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Come cento anni fa: l’erbaccia del nazionalismo che ritorna

In "Eroi e poveri diavoli della Grande Guerra" il 15-18 e il nazionalismo. Un monito per il presente

Di Paolo Brogi
Pubblicato il 7 Set. 2014 alle 15:12

Per scrivere il mio ultimo libro “Eroi e poveri diavoli della Grande Guerra” mi sono avvicinato a queste figure di eroi del 15-18 che a prima vista appaiono così lontane e distanti nel tempo. Basti pensare a uno dei grandi motori dell’interventismo allora, la questione delle terre irredente. Insomma l’irredentismo di Battisti, Falzi, Chiesa ecc che mal si colloca oggi in quelle stesse terre irredente in cui si agitano perfino gli spettri della separazione, come accade in Veneto. Insomma in cento anni saremmo oggi agli antipodi.

Lontanissime motivazioni dunque, oltre le quali però – e l’interventismo ne è la migliore dimostrazione – si agita uno spettro come quello del nazionalismo che si trasforma in una partecipazione attiva alla guerra e al volontarismo. E qui nonosatante i cento anni trascorsi dalla prima guerra mondiale il copione pare riproporsi invece con estrema attualità.

Il nazionalismo è un nervo scoperto che riemerge nei conflitti in corso dall’Ucraina al Medio Oriente e all’Iraq, dove questo fenomeno variamente concepito ma sempre più integralista configura nuovi modelli di scontro.

Come cento anni fa ci si iscrive anche oggi alle peggiori cause nazionaliste riproponendo modelli di partecipazione volontaria ai conflitti che sembrano prendere alla sprovvista l’Europa e le democrazie.

Dall’Inghilterra che scopre i suoi jihadisti interni ai paesi dell’Est che si ritrovano in preda a rotture nazionaliste e a controspintre imperialiste la gramigna che si pensava dissolta torna dunque a rispuntare coriacea dal terreno e ad infestare vari scenari di guerra.

E’ questa l’attualità dunque della mia ricerca che toccando le figure degli eroi sembrava destinata a una inevitabile storicizzazione con conseguente distacco storico-politico. Così invece purtroppo non è. E allora le vicende di Enrico Toti e delle altre medaglie d’oro, da Francesco Baracca, passando per gli altri “assi” della nascente aviazione italiana come Pier Ruggero Piccio, Paolo Fulco Ruffo di Calabria, Silvio Scaroni, all’umbro Venanzio Gabriotti che nella Prima guerra mondiale si guadagnò quattro medaglie d’argento e bronzo e che quella d’oro l’ha infine aggiunta nel 1944 facendosi fucilare dai nazifascisti come membro della Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale., appaiono più contemporanee e vicine.

Gli “eroi” raccontati passano dall’interventismo estremo del bersagliere-ciclista Enrico Toti, all’irredentismo di Cesare Battisti, Fabio Filzi, Damiano Chiesa, ai letterati prestati al fronte come Renato Serra e Scipio Slataper, ai giovanissimi come Roberto Sarfatti figlio di Margherita nota come la prima amante poi di Mussolini. E ancora ecco Alberto Cadlolo, Giacomo Venezian, il Milite Ignoto. Ma anche la storia degli arditi e poi quella degli arditi del popolo con Guido Picelli.

E’ stato il mio modo per imparare anche a leggere il presente.

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