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“Sembrava solo un bambino agitato, poi abbiamo scoperto che nostro figlio ha la sindrome Adhd”

Intervista ai genitori di Andrea: “Siamo entrati dalla neuropsichiatra per una semplice consulenza e siamo usciti ore dopo, distrutti. Da quel momento sapevamo che avremmo dovuto affrontare questa malattia e che non sarebbe stato facile”

Di Valerio Nicolosi
Pubblicato il 20 Feb. 2019 alle 12:28 Aggiornato il 20 Feb. 2019 alle 12:29

“Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, o Adhd, è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo. Esso include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Questi problemi derivano sostanzialmente dall’incapacità del bambino di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente. È bene precisare che l’Adhd non è una normale fase di crescita che ogni bambino deve superare, non è nemmeno il risultato di una disciplina educativa inefficace, e tanto meno non è un problema dovuto alla ‘cattiveria» del bambino’”.

Questa è la definizione che si trova sul sito dell’Associazione italiana per i Disturbi di Attenzione e Iperattività, ma a limitarci a questo rischieremmo di non capire a fondo quello che si nasconde dietro la Adhd.

Flavia, la mamma del piccolo Andrea, ci racconta che quando lei e il padre si accorgono che c’è poca attenzione da parte del figlio nelle azioni quotidiane, il primo pensiero va all’autismo, perché della Adhd si sa poco. “A due anni Andrea ancora non parlava, non prestava attenzione ai giocattoli, non ti guardava negli occhi, lo chiamavo e non si girava. Cosa devi pensare?”.

A quel punto inizia un lungo giro di consulenze mediche per capire quale sia il problema. “Siamo entrati dalla neuropsichiatra per una semplice consulenza e siamo usciti ore dopo, distrutti. Da quel momento sapevamo che avremmo dovuto affrontare questa malattia e che non sarebbe stato facile”.

Questa sindrome viene diagnosticata sempre più spesso anche se, proprio la diagnosi, spesso non è facilmente intuibile. Quando i medici si trovano davanti bambini con l’Adhd di solito è perché vengono coinvolti per altri problemi: disturbi del sonno, ansia, difficoltà nel linguaggio o nell’apprendimento.

“Quello che abbiamo imparato è non dare troppi impulsi contemporaneamente. Si fa una cosa per volta con comandi ben precisi. Alla lunga si impara, anche se non è stato facile”, aggiunge Flavia.

I dati della Adhd in Italia non sono spaventosi come negli Stati Uniti ma sono comunque da tenere in considerazione. La percentuale dei casi è tra il 5,293 e il 7,2 per cento della popolazione, ma in età adulta la stima scende drasticamente tra l’1,2 e il 7,3 per cento. È una sindrome che può non durare per tutta la vita e quindi con l’arrivo dell’età adulta può retrocedere.

Nel periodo 2006-2017 i pazienti in età evolutiva (dai 6 ai 17 anni) sono stati 3.996, di cui l’88.5 per cento maschi e il restante 11.5 per cento femmine. Le regioni che presentano il maggior numero di pazienti sono il Veneto con 673, la Toscana con 381 e la Lombardia con 374, mentre la regione con il minor numero di casi diagnosticati è la Basilicata con 5. Nessuna emergenza quindi, ma un fenomeno da tenere in considerazione e da seguire attraverso diversi livelli: trattamento psicologici con il bambino, i genitori e la scuola e terapie farmacologiche.

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