Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » Scienza

Gobbo, con un cervello piccolo e mani ad artiglio: ecco come sarà l’uomo del 3000

Di Antonio Scali
Pubblicato il 8 Nov. 2022 alle 09:46

La tecnologia ha certamente cambiato le nostre abitudini e, nel lungo termine, potrebbe addirittura modificare i connotati umani, soprattutto a causa del suo abuso. Gobbo, con il collo basso e spesso, mani come artigli e un cervello più piccolo. Sono queste alcune delle poco incoraggianti caratteristiche che l’uomo del futuro potrebbe avere a causa della presenza sempre più invasiva della tecnologia nella sua vita. Uno scenario ipotizzato dalla ricerca commissionata dalla compagnia telefonica americana Toll Free Forwarding.

Si sa, la specie umana si evolve nel tempo e alcuni suoi connotati possono cambiare in base ai bisogni e alle abitudini che sviluppiamo. Così, entro l’anno 3000, a determinare l’evoluzione anatomica dell’uomo potrebbero essere i dispositivi che già oggi fanno parte della vita di tutti noi. Un’ipotesi a dir poco inquietante quella prospettata da questa ricerca, per la quale ci sarebbero forti ripercussioni fisiche derivanti da un uso intensivo di computer e smartphone.

L’immagine di Mindy, la donna creata al computer in 3D dai ricercatori, è emblematica. Questo prototipo di umano del 3000 ha schiena ricurva, collo schiacciato e proteso in avanti come le spalle. L’abitudine a stare sempre con la testa reclinata verso il basso per compulsare lo smartphone, infatti, si ripercuoterebbe in primis sulla colonna vertebrale. I muscoli del collo vengono messi a dura prova per sostenere il peso della testa, e il busto si curva in avanti invece che restare eretto e allineato. Potrebbe cambiare anche l’aspetto delle mani, sempre impegnate a reggere il telefonino e a scrollare senza sosta in cerca degli ultimi aggiornamenti, fino a farle diventare simili ad artigli.

Lo scheletro del cranio, secondo la ricerca, diventerebbe più spesso per proteggerci dalle onde elettromagnetiche emesse dai dispositivi. Il cervello, però, potrebbe ridursi di dimensioni perché, delegando sempre più operazioni agli strumenti tecnologici, avrebbe meno bisogno di funzionare per sopravvivere. L’uomo del futuro, infine, potrebbe sviluppare una terza palpebra come forma di difesa dagli effetti della prolungata esposizione alla luce dei device, quali mal di testa e affaticamento della vista.

Un prototipo c’è da dire, soprattutto provocatorio, di certo non possiamo sapere quali strade prenderà l’evoluzione tecnologica in futuro. Si arriverà davvero a questo tipo di uomo? Sicuramente la tecnologia farà sempre parte della vita delle prossime generazioni. E studi come questo aiutano a farci aprire gli occhi sui rischi del suo abuso.

Leggi l'articolo originale su TPI.it
Mostra tutto
Exit mobile version