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Ecco chi può tracciare i nostri dati quando navighiamo “in incognito”

Qual'è il vero grado di affidabilità che fornisce la "modalità navigazione in incognito"? I nostri dati, navigando in questo modo, sono davvero non tracciabili e al sicuro da occhi indiscreti?

Di Gianluigi Spinaci
Pubblicato il 28 Mag. 2018 alle 12:58

“Ctrl+shift+n” è la combinazione da digitare sulla tastiera del nostro dispositivo per entrare in “modalità navigazione in incognito” quando navighiamo su internet.

Si tratta di una funzione, presente in tutti i principali browser, che serve a non far sapere ad altri utenti che utilizzano il nostro stesso device (sia esso un pc, uno smartphone o un tablet) quali pagine e quali contenuti abbiamo visualizzato.

Ma qual’è il vero grado di affidabilità che fornisce la “modalità navigazione in incognito”? I nostri dati, navigando in questo modo, sono davvero non tracciabili e al sicuro da occhi indiscreti?

Quando accediamo a uno dei principali browser, da Google Chrome a Mozilla Firefox, da Safari a Microsoft Edge, utilizzando la “modalità navigazione in incognito”, veniamo informati preventivamente che i nostri dati possono essere visualizzati dai siti web visitati, dal provider di servizi Internet e, se siamo connessi in una rete non domestica, dal datore di lavoro o dalla scuola.

Ma non sono gli unici casi in cui la navigazione “segreta” può essere individuata e tracciata, ricordando inoltre che la “modalità privata” non rende affatto i nostri dispositivi immuni da attacchi di virus e malware.

I dati e le attività di chi naviga in incognito, infatti, non sono del tutto irrintracciabili, potendo in ogni caso essere monitorate dalla polizia postale o da terzi, capaci di accedere alla geolocalizzazione dei vari dispositivi.

Durante la navigazione in incognito, la privacy degli utenti è garantita solamente sotto alcuni aspetti, come la cronologia delle pagine visitate, i cookie e i dati dei siti e le informazioni immesse nei moduli.

In tutti questi casi, il browser che utilizziamo per navigare non salverà alcuna informazione, ma nel caso in cui dovessimo scaricare dei file o inserire alcune pagine web tra i preferiti, questi dati saranno automaticamente salvati nella lista del browser o nelle cartelle di download.

In questo modo, anche altri utenti potranno visualizzare queste informazioni relative alla navigazione in incognito, con i relativi rischi per la privacy.

Tra questi, in prima fila, ci sono i siti pornografici, che sono di gran lunga le pagine più visitate in “modalità navigazione in incognito”.

Uno dei più famosi e visitati, PornHub, mette la privacy dei propri utenti in primo piano.

Ma entrando nella sua home page, nonostante si naviga, appunto, in incognito, si riceve subito un messaggio dove si fa riferimento ai contenuti pornografici provenienti dallo stato in cui ci si trova.

Pur essendo un sito che non tiene traccia dei dati dei propri utenti, è curioso che conosca esattamente la posizione in cui si trova chi vi sta navigando.

Ma queste informazioni non arrivano solo a PornHub, ma anche alle reti pubblicitarie che gestiscono le inserzioni nei siti pornografici, come DoublePimp e TrafficJunky.

Queste reti pubblicitarie possono notare le nostre preferenze e i nostri in base ai contenuti che visualizziamo o cerchiamo, adattando a questi gli annunci che ci vengono mostrati.

Queste terze parti possono conoscere il nostro indirizzo IP, quale browser utilizziamo, la nostra posizione e altre informazioni come la quantità di tempo trascorso a guardare un certo video piuttosto che un altro.

In sostanza, anche se PornHub potrebbe tecnicamente non tracciare i nostri dati, sia Google sia gli inserzionisti pubblicitari possono collegare tutte queste informazioni alla nostra identità personale.

Il rischio, poi, aumenta in caso si sia eseguito l’accesso al proprio account Google su Google Chrome.

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