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Una tregua criminale

In Salvador e in Honduras le gang hanno accettato un cessate il fuoco. Ma a rimetterci è la credibilità dei governi.

Di Gian Maria Volpicelli
Pubblicato il 26 Giu. 2013 alle 18:25

E’ passato un mese da quando i leader delle due principali gang dell’Honduras, la MS-13 e il Barrio 18, sono apparsi in video dalle loro celle per chiedere perdono al popolo honduregno e annunciare una tregua alla guerra criminale che insanguina il paese da anni. In cambio, le gang hanno chiesto al governo e alle imprese di creare posti di lavoro e iniziative per favorire il reintegro nella società dei loro affiliati.

Nate fra i giovani immigrati salvadoregni di Los Angeles, le cosiddette “maras” sono oggi potenze criminali in grado di rivaleggiare con i colleghi messicani, per quanto più frammentate e imbevute di una cultura da bassifondi che continua a renderle più federazioni di street gang che mafie vere e proprie. Trafficanti e banditi marchiati con i simboli delle maras imperversano per l’intero continente americano , dall’Alaska all’Argentina – ma è soprattutto nel triangolo dell’America Centrale (l’originario Salvador, il Guatemala e, appunto, l’Honduras) che la guerra criminale per il controllo del territorio ha fatto più vittime. Tutti e tre i paesi figurano ai primi posti al mondo per numero di omicidi.

Cosa ci si può aspettare dalla tregua in Honduras? E’ troppo presto per dirlo, ma può essere utile guardare al caso del Salvador, dove le cellule locali delle maras avevano concordato un armistizio già un anno fa. Molto simili le dinamiche – anche in Salvador, come in Honduras, la Chiesa ha giocato un essenziale ruolo di mediazione – e le richieste al governo: lavoro, programmi di riabilitazione e lo spostamento di alcuni capi in carceri meno dure.

Dopo quattordici mesi, sembra che la tregua sia stata un successo: le maras hanno smesso di spararsi addosso, hanno consegnato le armi, e i morti ammazzati sono la metà rispetto al 2012. C’è però un lato nascosto della faccenda, ed ha a che fare con la fiducia nelle istituzioni. Un governo che conduce trattative pubbliche con due gang malavitose ne esce irrimediabilmente squalificato. Nel migliore dei casi apparirà patologicamente debole, nel peggiore sembrerà colluso con i cattivi. Un sondaggio di “La Prensa Grafica”, infatti, mostra che la maggioranza dei  salvadoregni è contraria alla tregua perché non farebbe che rafforzare le gang. E, seppure pragmaticamente si capiscano le ragioni dei governi, il messaggio che passa è che in America Centrale una pila di cadaveri può essere utilizzata per ricevere benefici politici.

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