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Datagate: l’importanza di Nairobi

Le recenti rivelazioni sui programmi di sorveglianza USA ne confermano la rilevanza come hub strategico mondiale

Di Ernesto Clausi
Pubblicato il 11 Giu. 2013 alle 17:13

Non sono soltanto i cittadini americani ad essere sotto controllo. Il Kenya è la nazione più sorvegliata dell’Africa subsahariana dagli Stati Uniti.

L’inchiesta che ha portato alla luce i programmi segreti di spionaggio della National Security Agency (l’Agenzia per la sicurezza nazionale statunitense) ha rivelato un elevato interesse dell’intelligence americana verso Nairobi. I documenti pubblicati da The Guardian e The Washington Post mostrano come il Kenya sia in cima alla lista delle nazioni controllate in Africa, dietro solo all’Egitto.

Informant Boundless è un programma sviluppato dalla National Security Agency in base al quale vengono raccolti e monitorati dati e informazioni divisi per Paesi, in base al traffico telefonico e su internet. Questi dati sono contenuti in una (ormai ex) top secret “global heat map” dei servizi di sicurezza. L’Iran (non c’è da stupirsi) è lo Stato in cui sono state raccolte le maggiori quantità di informazioni, seguito da Pakistan, Giordania – alleato storico degli Stati Uniti – Egitto e India.

Nella mappa il Kenya è l’unica nazione africana segnata in arancione, il grado più alto dopo il rosso. Ciò è dovuto a numerosi fattori.

Certamente un motivo da tenere in considerazione, nel volume di dati acquisiti e monitorati dall’intelligence statunitense, sono le recenti elezioni presidenziali, che hanno segnato un momento delicato nelle vicende politiche e sociali del Paese. Inoltre la posizione del neo Presidente Uhuru Kenyatta e del suo vice William Ruto, entrambi incriminati presso la Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità, ha contribuito a tenere alta l’attenzione sul Kenya.

Ma ci sono altri elementi più importanti. Anzitutto la crescente penetrazione economica cinese in Africa. La Cina è oggi una potenza “coloniale” che si è aperta al mercato globale e sta facendo passi da gigante. Imprese e compagnie cinesi continuano ad aggiudicarsi appalti su infrastrutture e grandi opere e sono assolute protagoniste del mercato. Lo sfruttamento e il controllo delle risorse naturali nel continente africano è l’ultima sfida lanciata alla comunità internazionale occidentale.

In secondo luogo, la vicinanza del Kenya con teatri di conflitto e aree di crisi, come la Somalia e il Sud Sudan, rende Nairobi un centro fondamentale per il controllo degli interessi strategici, geopolitici e commerciali nell’area. Nell’ultimo National Intelligence report proveniente da Washington, Burundi, Repubblica Democratica del Congo e Uganda sono presentati come Paesi a rischio di “violenta instabilità” nel prossimo anno. Le principali informazioni su questi Paesi sono state elaborate negli uffici di Nairobi. La città è oggi il principale centro di raccolta dei dati immagazzinati dai servizi di sicurezza di tutto il mondo sull’Africa centrale e orientale.

Inoltre il Kenya si è rivelato un partner affidabile nell’intervento militare in Somalia, volto a stabilizzare il Paese ed eradicare il movimento terroristico Al-Shabaab. Nairobi è un alleato chiave degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo. Nel Paese si presume siano nascosti terroristi e ricercati di fama internazionale. Michael Adebolajo, uno dei sospettati dell’uccisione del soldato britannico Lee Rigby a Londra poche settimane fa, era stato arrestato nel 2010 a Patè, un’isola al confine con la Somalia, con l’accusa di essere legato ad Al-Shabaab.

Soprattutto sulla costa operano potenti cartelli della droga che dal porto di Mombasa riescono a smerciare lungo le rotte internazionali. Anche il poaching, ovvero il bracconaggio e il conseguente contrabbando di animali è un fenomeno monitorato dalle agenzie di sicurezza. Christian Turner, High British Commissioner a Nairobi, ha nei mesi scorsi avvertito del pericolo che il contrabbando di avorio possa finanziare attività terroristiche.

Infine Nairobi è un hub diplomatico di primo livello. Qui hanno sede i quartieri generali delle agenzie delle Nazioni Unite nella regione, e delle principali organizzazioni non governative. L’ambasciata americana è la più grande nell’area (nel 1988 Al Qaeda colpì le sedi diplomatiche statunitensi a Nairobi e Dar es Salaam, in Tanzania, causando duecentoventitrè morti), e anche le diplomazie europee in città fungono da punti di riferimento per l’Africa orientale.

I dati pubblicati, se da una parte potrebbero preoccupare l’estabilishment keniota (non più di tanto, dal momento che è naturale che servizi di sicurezza nazionali tendano ad avere quante più informazioni possibili, e come ha dichiarato la senatrice americana Dianne Feinstein, direttrice del Comitato di Intelligence del Senato statunitense, questi controlli sono la mera continuazione di sette anni di autorizzazioni), dall’altro rendono paradossalmente merito al ruolo che Nairobi si è ritagliata, in poco più di cento anni di vita.

Era il 1899 quando, lungo la linea ferroviaria che collega Mombasa a Kampala, gli ufficiali dell’Impero britannico costruivano una piccola stazione e un deposito ferroviario lì dove c’erano soltanto piccoli villaggi masaai. Da laguna isolata a capitale mondiale del safari, oggi Nairobi è il polo strategico, commerciale ed economico più importante dell’Africa orientale.

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