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I falsi miti più diffusi sui tatuaggi

Un professore del dipartimento di dermatologia di un'università statunitense smentisce alcune delle convinzioni errate che la gente ha sui tatuaggi

Di TPI
Pubblicato il 15 Giu. 2017 alle 14:04 Aggiornato il 20 Apr. 2018 alle 17:59

La paura degli aghi attanaglia tantissima gente, che mai accetterebbe di “farsi bucare” il corpo se non per motivi strettamente necessari, e rigorosamente da parte di un medico.

Eppure c’è una grande eccezione a questa regola: i tatuaggi. Secondo un sondaggio del 2010 del Pew Research Center, quattro millennials e tre adulti su 10 hanno un tatuaggio negli Stati Uniti.

Nonostante non sia richiesto che i tatuatori siano medici o infermieri, questa forma d’arte è profondamente intrecciata con la scienza della pelle. Proprio il dipartimento di dermatologia del Medical Center dell’Università di Rochester ha smentito alcune delle convinzioni errate sui tatuaggi più diffuse.

Cos’è un tatuaggio?

Il termine anglosassone tattoo è un adattamento del samoano tatau, e consiste nell’incidere la pelle ritardandone la cicatrizzazione con sostanze particolari o nell’eseguire punture con l’introduzione di sostanze coloranti nelle ferite.

“Se si guarda l’epidermide, o lo strato esterno della pelle, sembra un bel muro di mattoni”, ha spiegato Sherrif Ibrahim, dell’Università di Rochester. “I mattoni e la malta sono rappresentati dalle cellule, dai cheratinociti e i melanociti, e c’è un sacco di attività all’interno di tali cellule”.

Come ogni cellula del corpo umano, anche quelle che costituiscono il tessuto epiteliale hanno cicli di vita. Praticamente ogni sei mesi si rinnovano e si ricompone una epidermide tutta nuova. Quindi, qualsiasi cosa che si trova sull’epidermide non potrebbe mai essere permanente. Ecco perché i tatuatori usano aghi che scavano sotto l’epidermide, depositando il pigmento di colore nello strato inferiore, il derma.

Il derma è prevalentemente costituito da collagene, elastina e altre cellule come fibroblasti, mastociti e macrofagi, come un normale tessuto connettivo. In questa sede l’inchiostro può rimanere per anni, dal momento che non vi è un ricambio cellulare come quello dell’epidermide.

“Un tatuaggio non sarà mai completamente nero”, ha spiegato il professor Ibrahim. “Ha un colore bluastro a causa della rifrazione della luce. Il nero dell’inchiostro passa attraverso il derma superficiale e l’epidermide”.

È vero che l’inchiostro dei tatuaggi è pericoloso?

Se facessimo una breve ricerca su Google sulla relazione tra i tatuaggi e il cancro alla pelle otterremmo dei risultati allarmanti.

È vero che i tatuaggi possono provocare tumori della pelle, e ci sono inchiostri potenzialmente più tossici di altri. A dirlo è un rapporto dell’Unione europea del 2016, intitolato Sicurezza dei tatuaggi e del trucco permanente.

Non vi è però una relazione diretta tra un tatuaggio e il cancro alla pelle. Piuttosto esiste  un territorio di coincidenza, secondo quanto riferisce una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Lancet. E anche Ibrahim, alla domanda: “I tatuaggi causano il cancro?”, risponde semplicemente: “No”.

Mentre in molti paesi ci sono leggi che impongono ai negozi di tatuaggi di rispondere alle norme sanitarie di base sull’uso degli aghi, c’è invece poca regolamentazione sugli inchiostri iniettati.

“Fino a qualche anno fa vi era un rischio molto più elevato di contrarre malattie contagiose, in particolare l’epatite a causa degli aghi non sterilizzati.

Quali sono i rischi più realistici a cui si va incontro facendosi tatuare?

Al momento il rischio più realistico è quello di una reazione allergica all’inchiostro utilizzato.

“Ci sono in realtà reazioni allergiche provocate da un pigmento che possono sfociare sia nell’arrossamento dell’area interessata, che in un cheloide, un tumore cutaneo benigno di aspetto cicatriziale, che fa generalmente seguito a un trauma o una irritazione che non si attenua con il trascorrere del tempo”, spiega Ibrahim, aggiungendo che sono i pigmenti rossi in particolare a provocare reazioni avverse.

Eppure, il vero aspetto di cui preoccuparsi, è un altro, e molto più trascurato. “Quello che è davvero pericoloso è il fatto che, quando si hanno tatuaggi estesi, non si vedono eventuali sintomi di un cancro alla pelle”. Il tatuaggio quindi non provoca il cancro, ma lo maschera, impedendo di curarlo in tempo. Tanto più grande è l’area coperta di tatuaggi, tanto più grande è il rischio.

Un ulteriore falso mito sui tatuaggi è il fatto che il sole sia un “nemico”. I pigmenti di un tatuaggio si trovano nello strato più profondo del derma, non raggiungibile dai raggi Uv.

La causa di dissolvenza di un tatuaggio è piuttosto il risultato di processi naturali del corpo. I macrofagi, cellule che hanno la funzione principale della fagocitosi, cioè la capacità di inglobare nel loro citoplasma particelle estranee, compresi i microrganismi, e di distruggerle, possono ingerire, in un arco di tempo molto lungo, anche particelle di inchiostro fuoriuscite dal derma.

A prescindere dall’avere tatuaggi o meno, la protezione della pelle dai raggi Uv è fondamentale in ogni caso, per non rischiare di andare incontro a malattie, in alcuni casi mortali.

Ma il mito sui tatuaggi che sembra, più di ogni altro, resistere alla prova del tempo è un altro e non ha niente a che fare con la salute: gli uomini tatuati sono ritenuti più attraenti degli altri.

Questo fattore, combinato a una ricerca che ha indicato come i tatuaggi potrebbero rivelarsi un vantaggio per il sistema immunitario, fa pensare che la scelta di un disegno indelebile sulla propria pelle non sia così male, dopotutto.

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