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Il divieto di svapo arricchisce il mercato nero

Di Redazione TPI
Pubblicato il 26 Gen. 2024 alle 18:43

Come dice un vecchio proverbio, “Fatta la legge, trova l’inganno”. E spesso, nelle dinamiche di commercio, purtroppo, l’inganno è il mercato illegale. È il caso del mercato dello svapo che, negli ultimi anni, si è diffuso a macchia d’olio per via dei suoi tanti pregi. Il primo fra tutti è quello di essersi introdotto a gamba tesa fra i migliori strumenti per smettere di fumare. Se non il migliore.

Ma nonostante ciò, alcuni paesi vogliono introdurre il divieto di svapo. Fra questi vi è anche l’Italia.

Svapo o non svapo? Le ragioni del MOHRE

Uno dei motivi che porterebbe a questo divieto riguarda un comunicato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale informava dell’aumento delle percentuali di giovani che iniziavano a svapare. A questa azione, secondo l’OMS, ne consegue l’inizio della dipendenza da nicotina.

Ma la risposta dell’Osservatorio MOHRE, un’organizzazione che si occupa della promozione della salute globale e della riduzione dei rischi, non è tardata ad arrivare. Quello che è stato sottolineato è stato il tipo di comunicazione diffusa dall’OMS, che arrivava con toni allarmistici e troppo rigidi.

Queste le testuali parole di Johann Rossi Mason, direttore del MOHRE: “Siamo sorpresi che un ente come l’Oms esprima opinioni che prescindono dallo stato attuale delle ricerche. Il comunicato dichiara l’intento di voler proteggere bambini, giovanissimi e non fumatori dalla dipendenza da fumo, ma omette i 7 milioni di morti che ogni anno si verificano nel mondo, maturando esclusivamente tra coloro che fumano le normali sigarette”.

In pratica, il MOHRE conferma sì i danni del fumo, ma li circoscrive al fumo di sigarette a combustione, e non in riferimento alle e-cigarette. Secondo quanto riportato da numerosi dati scientifici, infatti, le sigarette elettroniche non si sono imposte come nuovo strumento di accesso al fumo combusto. Piuttosto, si sono rivelate efficaci nell’aiutare i fumatori incalliti ad abbandonare il vizio del fumo a combustione, scegliendo i dispositivi da svapo come strumento alternativo.

La sigaretta elettronica è, dunque, utilizzata come strategia per smettere di fumare, e non come strumento di iniziazione al fumo. Pertanto, quello su cui fa leva il MOHRE non sono i divieti di svapo, quanto piuttosto il lavoro di informazione e comunicazione che si può e si deve fare sulle nuove generazioni.

Una politica concreta da adottare sarebbe quella – sostiene sempre il direttore del MOHRE – di “lavorare sui ragazzi per far capire che non esiste un fumo sano, senza chiudere la possibilità di cessazione totale o parziale ai forti fumatori di lungo corso”. Non è il prodotto introdotto sul mercato che favorisce l’accesso al fumo, quanto la mancanza di politiche di accesso efficaci.

Inoltre, sempre l’OMS dichiarava che “non è stato dimostrato che le sigarette elettroniche come prodotti di consumo siano efficaci per smettere di fumare”. Affermazione smentita da una recente revisione Cochrane che, in seguito a degli studi a campione, è giunta alla conclusione che le sigarette elettroniche con nicotina aumentavano enormemente i tassi di cessazione rispetto alla nicotina dispensata in formato farmacologico.

Alla luce di queste affermazioni, sempre il MOHRE accusa l’OMS di fare riferimento a dati non aggiornati e/o smentiti ad alto livello scientifico. Le evidenze scientifiche sono ormai unanimi nel ritenere le sigarette elettroniche un’opportunità di aiuto per i milioni di fumatori che vorrebbero smettere di fumare, in opposizione a quelle politiche e a quei governi che le additano come “strumento di distrazione di massa” per distrarre la popolazione mondiale dalla mancanza di reale contrasto al vizio del fumo combusto.

No allo svapo: perché il divieto marcia a favore del mercato nero

Nel 2022 la California ha introdotto il divieto di commercializzare sigarette al mentolo e liquidi aromatizzati, ma le conseguenze non sono state piacevoli. Immediatamente, infatti, questi stessi prodotti sono stati venduti dal mercato nero e la popolazione ha continuato ad acquistarli massicciamente.

L’esempio della California, pertanto, dovrebbe servire da monito per tutti gli altri paesi che vorrebbero vietare lo svapo. Ma non sempre ciò accade.

Anche in Italia, infatti, la scorsa estate, alcuni senatori di Fratelli d’Italia hanno presentato in Senato un emendamento che vieterebbe la vendita online dei prodotti per il vaping contenenti nicotina. Ma subito una quindicina di aziende del settore attive sul web, fra cui svapostore.net, hanno presentato la loro opposizione in un comunicato.

Le aziende che vendono dispositivi e prodotti per lo svapo si sono appellate ai rischi che comporterebbe il divieto della vendita online autorizzata dei liquidi per sigaretta elettronica, “un mercato – si riporta testualmente – che ad oggi conta oltre 1 milione di acquirenti e centinaia di posti di lavoro che ora rischiano di azzerarsi”.

In primis si favorirebbe il mercato nero, arricchendone le tasche, poiché subito i liquidi legali verrebbero sostituiti da quelli illegali. Di conseguenza, i consumatori non sarebbero più tutelati e andrebbero incontro ai rischi derivati dall’incremento dei prodotti non certificati, e ai minori verrebbe dato libero accesso a questi prodotti. Non per ultimo, anche le entrate erariali subirebbero un grosso colpo dalla scomparsa dell’offerta autorizzata sul web, così come il mercato del lavoro, che perderebbe molti posti di lavoro.

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