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Parla Hamdeen Sabahi

La lunga marcia dell’anti-Sisi.

Di Azzurra Meringolo
Pubblicato il 28 Mag. 2014 alle 15:35

“L’Egitto dovrebbe tornare sulla scacchiera internazionale per giocare un ruolo attivo nelle dinamiche regionali. Finché è un satellite di altre potenze che hanno a cuore i loro interessi nazionali, tutto ciò non accadrà”. Ne è convinto Hamdeen Sabahi, storico leader dell’opposizione di sinistra, candidato alle prossime elezioni presidenziali in Egitto, che propugna una politica estera più autonoma, non asservita a interessi stranieri. Poco importa se nella stanza dove ci riceve ha appena incontrato alcuni funzionari diplomatici occidentali. Storico nasseriano che ha iniziato a fare politica nei corridori dell’università egiziane degli anni ’70, Hamdeen – come lo chiamano i suoi – è conosciuto per le sue posizioni coraggiose. Nel ’77 denunciò in diretta televisiva la corruzione del governo del presidente Anwar Sadat e la sua politica della porta aperta agli Usa e a Israele.

 

L’uomo che sfidera alla presidenza Abdel Fattahel Sisi – l’ex capo delle Forze Armate – è stato il più giovane prigioniero politico caduto nella morsa repressiva di Sadat. Il 95% degli egiziani all’estero ha già votato per Sisi.

Perché ha deciso di sfidarlo, pur sapendo che l’ex generale otterrà una vittoria plebiscitaria?

La mia performance elettorale non è già scritta dal destino. Dipende dalla reazione della società egiziana. Io rappresento i settori più poveri e i più giovani. Sulla carta, la maggioranza del paese. Tutta la mia carriera politica è stata dedicata a loro e il mio futuro, come quello del paese, dipende soprattutto dai giovani. È su di loro che sto puntando le mie energie, per creare una classe politica in grado di sfidare i nostri avversari. Le presidenziali sono la prima sfida di questa nuova epoca, ma non sono né l’unica, né l’ultima. Alcuni di questi suoi giovani elettori boicotteranno le urne.

Come risponde a chi l’accusa di legittimare, con la sua candidatura, il ritorno al potere dei militari?

Il boicottaggio è uno strumento politico che appartiene al passato, quando non vi erano i requisiti per una vera competizione politica. Ora il clima politico permette sfide reali. Partecipare alle elezioni è parte di una strategia politica che mette al centro l’inclusione della popolazione nelle dinamiche decisionali da cui è stata esclusa per troppo tempo. Nel corso della campagna elettorale, molte persone che avevano inizialmente dichiarato di aderire al boicottaggio sono tornate sui loro passi: hanno capito che mi sto assumendo le responsabilità di partecipare alle complesse dinamiche politiche. Sono pronto, nel caso, a fare un’opposizione responsabile. Non sto legittimando il ritorno dei militari al potere. Sto legittimando il diritto degli egiziani di partecipare alla vita politica del loro paese e di farlo in manierademocratica per realizzare gli obiettivi della rivoluzione del 25 gennaio 2011.

Questa intervista, termina su Affarinternazionali, dove è stata pubblicata. Su ResetDoc, anche in inglese.

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