Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » Senza categoria

Maoisti del Nepal, soli al mondo

Storie di ex guerriglieri, persi fra protesta e business

Di Enrico Crespi
Pubblicato il 19 Mar. 2013 alle 19:27

Disoccupato parlamentare maoista della disciolta Assemblea Costituente ed ex-guerrigliero di Kavre, Pun è ingrassato. Ricordiamo, con un sorriso, le tante liti fatte insieme sulle colline, il rifiuto alla loro richiesta di donazioni dai progetti e la facile previsione che sarebbero usciti dalla giungla e finiti a fare ministri, burocrati, parlamentari. E’ appena tornato da un giro di propaganda (contrasto ai maoisti duri di Baidya) nelle roccaforti rosse di Rukum e Rolpa. Anche lì, seppur fuori dal mondo, si pensa al business. Solo uno dei vecchi comandanti della guerriglia (Paphindra Acharia) ha scelto di proseguire il suo impegno politico nell’esercito nepalese.

1500 ex guerriglieri hanno fatto gli esami per entrare nelle forze armate regolari e di questi solo 18 come ufficiali. Tutti gli altri (15.000) hanno preso euro 600 del voluntary retirement e hanno aperto attività economiche varie. Un ex comandante ha creato una cooperativa per la produzione e vendita d’ortaggi a Kathmandu, ma la maggior parte sono tornati nei villaggi ad aprire tea shops, mulini, hotels. Nel complesso sono finiti nell’economia nepalese oltre USD 42 milioni che hanno generato migliaia di micro-imprese. Un evento positivo anche se il tasso di mortalità delle aziende nepalesi è altissimo e la crisi economica non aiuta. Si spera nei cinesi, i nuovi turisti, commercianti e investitori.

Chi è rimasto fuori dal reintegro, oggi è andato con i maoisti secessionisti del CPN-Maoist (Partito Comunista del Nepal-maoista) di Mohan Baidya a tirare pietre al palazzo di vetro del più grosso operatore di telefonia privata (Ncell) accusato di avere licenziato 87 sindacalisti. Lo scorso luglio, dopo una lite per la divisione del patrimonio, avvenne la scissione con la formazione del secondo partito maoista. Baidya ha lasciato a casa la U (Unified) del partito originario. Non si vuole presentare alle elezioni e proclama, se il popolo lo vorrà, la lotta armata. Si oppone fermamente al nuovo governo diel giudice Khil Raj Regmi che, appoggiato dai quattro maggiori partiti (UML –ex comunisti moderati-, Congresso e UCPN-maoisti) dovrebbe portare alle elezioni per la nuova Assemblea Costituente. La vecchia s’è sciolta, dopo 4 anni di lavori senza concludere niente, la scorsa estate.

Malgrado i maoisti di Baidya, l’integrazione degli ex-guerriglieri è riuscita grazie al lavoro dei nepalesi dell’Army Integration Special Committee (AISC). In pochi mesi hanno risolto problemi che l’UNMIN(United Mission in Nepal) non è stata in grado di fare in 5 anni con soldi, esperti strapagati e personale dieci volte superiori.

Anche qui, fra gli ex guerriglieri riciclati nel mercato, ci sono tante storie come quella di Sanu, entrato nell’esercito popolare nel 2000 quando aveva più o meno 15 anni. Oggi ne ha 26 è sposato con una compagna di lotta e ha una piccola bambina di tre anni. Insegnanti e studenti dei villaggi furono la componente più numerosa dell’Esercito Popolare di Liberazione. Frustrati e incazzati per i bassi salari, la scarsa considerazione sociale, la mancanza di prospettive (se non la migrazione). Negli anni in cui Sanu entrò nel PLA, altre migliaia di ragazzini lo seguirono; e nel 2001 iniziò l’escalation del conflitto (e delle vittime contate in 11.000) con il primo attacco dei maoisti all’esercito regolare e successive rappresaglie. Sanu Magar (Sanu significa piccolo ed il soprannome dato al figlio minore in tutto il Nepal) ha fatto tutto il percorso: ha sparato a qualche poliziotto, minacciato un bel po’ di contadini per avere donazioni e cibo, fatto discorsi infuocati.

Poi, convinto dalla moglie, più pratica,  si è preso le 600.000 rupie (euro circa 600, un po’ più del reddito pro-capite annuo nepalese) del voluntary retirement con l’idea di iniziare un business,  sperando di diventare ricchi aprendo un hotel (essenziale) vicino al loro villaggio. Addio all’idea di servire il popolo. I loro leader, si racconta a Kathmandu, hanno già da tempo iniziato questo percorso con successo spedendo i figli a studiare all’estero, piazzandosi in posti ben remunerati, costruendosi belle case.

Leggi l'articolo originale su TPI.it
Mostra tutto
Exit mobile version