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I partiti che impersonano il paese

Un piccolo decalogo ad uso e consumo del Pd

Di Livio Ricciardelli
Pubblicato il 2 Nov. 2013 alle 16:06

Qual è il simbolo del Partito Democratico? Le iniziali “PD” formate da un tricolore, in grado di ricalcare la bandiera nazionale italiana, e un piccolo ulivo in mezzo alle due lettere.

A parte la scelta dell’ulivo, si tratta di un simbolo anomalo se consideriamo gli altri grandi partiti della tradizione europea. Anche in Italia, se escludiamo i precedenti del Pli e di Forza Italia (che però ricorda più la bandiera nazionale magiara…), poche sono state le formazioni politiche con la bandiera nazionale come simbolo. Proprio in quanto, soprattutto nella Prima Repubblica, le forze politiche tendevano a farsi a determinate ideologie. E ogni ideologia aveva i suoi colori e i suoi simboli.

Nel simbolo e negli intenti del Pd ci sono due sfide: quella di andare a sinistra oltre la tradizionale cultura socialdemocratica e quella di rappresentare delle istanze riformiste del tutto nuove, se non inedite, a livello europeo. Anche per questo il simbolo non è “definito ideologicamente” ma “nazionalmente”. Il Partito Democratico, sin dalla fondazione il 14 ottobre 2007, si candida infatti a rappresentare tutte le culture del riformismo italiano. Si, in nome di cosa? In nome di una specificità nazionale. Quella che ha portato il fronte progressista a fare questo grande passo e ad inserire in un unico contenitore tutte le culture del riformismo italiano. Quelle in grado di produrre “l’evento campale” della politica italiana degli ultimi cento anni: la Costituzione della Repubblica Italiana.

In questo senso mi permetterei di dire che “il Pd che vorrei” deve avere una sua precisa e determinata collocazione politica (a sinistra) in un ottica da democrazia dell’alternanza. Ma al tempo stesso deve candidarsi a rappresentare tutti gli italiani e tutte le culture politiche (democratiche e riformiste) che hanno plasmato un popolo e la sua storia.

Un partito dunque che aspira a rappresentare tutti i cittadini. Senza però velleità totalitaristiche.

Il Pd in questo schema dovrebbe svolgere lo stesso ruolo che hanno svolto, per un periodo nella storia dei rispettivi paesi, tre determinati soggetti politici (divisi in maniera del tutto paritetica tra sinistra, centro e destra): il Partito Repubblicano del Popolo turco che, pur essendo il partito di centrosinistra del paese, risultava essere maggioritario in quanto rappresentante della specificità turca incarnata dal socialismo nazionale e laicista di matrice kemalista. Il Partito Rivoluzionario Istituzionale messicano, soggetto politico centrista ma in grado di rappresentare la specificità politico-culturale del paese dal 1929 al 2000 (e nel 2012 ha rivinto le elezioni presidenziali). E infine l’Unione per un Movimento Popolare francese che rappresenta le istanze golliste (peculiarità transalpina) traslate in un assetto bipolare (nato nel 1962 con l’elezione a suffragio universale del Presidente della Repubblica) e collocate politicamente a destra.

Se si muoverà seguendo queste direttrici non solo un partito relativamente “nuovo” come il Pd sarà in grado di trovare una sua definita identità. Ma avrà trovato il grande collante in grado di rendere le sue istanze e le sue politiche maggioritarie tra la cittadinanza.

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