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Tra le ceneri di Bawana

Bawana è uno dei tanti slum di New Delhi. Un mese fa oltre 500 famiglie hanno perso tutto, in un terribile incendio.

Di Action Aid
Pubblicato il 31 Mag. 2013 alle 14:38

Per i residenti del G-Block di Bawana, la “census town” a due ore mezzo da Dehli, quel giorno (il 12 aprile) era iniziato come al solito. A tarda mattinata gli uomini, molti dei quali lavoratori giornalieri nelle fabbriche vicine, erano tutti fuori al lavoro. Quelli rimasti, erano invece nella moschea per il namaz (la preghiera del venerdì). Le donne preparavano il pranzo e i bambini erano appena rientrati da scuola. All’una e trenta scoppiò l’incendio. Ad oggi, più di un mese dopo, le cause sono ancora sconosciute. In 10 minuti le fiamme avvolsero tutto, distruggendo le misere abitazioni fatte di paglia secca e plastica e prendendosi la vita di una donna e due bambini.

Un mese dopo, le 566 famiglie del G-Block di Bawana, hanno perso tutto. Un mese dopo non si conosce neppure l’esatto numero delle famiglie le cui case sono state sventrate dal fuoco. Una di quelle vittime, un bimbo di tre anni ancora non ha nome. I residenti sono certi che si tratti del piccolo Manish, il figlio di Rampal, un lavoratore giornaliero. Ma sulla relazione fatta dalla polizia, si parla ancora di “vittima sconosciuta”. Il Governo ha annunciato un risarcimento di centomila rupie (1800 dollari circa) alle famiglie delle vittime, ma non è sicuro che la famiglia di Manish riesca ad essere risarcita. Alle altre famiglie, quelli che hanno perso la casa, il Governo ha promesso cinquemila rupie (circa 90 dollari). Un risarcimento che è appena pari ad un mese di salario, dato che la maggior parte di queste famiglie ha entrate mensili che variano tra le tremila e le cinquemila rupie. Oltre al supporto economico, il governo ha fornito dei ricoveri temporanei, e un bagno chimico: uno per 3500 persone. Una struttura che non solo è stata posizionata lontana da dove le famiglie vivono ma che non è accessibile ad anziani e bambini, dal momento che è troppo alto e non dotato di scalini. Nell’incendio, alcuni hanno perso anche i documenti di identità, necessari per ottenere il risarcimento governativo; quindi passerà del tempo prima che potranno usufruirne.

Dal 2004, da quando cioè la gente di Bawana ha cominciato ad essere allontanata dal centro urbano di New Dehli, per essere spostata qui, le condizioni di miseria sono andate aumentando. Spostati qui come conseguenza del “make up” che il Governo sta attuando per ripulire le città[1][1]. Ecco l’ultima moda dell’India: laddove una città cresce, con i suoi centri commerciali griffati, le strade sfavillanti, pronte ad essere invase nei finesettimana dalla voracità consumista della classe media, è necessario far scomparire immediatamente le baraccopoli. Non importa se sono proprio i residenti di quelle baraccopoli ad aver costruito i centri commerciali e le strade. Così è nata Bawana. Sessanta chilometri o più dalla città. Lontana sia dagli occhi dei diplomatici stranieri che dalla classe media urbana, maniaca dello shopping.

Quando queste famiglie vennero a Bawana, non c’era nulla: solo campi di mais e grano. Il terreno fu dato ai residenti in affitto, inizialmente per cinque anni (un affitto che tra l’altro è scaduto nel 2011). Mentre le città si espandono nelle periferie con i loro tentacoli di cemento, quelli che vivono ai margini, vengono spinti sempre più lontano. Questa è la regola: ogni tanto le baraccopoli, gli slum vengono rimossi e spostati un po’ più in là. In una miseria quotidiana che è al di là di ogni immaginazione. Quello che va fatto è mettere fine a questa storia della “crescita inclusiva” che viene promossa ovunque, e rifiutare con decisione questo disco cacofonico che sostiene l’occupazione delle terre dei villaggi rurali e delle fattorie. E’ proprio questa occupazione, questa presa dei villaggi che spinge la gente verso le città, verso l’urbanizzazione. Prima vengono presi i villaggi e le terre agricole, poi quando i derelitti vengono a bussarci alla porta, li spingiamo ancora più in là. Dobbiamo fermarci un attimo a pensare. A quale scopo avviene tutto questo?

Questo post è tratto dal blog di Abhilash Babu, consultant communications (digital media) di ActionAid India. Le foto sono di Florian-Celina Lang.

[1][1] ndR: make up che ha avuto il suo apice prima dei Giochi del Commonwealth del 2008.

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