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La rivincita dei Mau Mau

Il Governo britannico risarcirà le vittime delle torture inflitte durante le rivolte che portarono il Kenya all'indipendenza

Di Ernesto Clausi
Pubblicato il 6 Giu. 2013 alle 17:25

Sulla collina di Kyumbi, alle porte di Nairobi, ci sono due tombe.

Il missionario italiano che ritrovò gli scheletri un paio di anni fa, durante i lavori di costruzione di un santuario, ha dato loro i nomi Mercy e Tumaini (che significa speranza in Kiswahili).

Sono due Mau Mau, uccisi dall’esercito britannico negli anni cinquanta. La repressione contro la rivolta anticolonialista era in pieno svolgimento. Queste tombe dimenticate rappresentano una sorta di monumento al milite ignoto. Figure anonime, che hanno sacrificato la propria vita per l’indipendenza del Kenya. Oggi la loro morte acquista un senso ancora più profondo.

Il governo britannico ha espresso “sincero rammarico” e ha annunciato che risarcirà le migliaia di persone imprigionate e torturate durante la rivolta .

William Hague, Segretario di Stato per gli Affari Esteri e del Commonwealth, ha dichiarato che Londra elargirà circa tremilacinquecento euro ad ognuno degli oltre cinquemila sopravvissuti ai campi di prigionia, per un totale di oltre ventitrè milioni di euro (qui il video). Un’azione legale contro il governo britannico era stata originariamente intrapresa nel duemilanove dallo studio legale londinese Leigh Day & Co. A essere rappresentati Paulo Muoka Nzili, Wambuga Wa Nyingi and Jane Muthoni Mara, tre sopravvissuti alla feroce repressione. Castrato il primo, barbaramente picchiato il secondo e vittima di violenza sessuale la terza. Un quarto assistito è morto lo scorso anno.

I Mau Mau sono un movimento politico formatosi tra le popolazioni dell’altopiano centrale ( le tribù Kikuyu, Embu e Meru) che nel millenovecentocinquantadue intraprese una violenta campagna di ribellione contro l’impero britannico e i coloni. Una rivolta contrastata con una sanguinosa repressione e migliaia di detenuti. I ribelli furono confinati in campi di prigionia e lì furono sottoposti a torture, castrazioni, violenze sessuali e impiccagioni. Il numero di persone morte durante la repressione è incerto. I numeri ufficiali parlano di undicimila ribelli e trentadue coloni uccisi. Ma si ritiene che le vittime di questo conflitto siano state molto di più. La Kenya Human Rights Commission sostiene che novantamila kenyoti furono uccisi, torturati o mutilati, e circa centosessantamila detenuti in condizioni disumane.

Anche i Mau Mau si macchiarono di crimini atroci, attaccando obiettivi e coloni britannici. Dopo un conflitto durato otto anni, durante i quali nel Paese fu dichiarato e mantenuto lo stato d’emergenza, nel millenovecentosessanta i Mau Mau furono militarmente sconfitti.

Ma la strada delle riforme era ormai spianata. E tre anni più tardi il Kenya avrebbe conseguito l’indipendenza.

Il movimento invece, braccio armato del partito Kenya African Union di Jomo Kenyatta (primo presidente del Kenya e padre dell’attuale capo di Stato), fu presto bandito e disconosciuto dai leaders politici, nonostante molti di loro avessero legami con esso. Un passato con troppi lati oscuri, da dimenticare in fretta.

Soltanto dieci anni fa, con l’elezione del presidente Kibaki, ai Mau Mau fu riconosciuto il ruolo di eroi che sacrificarono le proprie vite per la liberazione del Paese dalla dominazione coloniale. Uno studio condotto dallo psichiatra Lukoye Atwoli ha dimostrato come ancora oggi molti dei sopravvissuti, sottoposti a torture, siano vittime del “post traumatic stress disorder”, disturbo psichiatrico frequente, ad esempio, tra i militari statunitensi reduci da missioni all’estero.

Londra finanzierà anche la costruzione di un monumento commemorativo a Nairobi. Pochi giorni fa il Kenya ha celebrato il cinquantesimo anniversario della nascita dello Stato, e questa operazione sembra essere il giusto tributo. La mossa del governo britannico si colloca sulla scia del rafforzamento delle relazioni con il Kenya. Ciò nonostante l’attuale presidente Uhuru Kenyatta, di recente in visita a Londra, sia sotto processo presso la Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. Questo risarcimento costituisce inoltre un precedente storico notevole, che potrebbe aprire la strada ad azioni simili nei confronti di Stati con un passato coloniale.

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