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Muore un detenuto, proteste nel carcere di Napoli: “Poggioreale è una polveriera, sta per scoppiare”

Di Lara Tomasetta
Pubblicato il 20 Giu. 2019 alle 18:45 Aggiornato il 21 Giu. 2019 alle 08:37

Muore detenuto Poggioreale Napoli | Mercoledì 19 giugno un uomo di 58 anni è morto nel carcere di Poggioreale a Napoli.

Il detenuto stava scontando una condanna all’ergastolo per omicidio e da tempo veniva curato all’interno dell’istituto per alcune patologie croniche e la morte sarebbe avvenuta per un malore, forse un infarto. L’uomo era collocato nel padiglione Salerno dove domenica scorsa è andata in scena la rivolta dei compagni di reparto, oltre 220 uomini, che ha causato danni ingenti.

La protesta di domenica era nata per la preoccupazione dei detenuti, e dei familiari degli stessi, rispetto alle condizioni di salute di un altro detenuto che, nonostante la febbre alta, non veniva trasferito in ospedale.

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Da anni le condizioni dei detenuti all’interno della struttura sono preoccupanti. Poggioreale è considerato da sempre un edificio fatiscente, in cui il sovraffolamento, le condizioni igieniche precarie e la scarsa assistenza medica la fanno da padrone.

Con l’arrivo del caldo torrido la situazione sta drammaticamente precipitando.

Ricordiamo che Poggioreale è il carcere con il maggior numero di detenuti in Italia e ospita 2.296 persone; rispetto alla capienza di 1.638: un sovraffollamento del 40,2%.

“Chi è malato muore. Lo sciopero è la conseguenza della mala sanità”, lo afferma Pietro Ioia, da anni presidente dell’associazione “Ex Don” che si occupa dei diritti dei detenuti ed ex detenuto di Poggioreale.

“Un detenuto malato a chi deve chiedere aiuto? Non ci siamo a livello sanitario. Poggioreale sta scoppiando, l’ho conosciuto dall’interno e lo conosco da attivista. È un’autentica polveriera”, afferma Ioia.
“Ricevo costantemente lettere dai detenuti e dai familiari, stanno male. Il carcere andrebbe abbattuto, potrebbe diventare un museo, ma è un mostro di cemento e non è più tollerabile che venga utilizzato per questo fine”.
“Nel padiglione Milano c’è la cella dove fu detenuto Cutolo, quella sarebbe un’attrazione museale”, prosegue Ioia.

Nel frattempo, a stare male non sono solo i detenuti, anche per i familiari la situazione è drammatica.

Sono chiamati i “condannati di fuori”, cioè i parenti de detenuti in fila che attendono di entrare in carcere per sostenere il colloquio con il proprio parente detenuto.

Ore di attesa solo per entrare, tutti ammassati all’esterno del carcere. Poi altro tempo perso all’interno, spesso in piedi vista la folla che si reca al penitenziario (anche centinaia di persone). Uomini, donne e bambini vittime di caldo o freddo in base al clima.

Spesso capita anche che i colloqui vengono rinviati, per le troppe persone che aspettano, rispetto al tempo che ci vuole per incontrare il proprio parente. Di conseguenza tutti i sacrifici fatti vengono vanificati.

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