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Abbattimenti Ucraini

Cosa ci insegna l’abbattimento della statua di Lenin a Kiev

Di Livio Ricciardelli
Pubblicato il 9 Dic. 2013 alle 14:44

Cosa ci insegna l’abbattimento della statua di Lenin a Kiev.

Il più grande insegnamento che ci danno i 500.000 manifestanti che, scendendo per le strade della capitale ucraine, hanno con un moto d’ira distrutto al statua del fondatore dell’Unione Sovietica a Kiev è perlopiù di carattere storico.

L’abbattimento delle statue del vecchio potere sovietico infatti è qualcosa che appartiene all’iconografia del biennio 1989-1991. Si partì dalla repubbliche baltiche, le prime a chiedere ed ad ottenere l’indipendenza dalla morsa moscovita. In quei frangenti uno dei simboli della rivolta era proprio la distruzione della statue del potere. Disintegratosi l’Urss ed edificata l’ancora fragile Federazione Russa, guidata tra l’altro dal leader della frangia destra del Pcus Boris Eltsin, anche Mosca prese coscienza della necessità di abbattere l’ombra dei fantasmi del passato. Nonostante tutto qualcosa rimase: è prassi che, in un paese a nuova democratizzazione, il partito che intende rifarsi al regime precedente ottenga comunque delle percentuali di tutto rispetto: ci sono infatti sempre fasce sociali e ceti economici che hanno tratto vantaggi dal regime. E che quindi, contro ogni apparente logica, votano per queste formazioni politiche. Una dinamica analoga riguarda i simboli del potere: qualche statua, qui e la, è rimasta nel paese e nella vecchia unione. Soprattutto quelle che riguardano Lenin, di grande lunga l’esponente della dittatura sovietica meno controverso.

Questa dinamica si è posta a Kiev, ma l’atto assume connotati anti-russi. I manifestanti infatti, a dire il vero molto divisi, contestano lo stretto legame tra l’Ucraina e Putin. Contestano l’impossibilità anche solo di una parvenza di rapporto paritario con la democratica, ma malaticcia, Ue e contestano i ricatti del gas russo.

L’abbattimento dunque ci insegna una cosa: abbattendo Lenin vogliamo allontanarci ancor più da Mosca. Perché sotto sotto egli rappresentava, sotto la patina del socialismo reale, gli immortali interessi russi d’egemonia dell’area. Fatti di panslavismo (Russia paese-guida dei popoli slavi), cesaro-papismo (Russia come sede del Patriarcato ortodosso più importante del mondo) e di imperialismo (Russia come terza Roma e dunque come erede dell’Impero Bizantino).

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