Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » Salute

Come funziona il reato di stupro in Italia

La violenza sessuale è un reato contro la persona disciplinato dal codice penale italiano.

La Spagna, seguendo le orme di altri paesi europei, vuole introdurre una legge che prevede che si possa configurare lo stupro nel caso in cui non ci sia un consenso esplicito all'atto sessuale. Ma in Italia come si configura tale reato?

Di Laura Melissari
Pubblicato il 23 Ago. 2018 alle 12:00 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 01:20

La Convenzione di Istanbul | Il reato di stupro in Italia | Com’è punito il reato di stupro in Italia

In Spagna il governo vuole introdurre una nuova legge sullo stupro, che ribalti la concezione di violenza sessuale come intesa finora.

Il principio alla base della nuova norma è che “sì” significa “sì” e che tutto il resto, incluso il silenzio, significa “no”. In altre parole, il consenso deve essere espresso in modo chiaro.

Se la Spagna approverà la legislazione proposta, entrerà a far parte della minoranza di paesi europei che riconoscono il sesso senza consenso come stupro, seguendo le orme della Svezia, del Regno Unito, dell’Irlanda, della Germania, dell’Islanda, del Belgio, di Cipro e del Lussemburgo.

La Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa del 2014 definisce lo stupro come assenza di consenso, affermando che “il consenso deve essere dato volontariamente” e richiede che tutti i firmatari includano leggi che definiscono lo stupro in quanto tale.

Mentre 32 paesi hanno ratificato la Convenzione di Istanbul, solo poche nazioni europee hanno cambiato le loro definizioni legali di stupro.

L’Italia è uno dei paesi che ha ratificato la Convenzione. Ma come funziona il reato di stupro in Italia?

La Convenzione di Istanbul

La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) è una convenzione contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011.

In Italia il 19 giugno 2013, dopo l’approvazione unanime del testo alla Camera, il Senato ha votato il documento con 274 voti favorevoli e un solo astenuto.

Il trattato ha l’obiettivo di prevenire la violenza, favorire la protezione delle vittime e impedire che i colpevoli rimangano impuniti. È stato firmato da 32 paesi.

La Convenzione di Istanbul è stata definita “il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza“.

Lo stupro è uno dei reati previsti dalla Convenzione, oltre a violenza psicologica, atti persecutori e stalking, violenza fisica, matrimonio forzato, mutilazioni genitali femminili, aborto e sterilizzazione forzata e molestie sessuali.

Il reato di stupro in Italia

La violenza sessuale è un reato contro la persona disciplinato dal codice penale italiano.

In Italia il codice penale punisce come violenza sessuale, all’articolo 609-bis, la condotta di colui che con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringa taluno a compiere o subire atti sessuali e quella di colui che induca un altro soggetto a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.

L’articolo 609-ter c.p., invece, prevede delle circostanze (dette aggravanti) al ricorrere delle quali la pena prevista in generale per la violenza sessuale è aumentata.

È inoltre prevista un aggravante della pena se i fatti sono commessi nei confronti di persona con l’uso di sostanze alcoliche.

“Negli ultimi anni sulla questione del consenso sono stati fatti molti passi avanti, grazie in particolare alle convenzioni internazionali ed europee approvate in materia, come la Convenzione di Istanbul che è il documento più autorevole a cui fare riferimento”, spiega a TPI.it Giorgia Antonia Leone, avvocato penalista di Milano e patrocinante in Cassazione attiva lotta per la parità di genere.

In Italia si rammenta che solo nel 1996, dopo circa vent’anni di iter legislativo, la legge contro la violenza sessuale classificò questo reato come crimine contro la persona, e non più delitto contro la moralità pubblica e il buon costume (un contributo fondamentale fu quello del caso di Franca Viola, la prima donna a rifiutare il matrimonio riparatore).

“Oggi si avanza sempre più verso un modello di consenso esplicito, anche se nel non lontano maggio del 2015 il tribunale di Modena aveva assolto tre ragazzi dall’imputazione di violenza sessuale nei confronti di una ragazza ubriaca con la motivazione che: «se è vero che il comportamento passivo della vittima e il fatto che scivolasse nella doccia avrebbero dovuto indurli a sospettare che la stessa avesse perso la lucidità necessaria per presentare un valido consenso all’atto sessuale è altrettanto vero che l’assenza di azioni di respingimento e di invocazioni di aiuto avrebbero potuto ingenerare la convinzione che la sedicenne fosse consenziente»”, prosegue ancora Giorgia Antonia Leone.

Com’è punito il reato di stupro in Italia

L’art. 609-septies del codice penale prevede che lo stupro e altra violenza sessuale siano perseguiti solo dopo che la vittima abbia presentato querela di parte, entro sei mesi dalla data del reato.

L’articolo 609-bis, prevede la pena della reclusione da cinque a dieci anni per chi compie il reato. L’art. 609-ter stabilisce invece la pena della reclusione dai 6 ai 12 anni nei seguenti casi:

• se la violenza è commessa nei confronti di una persona che non ha compiuto 14 anni

• se la violenza è commessa nei confronti di una persona che non ha compiuto 16 anni e della quale il colpevole sia genitore anche adottivo o il tutore

• se la violenza è commessa con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti

• se la violenza è commessa da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricati di servizi pubblici

• se la violenza è commessa su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale

• se la violenza è commessa all’interno o nelle immediate vicinanze di istituto d’istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa

In Italia negli ultimi giorni ha molto fatto discutere la sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione che non riconosce l’aggravante di “aver commesso il fatto con l’uso di sostanze alcoliche” agli stupratori di una donna che prima del fatto aveva consumato consapevolmente alcol in eccesso. A questo link la sentenza spiegata.

Leggi l'articolo originale su TPI.it
Mostra tutto
Exit mobile version