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Spazio, ricercatori italiani hanno scoperto acqua in forma liquida su Marte

Di Anna Ditta
Pubblicato il 25 Lug. 2018 alle 16:32 Aggiornato il 25 Lug. 2018 alle 16:35

Un lago sotterraneo è stato scoperto su Marte. L’enorme lago salato, dove potrebbero trovarsi forme di vita, è la prima, solida evidenza della presenza di acqua allo stato liquido sul pianeta.

La storica scoperta è frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori italiani, che ne hanno dato l’annuncio sulla rivista Science.

Il lago si trova a circa un chilometro e mezzo di profondità.

La scoperta è stata possibile grazie ai dati raccolti dal radar italiano Marsis (da Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding) a bordo della sonda europea Mars Express.

Hanno collaborato i ricercatori dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dell’Università degli studi Roma Tre, dell’Università degli studi D’Annunzio, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e della Sapienza Università di Roma.

Secondo i dati raccolti, probabilmente l’acqua è salata poiché a quella profondità la temperatura è sicuramente ben al di sotto di 0 gradi C.

I sali, che probabilmente sono simili a quelli che la sonda NASA Phoenix ha trovato nel ghiaccio della zona circumpolare nord, agiscono da “antigelo” aiutando a mantenere l’acqua allo stato liquido.

Acqua, sali, rocce e protezione dalla radiazione cosmica sono ingredienti che potrebbero far pensare anche ad una nicchia biologica.

I ricercatori sono convinti che potrebbero esserci altre zone con condizioni favorevoli alla presenza di acqua in profondità su Marte e vogliono continuare a investigare.

Già nel 1976, grazie alla sonda Viking della NASA, era evidente il fatto che la superficie di Marte fosse un tempo coperta da mari, laghi e fiumi e le successive missioni hanno confermato sempre più tale presenza.

“Il grande dilemma era quello di dove sia finita tutta quell’acqua – racconta Roberto Orosei dell’INAF, primo autore dell’articolo – Buona parte di questa è stata portata via dal vento solare, che spazzò quella che mano a mano si vaporizzava dalla superficie degli specchi d’acqua. Un’altra significativa porzione è depositata sotto forma di ghiaccio nelle calotte, soprattutto quella nord, e negli strati prossimi alla superficie o è legata al terreno nel permafrost. Ma una parte doveva essere rimasta intrappolata nelle profondità e potrebbe ancora trovarsi allo stato liquido”.

L’ipotesi si era diffusa a metà degli anni Novanta, quando la missione Mars Express fu annunciata dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e l’ASI propose di adottare un radar a bassa frequenza per investigare il sottosuolo a grande profondità.

“In Antartide abbiamo osservato moltissimi bacini di questo tipo. Alcuni sono vecchi d 30 milioni di anni” spiega Carlo Barbante, esperto esploratore del polo sud, professore all’università di Venezia e direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Cnr.

“Si trovano a grande profondità, oltre i 2,7 chilometri. La forza di gravità del ghiaccio permette all’acqua di restare liquida nonostante le temperature basse. All’interno di questi laghi abbiamo trovato forme di batteri capaci di vivere a pressioni enormi e a temperature vicine allo zero, senza luce, sfruttando alcune delle sostanze chimiche disciolte”.

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