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Gaza: i fantasmi della guerra

Un bambino su due nella Striscia di Gaza soffre di disturbi da stress post tramautico

Di Action Aid
Pubblicato il 15 Dic. 2014 alle 15:45

Ho avuto la possibilità di vivere e a lavorare a Gaza per quasi un anno ed esattamente un anno fa, preparavo le valigie per trasferirmi in Giordania. E’ abbastanza difficile lasciare i luoghi che ami, ancora più difficile quando lasci un luogo dove sai che forse non potrai più tornare o quando sai che i tuoi amici più cari non potranno uscire da Gaza per farti visita, a causa di un embargo che va avanti da 8 anni.

Sono tornata nella Striscia di Gaza questa estate, durante la tregua di cinque giorni in piena escalation di quel conflitto che ha ucciso 2200 palestinesi. L’atmosfera era carica di panico e incertezza: le persone rientravano nelle loro case, trovando tutto distrutto e sotto le macerie, la loro vita e il loro ricordi.

Nonostante la distruzione, la perdita di vite umane e il dolore, sono stata sorpresa di trovare ancora un seme di speranza, speranza che le “cose potessero cambiare”. L’embargo che da 8 anni soffoca Gaza, significa per il palestinesi vivere in trappola. La maggior parte della popolazione non può viaggiare al di fuori del piccolo enclave e sia l’import che l’export sono limitati: le conseguenze sono la completa distruzione dell’economia della Striscia e centinaia di migliaia di persone senza un impiego. Anche prima dell’estate, l’80% della popolazione di Gaza viveva solo grazie agli aiuti umanitari.

La scorsa settimana sono tornata di nuovo a Gaza, circa 4 mesi dopo che il “cessate il fuoco” è stato proclamato; l’umore delle persone è profondamente cambiato. Quel piccolo seme di speranza che rimaneva è scomparso ed è rimasto un totale senso di disperazione.

I ricordi della guerra sono ancora in ogni angolo, per la strada si vedono abitazioni ancora in macerie, o persone che hanno un arto amputato. Ma non è non è solo la memoria della perdita fisica causata dalla violenza a perseguitare la popolazione; sono i suoni, in rumori, che sentono quando cercano di dormire, o il crescere dell’ansia quando sentono il rombo di un camion passare per strada, o un temporale che illumina il cielo di notte.

Ho incontrato Najwa Sheikh, una madre di quattro bambini. Durante “Margine protettivo” Najwa e la sua famiglia sono stati rinchiusi a casa per i 51 giorni. Lei e suo marito hanno cercato di tenere impegnati i loro bambini facendo giochi con le luci delle candele. L’embargo di Gaza e i danni alle centrali elettriche comportano tagli all’elettricità, fino a 18 ore ogni giorno. Quando scendeva la notte, Najwa e la sua famiglia era costretti a sentire il suono delle bombe e i vicini bombardamenti nell’oscurità. Najwa racconta: “Dicevamo ai bambini che i rumori erano solo fuochi d’artificio. Ma loro vedevano come eravamo spaventati e sapevano che stavamo mentendo … Non puoi immaginare come si sente un genitore a non essere in grado di dire ai propri figli che tutto andrà bene”.

Il figlio di sei anni di Najwa ha visto tre guerre nella sua breve vita e la violenza e la paura sono ormai parte della sua vita quotidiana. Najwa racconta: “Il mio figlio più piccolo andava a scuola, recentemente stava imparando le stagioni. La maestra gli aveva detto che ci sono quattro stagioni: l’estate, l’inverno, la primavera e l’autunno. Lui ha detto alla maestra che c’è un’altra stagione: la stagione della guerra”. Aggiunge: “Quando le persone “normali” che vivono fuori da Gaza sperimentano un evento traumatico, possono andare in vacanza, o concentrasi sul loro lavoro, ma è diverso per la popolazione a Gaza, noi viviamo in un perpetuo ciclo di esistenza quotidiana, dove ogni giorno è lo stesso. Non c’è modo che la guerra ti possa lasciare”.

Per Mohamed Abu Beed, un calciatore professionista di 21 anni che viveva nel quartiere di Al Shejiyah, la guerra ha lasciato segni sia dal punto di vista emotivo che fisico. Mentre correva fuggendo attraverso le strade del palazzo di casa sua la sua casa, è stato colpito alla gamba da un pezzo di vetro appuntito, che gli ha reciso l’arteria principale. La sua gamba è stata amputata e lui è rimasto senza la sua principale fonte di entrate: la sua vita, che amava, è sparita.

Mohamed aggiunge: “Tutta la mia vita era il calcio. Mi sarei alzato ogni mattina e sarei andato alle mie sessioni di allenamento. La sera avrei studiato i libri di tattica e avrei guardato le partite internazionali. Avrei potuto giocare per la squadra nazionale della Palestina, ma l’embargo mi ha impedito di visitare la Cisgiordania. Ora tutto quello che faccio è star seduto. Tutto il giorno”.

Per molti, i ricordi della guerra sono impossibili da superare. Un bambino su due a Gaza presenta disturbi da stress post traumatico con sintomi che comportano fare la pipi a letto, insonnia e disturbi comportamentali.

ActionAid sta lavorando con l’organizzazione partner Fekra per aiutare 1600 bambini che soffrono di disturbi da stress post traumatico e aiuterà loro ad affrontare le loro esperienze traumatiche attraverso il teatro e l’animazione. Lavoreremo anche con le donne contadine che hanno perso i loro mezzi di sostentamento, aiutandole a ricostruire delle entrate economiche, oltre che fornendo supporto psicologico e lavorando con un’organizzazione sanitaria per fornire supporto medico e sanitario.

Testimonianza di Jo Harrison, Communications Adviser for the Arab Region Initiative and Palestine

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