabio Bartolomei che al Matera Film Festival è stato presentato seguito da un affollato incontro con il pubblico. «Io sono stato bambino fino a vent’anni – ha esordito l’attore e regista –. Aldilà degli scherzi da sempre ho un rapporto stretto con i bambini. Un mio spettacolo teatrale si chiamava “I bambini sono di sinistra”, un testo di Michele Serra. “Sdraiati”, parlava di un figlio, poi ho incrociato questo romanzo e mi sono detto: è la mia storia».
Il film racconta la Seconda Guerra Mondiale vista da quattro bambini, amici, che giocano a fare la guerra nel bel mezzo del conflitto, fino a quando uno di loro non viene preso in un rastrellamento e deportato. I suoi amici decidono di partire per riportarlo a casa, dando il via a una serie di eventi a catena che porterà anche gli adulti a intraprendere lo stesso viaggio. Sulla nota difficoltà a lavorare con i bambini Bisio ha spiegato: «Una cosa fondamentale, senza la quale non avrei potuto fare il film, è stata realizzare una decina di giorni in campagna di Boot Camp, così lo abbiamo chiamato, due mesi prima di iniziare a girare. I genitori andavano a spasso, ed io con il mio aiuto regista e l’attrice Tiziana Lepore, straordinaria coach, siamo stati insieme ai quattro bambini a giocare. È stato fondamentale: sapevano tutto, anzi ci sono un paio di monologhi almeno di Italo e Cosimo che i bambini sentivano dentro».
«Nonostante sia ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale questa storia è estremamente attuale – ha commentato Bisio rispondendo ad una domanda – me ne sono accorto già girando il film. Era scoppiata la guerra in ucraina e mi ricordo che mi rimase impressa una foto che avevo visto sui giornali di un bambino con una palla da un lato e il fucile dall’altra sembrava il manifesto del film. Nonostante ci fossero ottant’anni di storia in mezzo sembrava un’immagine di una guerra di oggi».
L’attore e regista spiega anche al pubblico in quale fra i tanti linguaggi sperimentati, teatro, cinema televisione, si trovi più a suo agio: «Sicuramente il teatro. Il mio approccio al cinema è arrivato molto più tardi. A Milano mi sono formato alla scuola del Piccolo Teatro di Strehler. Il palcoscenico è dove c’è il mio cuore».