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La squadra del sindaco

Hanno pochi tifosi e si fanno chiamare i Gufi grigi. Ecco la storia di un club turco che mischia calcio e politica, risultati sportivi e propaganda

Di Cristoforo Spinella
Pubblicato il 28 Nov. 2012 alle 10:54 Aggiornato il 27 Nov. 2018 alle 10:26

La squadra del sindaco

Il giorno della promozione in serie B, nel 1996, il suo presidente era l’allora sindaco di Istanbul e attuale premier turco Recep Tayyip Erdoğan. Da quel momento, hanno capito che il conflitto di interessi stava diventando troppo grande. E così l’Istanbul Büyükşehir Belediye Spor Kulübü (Istanbul BB), la squadra di proprietà del Comune del Bosforo, ha deciso che a guidarla non sarebbe più stato il primo cittadino. Un’anomalia in meno che però non riduce l’eccezionalità di un club che mischia calcio e politica, risultati sportivi e propaganda.

Nella serie A turca gioca alla pari con i colossi del campionato – e della città – Galatasaray, Fenerbahçe e Beşiktaş, e sta diventando un modello da studiare. Perché sono tante le specialità di questo club nato dal nulla una ventina d’anni fa e ancora oggi quasi senza tifosi. E non è un’iperbole. L’unico gruppo organizzato non conta più di 2.500 persone con un profilo non proprio da ultras: studenti universitari, professionisti e molte ragazze che la domenica si ritrovano, sempre in inferiorità numerica rispetto ai sostenitori avversari, allo Stadio Olimpico Atatürk, che con i suoi quasi 80 mila posti (è il più grande della Turchia) li fa sembrare ancora meno. Ma loro non se ne preoccupano. Anzi: per marcare la differenza hanno scelto di chiamarsi ‘Gufi grigi’, sorridendo dei simboli tradizionali come aquile e leoni e scimmiottando persino i famigerati ‘Lupi grigi’, gruppo della destra nazionalista turca responsabile tra l’altro dell’attentato a Giovanni Paolo II nel 1981. E non sono da meno i loro slogan, come “L’arbitro è una brava persona” o “Per noi tutte le partite sono in trasferta”.

Un’idea diversa di calcio? Forse. Di certo, c’è molta politica in questa curiosa vicenda che si nutre di una passione sportiva. Nelle strade di Istanbul, però, il club è visto con distacco più che con rivalità. Di fronte a colossi con milioni di tifosi, per quasi tutti resta ‘la squadra dei politici musulmani’, quella dell’Akp che governa ininterrottamente la città dal 2004 e la Turchia dal 2002. E non c’è dubbio che in questo esperimento di successo sportivo la politica abbia un suo peso. Sin dalla fondazione nel 1990, sul legame tra squadra e amministrazione comunale c’era poco da scoprire: il presidente era il sindaco e il Comune ci metteva i soldi. Poi sono arrivate le categorie superiori e le polemiche, e le cose sono cambiate: un cambio statutario ha vietato che il massimo dirigente fosse anche il primo cittadino. Un’autonomia che lo storico direttore sportivo e artefice del ‘miracolo Istanbul BB’ Kamil Dizar giura non essere soltanto formale: “Il Comune non interviene mai negli affari del club. In sei anni, il sindaco è venuto allo stadio una sola volta, ma ovviamente è orgoglioso dei nostri successi”. Che di certo non fanno male alla sua immagine: “Naturalmente c’è un effetto politico. Abbiamo lo stesso nome e lo stesso simbolo. Come potrebbe essere altrimenti?”.

I limiti però non mancano. Assicura Dizar che adesso il Comune non spende una lira (turca) per la squadra, che con una politica dei giovani e una programmazione di lungo periodo riesce a tenere i conti in ordine: “Il nostro budget annuale si aggira intorno ai 30 milioni di euro, ma per le spese correnti, come stipendi e infrastrutture, ci manteniamo sui 24-25”. Un equilibrio ottenuto anche grazie a contratti che per il 40 per cento dipendono dai risultati e un tetto salariale di 800 mila euro per la ‘stella’ camerunense Webó, arrivato nell’estate 2011. Senza trascurare la brillante gestione tecnica: proprio un anno fa l’allenatore dell’Istanbul BB Abdullah Avcı è stato scelto come nuovo ct della Turchia.

Così questa anomalia, che nel 2011 ha perso la finale della coppa nazionale solo ai rigori e che è arrivata sesta in campionato, sta mettendo in discussione le gerarchie di un calcio molto simile al nostro (almeno nei difetti). Dalla Calciopoli che dall’estate 2011 l’ha sconvolto toccando anche gli allora campioni in carica del Fenerbahçe – il suo presidente Aziz Yıldırım ha passato quasi un anno in prigione – alla violenza negli stadi, i punti dolenti sono molti. L’Istanbul BB, invece, giura di giocare pulito: “Non abbiamo mai avuto problemi di ultras né di combine. E vedrete: tra cinque anni vinceremo lo scudetto”.

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