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Cannavacciuolo: “Finivo la notte gonfio di botte, ma io ho sempre voluto fare questo mestiere”

Di Marco Nepi
Pubblicato il 3 Apr. 2023 alle 09:30

“Finivo la notte gonfio di mazzate, ma io ho sempre voluto fare questo mestiere. Mia mamma voleva protestare. Mio padre, invece, rispondeva così: “Se gliele ha date, significa che se le meritava”. Adesso quello chef lo arresterebbero per maltrattamenti. A me alla fine è servito. Sono state formative, quelle botte”. A raccontarlo al Messaggero è Antonio Cannavacciuolo lo chef 3 stelle Michelin che sulla farina di grilli dice: “Se mi dovessero piacere potrei anche cucinarli. Non escludo mai niente. Sono curioso e almeno una volta assaggio di tutto. L’idea degli insetti ci fa schifo, lo so, ma se finora al posto dei gamberi avessimo mangiato grilli non sarebbe la stessa cosa?”.

Lo chef è alle prese anche con la trasmissione Cucine da Incubo dove arriva e porta pace e ordine senza ricorrere a formule magiche, ma armandosi solo di tanta pazienza e, soprattutto, di tanta empatia. “Non faccio miracoli, non ho la bacchetta magica. Ma ho dalla mia 30 anni di esperienza nella ristorazione italiana”, aggiunge Antonino spiegando la fatica e la passione che mette nel suo lavoro e in questo format difficilissimo e arricchente perché a finirci di mezzo sono decine di famiglie che si giocano tutto pur di sopravvivere.

Cannavacciuolo ha raccontato di star seguendo una sorta di dieta: “Gli anni passano e il peso si comincia a sentire (120 chili per 1 metro e 91, ndr). La mia non è una vera dieta ma un controllo alimentare. Se faccio una degustazione di vini, non faccio il secondo giro. Tutto qui”.

Antonino Cannavacciuolo approfitta dell’occasione non solo per parlare delle cattive abitudini che un ristoratore per niente amante del suo lavoro ripete – “Non puoi entrare a mezzogiorno in cucina se apri mezz’ora dopo. Il servizio è un divertimento, è come suonare la chitarra e la batteria. È la preparazione il problema” -, ma anche per riflettere sul suo passato e sui suoi esordi nella cucina. “Ho avuto la fortuna di avere un padre chef: sono partito dalle stelle, ed è per questo non ho mai avuto la possibilità di lavorare e di vedere da vicino una cucina da incubo. Ho sempre lavorato con dei professionisti”. Su cosa abbia rinunciato per essere dove è adesso, Antonino non ha dubbi: “La mia gioventù. A 20 anni devi fare le cazzate, e io non ho avuto la possibilità di farle. Quello è un rimpianto che mi porto dietro”.

Il rapporto con i figli, però, non è mai stato messo in discussione: “Lavorando anche ai festivi e nei fine settimana ci sono delle rinunce, ma ho avuto una grande donna vicino a me che non ha fatto mancare niente ai figli. Ci siamo sempre ritagliati degli spazi per stare insieme». Infine, un ultimo invito ai giovani: «Faccio il tifo per loro, li guardo e li ammiro. Io a 17 anni non ero così. Non facciamo passare che i ragazzi non vogliano più lavorare, perché non è così. Ci sono ragazzi che a 22 anni hanno la partita in cucina, ma nessuno parla di loro”.

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