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Il giorno che diventammo umani

Tutte le umanità di Paolo Zardi

Di Giulia Gabriele
Pubblicato il 5 Feb. 2014 alle 21:42

«Intanto i sogni si ingarbugliavano con la realtà, confondendo i confini tra l’amore e il desiderio, tra il suo corpo e il suo cuore, e sembravano dire che sarebbe successo di nuovo, e poi di nuovo ancora, perché l’Eden – quel giardino dove tutto era buono, e gli esseri umani sembravano fotocopie di un Dio senza passione – aveva una porta di sola uscita».

“Il giorno che diventammo umani”, da cui è tratto il periodo appena citato, è una raccolta di racconti che porta la firma di Paolo Zardi e il sigillo della casa editrice abruzzese NEO Edizioni.

È la seconda parte di un viaggio, iniziato con “Antropometria” (NEO Edizioni, pp. 176, € 13), per misurare l’esistenza umana. Deve aver spento la luce, Zardi, e abituatosi al buio deve aver capito che certe ombre non sono solo il riflesso di un corpo vivo. Piuttosto sono reflussi di anime chine, appesantite da quello che ogni giorno, con un colpo di spugna, rimuoviamo dalla nostra carne. Quella del viso, delle spalle; quella del muscolo cardiaco. Quelle ombre, al riparo dalla luce, si sovrappongono a noi nello spazio che occupiamo nella stanza, nel mondo.E, in silenzio, iniziano a parlare.A spifferare bugie, malinconie e tenerezze.

I 19 racconti di Paolo Zardi (padovano, classe 1970) sono il risultato di quelle confessioni. Diciannove esseri umani sembrano aver scritto ognuno la propria storia, aspetto che dà potenza e credibilità al libro stesso. Con uno stile libero, musicale e scorrevole l’autore dà voce ai ricordi e ai pensieri dei suoi personaggi, delineando i baratri di un padre che si sente sconfitto dalla vita e dal DNA; la solitudine di un uomo ormai anziano pronto a essere di nuovo figlio; le belle speranze di due giovani innamorati distrutte nel sangue e nella rabbia. E così via, lungo tutte le possibilità che regala l’attenzione per le umane attitudini, leggerezze e fortificazioni incluse.

I personaggi di Zardi vengono colpiti da qualcosa – malattia, vergogna, desiderio, amore – che li rende umani. Sin da piccoli, sappiamo di essere bambini, che diventeremo adolescenti, poi adulti e infine vecchi. In ogni età aspettiamo qualcosa in particolare. Ma mai ci aspetteremmo di dover capire, nostro malgrado, il senso dell’umanità, quella che devia dalla classificazione scientifica. Quell’umanità che è orizzonte di arrivi quanto di partenze. Dove noi, creature di porcellana, oscilliamo languide rifrangendone sfumature e precarietà emotive. Ebbene proprio quell’umanità lì, in un giorno qualsiasi del calendario, busserà (o ha già bussato) alla nostra porta trovandoci impreparati e nudi. Nudi di armi e procrastinazioni. Tale e quale come nei racconti (ma vale anche l’idea di un unico racconto corale) di Paolo Zardi che riesce a comporre un ritratto di umanità diverse, vere, possibili e, magari, accadute.

È grazie ad autori così che credo anche gli scettici, i puristi del romanzo e gli indifferenti possano scoprire la bellezza del genere del racconto. E arrendersi ad esso, infine. Come ogni uomo alla propria umanità, prima o poi.

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