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Le proteste dei giovani disoccupati in Tunisia

Il governo tunisino ha dichiarato il coprifuoco a livello nazionale per placare le proteste di piazza. Ci sono stati violenti scontri e un morto

Di TPI
Pubblicato il 22 Gen. 2016 alle 16:32 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 17:07

Venerdì 22 gennaio 2016 il ministero degli Interni tunisino ha annunciato il coprifuoco a livello nazionale, come misura cautelativa dopo quattro giorni di proteste che hanno interessato diverse città della Tunisia. 

Le proteste sono iniziate martedì 19 gennaio 2016. La polizia tunisina è intervenuta sparando lacrimogeni per disperdere centinaia di manifestanti scesi per le strade di numerose città della Tunisia. Le manifestazioni di piazza sono scoppiate pochi giorni dopo la notizia del suicidio di un giovane disoccupato.

Il focolaio delle proteste si è registrato nella città nord occidentale di Kasserine, dove il ragazzo risiedeva con la famiglia.

Secondo quanto riferiscono i residenti, il giovane si è tolto la vita per la mancanza di opportunità di lavoro, dopo che le autorità hanno rifiutato la sua domanda per un posto di lavoro nel settore pubblico. Le autorità per il momento non hanno rilasciato commenti. 

Le proteste sono poi dilagate nella notte tra martedì e mercoledì nelle città di Tahla, Feriana, Meknasi, secondo quanto ha riferito l’agenzia di stampa statale Tap. 

Nella giornata di martedì, centinaia di manifestanti per lo più disoccupati si sono riuniti davanti alla sede del governatorato di Kasserine.

Alcuni di loro hanno minacciato di suicidarsi, mentre le forze di sicurezza hanno reagito disperdendo la folla con il lancio di lacrimogeni, secondo quanto riferito da numerosi testimoni.

Secondo le ricostruzioni, le forze di sicurezza hanno inseguito i manifestanti per le strade della città di Kasserine e hanno sparato lacrimogeni per disperdere la folla.

(Qui sotto le proteste e gli scontri tra manifestanti e polizia in Tunisia mercoledì 20 gennaio 2016)


Durante le proteste i manifestanti hanno scandito lo slogan “lavoro, libertà, dignità”, secondo quanto ha riferito un residente della zona.

Nella città di Meknasi, gruppi di giovani sono scesi in strada e hanno dato alle fiamme pneumatici in segno di solidarietà con i manifestanti di Kasserine, mentre nella città di Feriana un poliziotto è stato ucciso dopo essere stato attaccato dai manifestanti. Lo ha riferito un portavoce del ministero dell’Interno. 

Altre proteste si sono poi registrate nelle città e nelle piazze di Seliana, Sbiba, El Fahs, Kairouan e Sousse, e nella capitale Tunisi, dove diverse centinaia di persone hanno marciato sul viale centrale della città, Habib Bourguiba. 

Disoccupazione e malcontento

I disordini del 2011 in Tunisia hanno scatenato le rivoluzioni che poi hanno trasformato il mondo arabo. Ma, se paesi come la Libia e la Siria sono stati lacerati dalla violenza e dalla guerra civile, la Tunisia ha evitato la spirale di violenza e sangue, rimanendo relativamente stabile.

La caduta dell’ex presidente Ben Alì non ha tuttavia migliorato la condizione economica del paese: la disoccupazione, l’aumento dei prezzi e la conseguente emarginazione verso le zone rurali del paese hanno contribuito ad alimentare focolai di rivolta. 

Nella città di Kasserine si è registrato un tasso di disoccupazione del 30 per cento.

La disoccupazione nel paese africano si è attestata intorno al 15,3 per cento entro la fine del 2015, rispetto al 12 per cento del 2010.

Una delle ragioni della crescita economica debole registrata in Tunisia è dovuta soprattutto a un calo degli investimenti nel settore pubblico e privato. Molte aziende locali e straniere hanno deciso di uscire dal paese dopo la rivoluzione del 2011. A incentivare la crescente disoccupazione anche l’elevato numero di giovani laureati, che costituiscono un terzo dei senza lavoro. 

L’Unione generale tunisina del lavoro (Ugtt) – il principale sindacato dei lavoratori – aveva cercato di scongiurare scioperi e proteste chiedendo al governo di aumentare i salari per 1,5 milioni di dipendenti del settore privato.

L’Ugtt ha minacciato uno sciopero generale nel caso in cui la Camera di commercio e dell’industria tunisina boccino la richiesta di un aumento dei salari. 

Al fine di calmare le proteste, il governo del presidente Beji Caid Essebsi ha annunciato mercoledì 20 gennaio 2016 che avrebbe cercato di assumere più di 6000 giovani disoccupati della città di Kasserine, al fine di coinvolgerli in alcuni progetti di sviluppo.

“Non abbiamo una bacchetta magica per risolvere la situazione a Kasserine, ma stiamo lavorando per degli investimenti pubblici che prenderanno piede presto”, ha dichiarato un portavoce del governo tunisino.

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