Le malattie rare sono patologie così definite perché colpiscono meno di cinque individui ogni diecimila persone. Attualmente, si stima che ne esistano tra le seimila e le ottomila, il 72% delle quali è di origine genetica, vale a dire tutte quelle che sono causate da alterazioni del DNA, trasmesse da uno o entrambi i genitori oppure dovute a mutazioni spontanee che insorgono nelle prime fasi dello sviluppo.
Proprio a causa della loro bassa incidenza, le opzioni terapeutiche per le malattie rare risultano limitate: raramente sono disponibili cure specifiche o efficaci e, per gli oltre trecento milioni di individui colpiti in tutto il mondo (circa due milioni in Italia), la sola speranza risiede nella ricerca scientifica.
In Italia, nell’ambito delle malattie genetiche rare un supporto importante arriva da Fondazione Telethon, nota realtà attiva da 35 anni nel finanziamento diretto di progetti di ricerca scientifica su queste patologie.
L’attività dell’organizzazione, che può essere sostenuta da tutti, per esempio scegliendo di donare il 5xmille a Fondazione Telethon, si pone come obiettivo primario quello di offrire risposte concrete a chi è affetto da una patologia genetica rara, affinché possa contare su una diagnosi tempestiva e, laddove possibile, su terapie mirate, efficaci e accessibili.
Solo pochi mesi fa, per esempio, Fondazione Telethon ha annunciato il raggiungimento di un traguardo significativo: un farmaco sviluppato nei suoi laboratori per la sindrome di Wiskott-Aldrich – una rara immunodeficienza che si manifesta prevalentemente nei maschi sin dall’infanzia – è ormai a un passo dall’essere reso accessibile ai pazienti di tutto il mondo.
Malattie genetiche rare: l’importanza della diagnosi e delle terapie
L’impegno della ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare parte dalla diagnosi perché, ancora oggi, per molti pazienti, ottenere un’identificazione corretta della patologia è estremamente complesso. Si stima infatti che circa il 6% dei soggetti con sospetta malattia rara non arrivi mai a una diagnosi definitiva.
E anche quando la diagnosi viene formulata, i tempi restano lunghi: in media, possono trascorrere circa 4,7 anni prima di ottenere un’identificazione clinica accurata.
Questo ritardo limita fortemente la possibilità intraprendere un percorso terapeutico tempestivo e può contribuire ad alimentare incertezza, frustrazione e senso di abbandono.
Parallelamente, la ricerca scientifica indirizza i suoi sforzi verso i trattamenti, dato che allo stato attuale solo per una piccola parte – circa 450 – delle malattie rare oggi conosciute è disponibile una terapia farmacologica approvate e appositamente sviluppata.
In attesa che questo riconoscimento venga ottenuto anche per la sindrome di Wiskott-Aldrich, nell’ambito delle malattie genetiche rare negli ultimi anni questo importante obiettivo è stato raggiunto, per esempio, per quanto riguarda la leucodistrofia metacromatica, una grave malattia neurodegenerativa pediatrica per la quale è stata approvata una terapia genica capace di modificare significativamente il decorso della malattia se somministrata prima della comparsa dei sintomi.
Un risultato analogo è stato ottenuto anche per l’ADA-SCID, una rara immunodeficienza congenita, per la quale la terapia genica oggi approvata ha permesso di ricostruire un sistema immunitario funzionante nei bambini affetti, offrendo loro la possibilità di condurre una vita normale.
Per la stragrande maggioranza delle malattie rare, tuttavia, non esistono ancora trattamenti mirati, e i pazienti che ne sono affetti possono solo affidarsi a terapie sviluppate per altre patologie, le quali possono offrire solo un contributo nell’alleviare i sintomi, senza agire sulle cause o sul decorso della malattia.
Malattie genetiche rare: quali prospettive per i pazienti
Una diagnosi di malattia genetica rara può avere un impatto significativo sulla vita dei pazienti e delle loro famiglie. Trattandosi di condizioni spesso croniche e progressive, possono richiedere un continuo riadattamento dello stile di vita, con conseguenze che, sebbene in un primo momento siano soprattutto di carattere sanitario, finiscono per andare ben oltre l’aspetto clinico.
Nel loro decorso, le malattie genetiche rare possono incidere infatti sulla sfera lavorativa, sulle relazioni sociali, sull’organizzazione quotidiana e, non ultimo, sugli aspetti abitativi, che finiscono per essere ridefiniti per far fronte alle nuove necessità.
Difatti, oltre a causare dolori e sintomi generici persistenti, le malattie genetiche rare determinano spesso una condizione invalidante: la loro progressiva degenerazione può portare a disabilità fisica e mentale, che causa una sostanziale perdita del grado di autonomia. Inoltre, la gestione dei pazienti coinvolti ricade inevitabilmente sui familiari conviventi, alle prese con complessità cliniche organizzative e con reti di supporto spesso limitate.
A ciò si aggiunge la scarsa distribuzione di centri specializzati che, assieme alla carenza di prestazioni su alcuni territori, implica che un paziente su cinque affetto da una malattia rara debba spostarsi per accedere alle cure necessarie, con importanti ricadute sul piano organizzativo e sui costi logistici a carico delle famiglie.
In particolare, un paziente su tre è costretto a spostarsi per ricevere cure ha meno di 18 anni: numeri che non sorprendono se si considera che, nel nostro Paese, attualmente un quinto dei pazienti affetti da una malattia rara, anche quando la patologia non è di origine genetica, è in età pediatrica.
Ad oggi, per i bambini affetti da una malattia genetica rara l’unica speranza risiede nello sviluppo di terapie avanzate, una serie di trattamenti innovativi e mirati, resi possibili dai progressi della ricerca nel campo delle biotecnologie.