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    Taglio dei parlamentari, De Falco a TPI : “M5S non tradisca il popolo e chieda conferma con referendum”

    Il senatore fuoriuscito dal Movimento Cinque Stelle Gregorio De Falco, commenta a TPI la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari che ha ottenuto il via libera definitivo del Parlamento.

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 9 Ott. 2019 alle 15:18 Aggiornato il 10 Ott. 2019 alle 11:46

    Taglio dei parlamentari, De Falco :”M5S chieda conferma con referendum”

    “Questa è una riforma retrograda che incide nn già sul numero dei parlamentari ma sul parlamentarismo. La nosrta democrazia è tale perché si basa un equilibrio tra i poteri. In questo modo si tenta e si riesce a denigrare il parlamento in quanto tale. E si tenta di farlo diventare una succursale dei partiti. Il Parlamento verrà occupato dai partiti, i quali non attuano l’articolo 49, modificano la composizione del parlamento e lo sottomettono.

    Quando i rappresentanti del popolo sono annichiliti in questo modo siamo alle porte di un regime di carattere autoritario, o comunque oligarchico”.

    Il senatore fuoriuscito dal Movimento Cinque Stelle Gregorio De Falco, commenta a TPI la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari che ha ottenuto il via libera definitivo del Parlamento.

    Con 553 voti a favore, l’8 ottobre 2019, in quarta lettura, la Camera dei deputati si esprime a favore della riduzione del numero dei parlamentari da 945 a 600.

    Stiamo andando in questa direzione?

    Sì, è evidente. La modalità non replicherà di quella dell’esperienza fascista. Ma è anche chiaro che nel momento in cui: non esiste democrazia all’interno dei partiti, i partiti decidono i nominati, i nominati non possono aprire un dialogo, un confronto, come l’esperienza che mi ha riguardato con i Cinque Stelle. Allora avremo 600 nominati.

    Questa diminuzione dei parlamentari avrebbe nelle loro intenzioni una motivazione economica, ma allora perché dare anche un senso politico? Si potrebbe dare un senso politico ammettendo che il dissenso possa trovare rappresentanza nelle aule. Quella sì è una riforma che andrebbe fatta. Cioè se io voglio esprimere il dissenso, oggi, questo dissenso non serve a niente. La scheda bianca deve trovare rappresentanza nel parlamento, lasciano i seggi – non le poltrone – vuoti. Allora questa riforma avrebbe un senso politico serio.

    Ma è chiaro che alla partitocrazia, come diceva Pannella, questa proposta non va bene.

    La democrazia diretta foraggiata dai Cinque Stelle come si inquadra in questa riforma?

    Vedremo. Cercheremo di proporre agli stessi parlamentari di interpellare il corpo elettorale attraverso un referendum confermativo. Vedremo se la loro democrazia diretta è una loro aspirazione sentita o se si è trattato – come purtroppo temo – di una copertura.

    Quello che adesso stiamo facendo con altri colleghi è raccogliere firme in Senato e alla Camera.

    Anche Italia Viva era di questo avviso. 

    Io sono stato raggiunto da un’iniziativa di Fondazione Einaudi alla quale ho aderito. Il mio intendo è quello di raccogliere le firme e di proporre ai colleghi Cinque Stelle di firmarlo. Sarebbe davvero singolare che se si sono rifugiati nel voto su Russeau ogni volta che c’è da affrontare una responsabilità, oggi che c’è da dire al popolo tutto, in modo istituzionale, se intende confermare questa scelta fatta così, non vogliono farlo.

    I Cinque Stelle dovrebbero chiedere al corpo elettorale la conferma di quanto è stato deciso. Quello è fondamentale perché altrimenti loro negano se stessi in radice.

    La conseguenza immediata è una possibile modifica delle legge elettorale.

    E’ un fatto tecnico. Non può funzionare. Questa attuale norma è incostituzionale perché blocca il sistema. E comunque non basterà la modifica delle legge elettorale. Anche i regolamenti parlamentari vanno cambiati. Se il Senato sarà composto da 200 senatori, anziché 315, le commissioni dovranno cambiare tutte. Non si possono pretendere che saranno 14 commissioni permanenti. Significa che non si vuole far fare bene il lavoro dei parlamentari.

    Il bicameralismo ha senso se le due camere non siano una l’esatta replica dell’altra. La Camera e il Senato si distinguono anche per il diverso corpo elettorale. Se ora allarghiamo il voto ai 16enni e lasciamo che a 18 anni si possa eleggere anche al Senato non si dà nessuna caratterizzazione rispetto al corpo elettorale e alla popolazione. Il Senato deve essere differente proprio per trovare una ragion d’essere. Io anzi, aumenterei l’età per esseri eletti al senato, perché è anche aumentata l’età media degli italiani.

    Gregorio De Falco: chi è il senatore espulso dal Movimento 5 stelle
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