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La giustizia che non c’è in Colombia

Tre ex ufficiali dell'intelligence colombiana sono stati accusati di tortura psicologica verso la giornalista Claudia Duque

Di Lorena Cotza
Pubblicato il 11 Lug. 2015 alle 18:42

Tre ex-ufficiali ai vertici dell’agenzia d’intelligence colombiana Das sono stati accusati di tortura psicologica nei confronti della giornalista Claudia Duque.

Il processo, tuttavia, rischia di essere annullato. Un’udienza, prevista per lo scorso 24 giugno, è stata posticipata perché i tre imputati – tra cui l’ex vice-direttore della Das José Miguel Narváez – non si sono presentati. Due degli imputati, di cui si sono perse le tracce, sono ora ricercati dalla polizia colombiana, mentre non sono ancora chiari i motivi per cui Narváez non si sia recato all’udienza.

Secondo l’ong Reporters Without Borders, che si batte per la libertà di stampa nel mondo, si tratta dell’ennesimo caso in cui si cerca di ostacolare il corso della giustizia in Colombia. Claudia Duque è una giornalista investigativa. Attualmente lavora per Radio Nikzor, un’emittente radiofonica colombiana che si occupa di diritti umani.

Nei suoi 23 anni di carriera giornalistica, ha scritto su casi di reclutamento minorile forzato da parte di gruppi armati legali e illegali, uccisioni e sequestri extra-giudiziali, abusi di diritti umani e corruzione.La giornalista è una vera e propria spina nel fianco per il governo colombiano: nelle sue inchieste ha rivelato le infiltrazioni di gruppi di destra paramilitari all’interno delle istituzioni del Paese.

Nell’ottobre del 2009, Duque scoprì che le guardie del corpo che le erano state assegnate, per difenderla dalle minacce di morte ricevute a causa del suo lavoro, erano in realtà spie al soldo dei servizi segreti colombiani.

Alcuni report interni dell’agenzia hanno confermato che le sue guardie del corpo comunicavano ai loro superiori le attività della giornalista, riferendo tra le altre cose anche accuse infondate nei suoi confronti. Da allora, la giornalista ha iniziato a investigare i giri di corruzione e le attività al limite della legalità all’interno della Das.

Le ripetute minacce di morte a Duque e ai suoi familiari iniziarono nel 2001, in seguito alla sua inchiesta che portò alla luce il coinvolgimento dei servizi segreti colombiani nel’uccisione del giornalista Jaime Garzón, avvenuta a Bogotá nel 1999.

La giornalista ha accusato gli agenti della Das di averla sequestrata nel 2001 e di essere stata perseguitata da allora. Per tre volte è stata costretta ad autoesiliarsi per salvarsi e per proteggere la sua famiglia.In una delle minacce telefoniche ricevute, un uomo disse a Duque: “Tua figlia soffrirà, la bruceremo viva, taglieremo le sue dita e le spargeremo tutte intorno alla casa”.

Dal 2001 al 2004 Duque presentò diverse denunce, ma solo nel 2011 è stata aperta un’inchiesta. Il caso Duque inoltre è stato macchiato da irregolarità sin dall’inizio. Nel giugno 2014, Radio Nizkor ha rivelato che alcuni documenti cruciali per l’inchiesta erano stati fatti scomparire.Non è la prima volta che la Das viene accusata di violazioni alla libertà di espressione, corruzione e altri abusi.

Nel febbraio del 2015, l’ex capo della Das Maria del Pilar Hurtado è stata incarcerata a Bogotá, a causa della sua implicazione in uno scandalo di intercettazioni illegali e minacce nei confronti degli oppositori dell’ex presidente colombiano Alvaro Uribe, al potere dal 2002 al 2010.

“Siamo molto preoccupati per la sicurezza di Duque, che l’anno scorso è stata nominata tra i nostri 100 eroi dell’informazione”, ha detto Virginie Dangles di Reporters Without Borders. “Condanniamo i tentativi di ostruzione giudiziaria nell’investigazione sul suo sequestro e sulle minacce ricevute dal 2001.

È inaccettabile che il sistema di giustizia colombiano non sia capace di punire i responsabile di queste minacce. Purtroppo conferma l’impunità di cui godono coloro che commettono crimini contro i giornalisti in Colombia”. Nell’indice sulla libertà di stampa redatto dall’Ong Reporters Without Borders, la Colombia è al 128esimo posto su 180 Paesi.

Nel giugno del 2015, l’ufficio colombiano dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha espresso solidarietà con la giornalista e ha chiesto alle autorità colombiane di fare in modo che il processo si svolga nel modo più trasparente possibile e senza interruzioni.

Per il suo coraggio, Claudia Duque ha ricevuto numerosi premi internazionali, tra cui il Journalistic Courage Award dell’organizzazione statunitense International Women’s Foundation. Nel 2010 è stata nominata membro onorario dell’Unione nazionale dei giornalisti britannici.

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