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Il paradiso violato

Cementificazione e deforestazione sono le cause della tragedia nell'Uttarakhand

Di Action Aid
Pubblicato il 4 Lug. 2013 alle 15:09

Ho parlato con TK Ramesh, un collega di ActionAid India, sopravvissuto alle devastanti inondazioni che hanno colpito Uttarakhand lo scorso 15 giugno. Ecco un estratto del nostro dialogo.

Susan: Remesh, raccontami cosa hai visto

Ramesh: ciò che ho vissuto fra il 16 e il 21 giugno 2013 è la manifestazione, da manuale, del disastro causato dalla guerra dell’uomo a madre natura; è il risultato del continuo sfruttamento di risorse naturali per scopi commerciali e soprattutto della collusione del governo e della sua incapacità di proteggere persone e ambiente. Uttarakhand è stata colpita da forti nubifragi fra il 15 e il 17 giugno 2013. Il 16, quando sono atterrato a Dehra Dun, sembrava di essere su un’isola: l’intera città era sommersa. Benché il giorno seguente la situazione fosse immutata, non sono state trasmesse previsioni del tempo straordinarie, tantomeno messaggi di allerta da parte delle autorità.

Susan: qual è stata la risposta iniziale delle autorità competenti?

Ramesh: nonostante le continue chiamate, nessuno era in grado di dare notizie sull’evolversi della situazione. Così, la gente ha intrapreso un difficilissimo viaggio mettendo da parte i rischi e i pericoli a cui andavano incontro. I veicoli si dirigevano verso Tehri – Garhwal Rudra Prayag, Uttarkashi per far fronte al disastro, senza alcuna idea di quale fosse la situazione più avanti. Per l’intera durata del viaggio non abbiamo ricevuto nessun messaggio o avvertimento di sorta : delle autorità, non c’era traccia (neppure della polizia postale). Fra le vittime, anche gli invitati ad un matrimonio che viaggiavano su due bus e tre veicoli. L’immobilismo delle autorità ci ha spinti nel cuore del disastro. Un avviso precauzionale sarebbe stato di grande aiuto e ci avrebbe salvati da quella difficile situazione. Le autorità, invece, hanno fallito.

Susan: qual è secondo gli abitanti locali, la causa di questa inondazione?

Ramesh: è una devastazione provocata dall’uomo. E’ infatti evidente che il disastro sia stato più intenso in prossimità delle dighe e delle aree interessate dalle loro attività. Il principale “colpevole” è da individuare nella diga di Tehri che ha sommerso 300 villaggi, raso al suolo intere foreste e fatto sparire buona parte della catena sub-hymaliana. Oltre a questo degrado, il gigante tunnel della diga di Tehri (lungo circa 20-25 chilometri) ha scosso l’intera catena sub-hymalaiana causando copiose frane divenute la causa di tutti i mali di Uttarakhand. Foreste, montagne e terre comuni sparite e destinate a sparire sono alla radice dei nubifragi che hanno spazzato via famiglie e intere generazioni. I cittadini piangono mentre industriali e burocrati di turno sorridono. Le persone comuni stanno pagando con la loro vita i profitti di avidi progetti privati. Anche il sostegno del governo alla costruzione di dighe, all’attività estrattiva e alla deforestazione è inarrestabile.

Susan: puoi raccontarci come sei sopravvissuto?

Ramesh: messi alla prova dalla situazione e lasciati esclusivamente alle nostre forze fisiche e mentali, abbiamo iniziato a camminare per miglia e miglia incontrando lungo il cammino villaggi colpiti e appezzamenti di terre coltivate completamente spazzati via dalla potenza delle acque e del fango. Abbiamo scostato massi dalla strada, attraversato infinite correnti d’acqua, camminato su strade fangose dove ad ogni passo si rischiava di affondare. Nonostante le chiamate alle autorità di ogni livello, nessun aiuto era previsto, neanche una ruspa per rimuovere massi e fango. A Ghansali Abbiamo incontrato persone che gridavano slogan davanti all’Ufficio del Governo: ad ascoltarli non c’era nessuno. Gli abitanti dei villaggi lungo la strada ci sono stati invece di grande aiuto, compagni di strada che ci hanno fornito riparo e cibo. Guidati da noi stessi, attraverso storie di morte e disastri di cui venivamo a conoscenza per sentito dire, siamo giunti a destinazione (il villaggio di Doni nel distretto di Bhilangana) nella notte del 17 giugno camminando 36 ore per un percorso, che normalmente, richiede 7 ore di viaggio. Grazie alle autorità per la loro indifferenza e insensibilità.

Susan: cosa ci puoi dire a proposito dei cittadini locali?

Ramesh: sotto crescente pressione degli altri stati, il governo centrale e quello di Uttarakhand hanno utilizzato l’intera macchina dei soccorsi per le operazioni di recupero dei turisti nella zona di Kedarnath e Badrinath. Anche questi ultimi si sono lamentati della pochezza e della lentezza delle operazioni di soccorso ma almeno sono stati ascoltati. Centinaia di villaggi e migliaia di comunità locali non sono riusciti a catturare l’attenzione dei media, il supporto del governo e una pronta assistenza. Nell’area di Tehri Garwal, alcuni villaggi sono svaniti e molti invece sono diventanti delle isole senza possibilità di comunicazione. Il loro destino è ora rimesso alla grazia della natura.

Al mio ritorno, lungo la strada verso Dehradun, l’unico conforto alle popolazioni era dato dalla fine delle piogge e dal sole splendente: fino al 21 giugno, delle autorità, neanche l’ombra.

Mentre ero in ufficio con Ramesh, ci è giunta notizia che il deteriorarsi delle condizioni meteorologiche stava intralciando le operazioni di salvataggio. Circa 22,000 persone sono ancora bloccate fra le colline in attesa delle squadra di soccorso e dell’esercito incaricati di metterli in salvo.

Questo post è una traduzione del post originale in lingua inglese di Susan Thoman, Media&Events Officer di ActionAid India.

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