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Il Presidente si sceglie sul Web

Mai prima d'ora la scelta per il Quirinale era stata così social

Di Gian Maria Volpicelli
Pubblicato il 19 Apr. 2013 alle 12:30

Questi giorni stanno forse mostrando il peggio della politica italiana: un miscuglio di limacciosi accordi di palazzo, veti imposti just because, amplessi fra segretari avversari (che ormai iniziano ad assomigliarsi anche fisicamente) e buontemponi che propongono Rocco Siffredi alla prima carica dello stato. Ripensandoci, stanno solo mostrando la politica italiana come essa è, solo che tutto in una volta e a orario continuato.

Il PD, partito di maggioranza relativa, pur di non darla vinta ai grillini, che avevano lasciato intravedere una possibilità di accordo in caso di elezione di Stefano Rodotà (scelto online dai militanti a cinque stelle), era sceso a patti con il centrodestra berlusconiano per convergere su Franco Marini. Alla prova delle urne, però, Marini è crollato sotto i colpi del fuoco amico: moltissimi parlamentari del PD hanno preferito votare Rodotà o astenersi. Stamattina il PD ha cambiato linea proponendo al Colle Romano Prodi, ex premier ed ex nemesi di Berlusconi.

E’ questo il punto. Nonostante tutte le scuse accampate dai democratici che non hanno appoggiato Marini (è “la casta”, è un rappresentante della vecchia politica, è sordo…) , il problema non era lui in quanto tale, ma il suo essere candidato di compromesso con Berlusconi. Mandarlo al Quirinale, quindi, sarebbe equivalso a chiudere il ventennio appena trascorso con un giudizio tutto sommato conciliante sull’esperienza berlusconiana – giudizio che forse avrebbe preluso a un governo del “volemose bene” con il centrodestra. Al contrario, Prodi, arcinemico del Cavaliere, rappresenterebbe una condanna senza appello per il PDL e il suo fondatore. In altre parole, questa elezione deciderà se la guerra civile non dichiarata fra berlusconiani e antiberlusconiani si concluderà con una stretta di mano o con un’ulteriore sfida.

E’ indubbio che la maggioranza degli elettori del centrosinistra (e probabilmente una bella porzione dei supporter pentastellati), voglia negare a Berlusconi ogni legittimità e ogni ruolo nel futuro politico del Paese. Lo capirebbe un bambino di quattro anni. Non sembravano averlo capito, all’inizio, gli ottimati del PD, tutti intenti a cercare candidature condivise a destra, e a schiaffeggiare la mano leggermente tesa di Grillo. La novità è che alla fine hanno dovuto capirlo per forza – e proporre Prodi – e non tanto per le manifestazioni di piazza o le tessere bruciate dai militanti, quanto perché la base democratica ha scatenato letteralmente l’inferno sul Web. Nel fuoco di fila di condivisioni frenetiche di articoli di Scanzi e Travaglio, status adirati, post sdegnati sulle pagine dei parlamentari, tweet al vetriolo e foto di gattini con cartelli pro-Rodotà, il PD si è accorto che quel tanto sbeffeggiato “popolo della Rete” forse potrebbe esistere. E che ignorarlo è un rischio. Non è un caso che gli apostati democratici che hanno scaricato Marini (Puppato, Giachetti, Moretti) siano fra i parlamentari più giovani o comunque più familiari con internet.

Si arriva così, fra Quirinarie a cinque stelle e tumulti democratici virtuali, a un presidente praticamente scelto in rete, quantomeno per negazione. Il che, alla fin della fiera, spinge a porsi un dilemma antico: bisognerebbe introdurre l’elezione diretta del Presidente della Repubblica?

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