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    Appalti pubblici: ecco l’emendamento al decreto Sblocca Cantieri che fa tremare il Governo

    Credit: Afp/Michele Spatari/NurPhoto
    Di Claudia D'Urso
    Pubblicato il 5 Giu. 2019 alle 09:15

    Sblocca cantieri emendamento – Il super emendamento che ha suscitato tanto clamore in queste ultime ore, concerne la sospensione per due anni del Codice dei Contratti Pubblici, di cui al d.lgs. n. 50/2016. Nel testo dell’emendamento si legge che nelle more della riforma complessiva del settore, fino al 31 dicembre 2020, nel rispetto dei principi e delle norme sovranazionali, in particolare delle direttive n. 23-24-25/2014/UE, non troveranno applicazione alcune norme contenute nel Codice.

    Il rischio di tale sospensione si riverbera sulla certezza giuridica e sull’omogeneità di prassi cui ciascuna stazione appaltante fa affidamento nell’applicazione delle regole che concernono il mercato dei contratti pubblici.

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    Il settore del public procurements rischia infatti un vero e proprio blocco dei cantieri, cagionando sia un pregiudizio all’effettivo rispetto dei principi di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, sia un’eventuale ritorsione in ambito europeo che di recente ha avviato una procedura d’infrazione proprio per il mancato rispetto della normativa sovranazionale attualmente cogente all’interno del nostro ordinamento. Rischio che lo stesso Raffaele Cantone (ANAC) ha messo in rilievo, annunciando che non è possibile procedere ad una sospensione del Codice in virtù del necessario rispetto delle direttive europee.

    Il nostro ordinamento giuridico è assoggettato al necessario rispetto del principio di primauté del diritto euro-unitario su quello nazionale, al fine di conformare e armonizzare le rispettive normative presenti in ciascun Stato membro dell’Unione europea: l’inadempimento a questo obbligo implica l’apertura di un procedimento d’infrazione da parte della Commissione europea contro lo Stato italiano.

    Il vicepremier Salvini non sembra aver alcun timore né alcun riguardo verso gli obblighi giuridici che concernono lo Stato italiano, che rischia l’irrogazione di una elevatissima sanzione pecuniaria a carico dei nostri conti pubblici se non pone fine agli inadempimenti contestati. Gli obblighi di recepimento e di conformazione della normativa sovranazionale su quella interna a ciascuno Stato membro devono essere sempre rispettati.

    È bene ribadire che le sanzioni pecuniarie ammontano ad un minimo di 8.916.000 euro per la somma forfetaria, e oscillano da 10.753,5 a 645.210 euro al giorno per la penalità di mora.

    In ogni caso, entro il 30 novembre 2020, il Governo presenterà una relazione sugli effetti della sospensione per gli anni 2019 e 2020, al fine di consentire al Parlamento di valutare l’opportunità del mantenimento o meno della sospensione stessa.

    Nel testo si legge infatti che tale sospensione dell’efficacia delle disposizioni al Codice è del tutto sperimentale. Le norme oggetto di sospensione sono le seguenti:

    a) L’art. 37 comma 4, circa gli obblighi di ciascun Comune non capoluogo di provincia di ricorrere alle centrali di committenza, a soggetti aggregatori qualificati, o alla stazione unica appaltante costituita presso le Province, le Città metropolitane, ovvero gli enti di vasta area ai sensi della l. n. 56/2014;

    b) L’art. 59, comma 1, quarto periodo, nella parte in cui resta vietato il ricorso all’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione di lavori;

    c) L’art. 77, comma 3, circa l’obbligo di scegliere i commissari tra gli esperti iscritti all’albo istituito presso l’ANAC, fermo restando l’obbligo di individuare i commissari secondo regole di competenza e trasparenza, preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante;

    d) L’art. 105, comma 2, terzo periodo, nella parte in cui dispone che il subappalto, fatto salvo quanto previsto dal comma 5, non possa superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture: in concreto, quindi, ciascuna impresa non avrà più il limite del 30 per cento potendo subappaltare al 100 per cento l’intero importo del contratto;

    e) L’art. 105, comma 6, nei limiti dell’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori in sede di offerta qualora gli appalti di lavori, servizi e forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all’art. 35.

    Sblocca cantieri emendamento –  Il divieto di subappaltare più del 30 per cento di un contratto pubblico, era stato ribadito nella procedura d’infrazione contestata allo Stato italiano: tale violazione si dimostra essere del tutto oggetto di una persistente recidiva.

    Il contenuto dell’emendamento ribadisce inoltre le modifiche all’art. 36 del d.lgs. n. 50/2016, così come preannunciate nelle recente legge di bilancio. Le stazioni appaltanti potranno procedere ad affidamenti diretti, senza indire alcuna gara pubblica, per gli importi inferiori a 40mila euro: per i lavori di importo pari o superiore a 40mila euro, ed inferiori a 150mila euro, potranno procedere ad affidamento diretto previa valutazione di tre preventivi, ove esistenti.

    Viene quindi mantenuta ferma l’intenzione della Lega di escludere l’obbligo di indire una pubblica gara per gli importi di lavori inferiori a 150 mila euro. Il rischio di infiltrazioni mafiose con il metodo degli affidamenti diretti, è del tutto elevato.

    La gara pubblica è indice di trasparenza, di legalità, di buon andamento e di imparzialità di ciascuna Amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost. La procedura negoziata sarebbe invece prevista soltanto per affidamenti di importo pari o superiore a 150mila euro e inferiore a 350mila euro, previa consultazione di almeno dieci operatori economici per i lavori, e, per i servizi e le forniture di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti. Si legge quindi una chiara e netta intenzione del legislatore di favorire gli affidamenti diretti.

    Ulteriori modifiche rilevanti per gli operatori del settore riguardano:

    1) La mancata applicazione dell’art. 95, comma 10-bis, secondo periodo, del d.lgs. n. 50/2016, nella parte in cui prevede il limite del 30% per il punteggio economico. Per gli appalti di lavori, forniture e servizi sotto-soglia la stazione appaltante potrà quindi stabilire il tetto massimo per il punteggio economico, in modo da evitare che tale elemento sia prevalente sugli altri da determinare, in concreto, l’applicazione del minor prezzo; per gli appalti di lavori, forniture e servizi sopra-soglia il limite sarebbe elevato così al 49 per cento.

    2) Il silenzio-assenso degli enti certificatori circa l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 , nel caso di decorso dei trenta giorni dalla data di richiesta dell’amministrazione procedente. All’art. 86 del d.lgs. n. 50/2016 verrebbe infatti aggiunto un ulteriore comma, con cui viene sancito che la durata dei certificati e degli altri documenti attestanti l’assenza dei motivi di esclusione per gli operatori economici partecipanti alla gara, anche in caso di avvalimento o di subappalto, è pari a 6 mesi dalla data di rilascio. Ad eccezione del DURC, la stazione appaltante può verificare l’assenza dei motivi di esclusione sui documenti acquisiti e scaduti da non oltre sessanta giorni agli enti certificatori: il decorso dei trenta giorni implica quindi l’insorgere di un provvedimento tacito che autorizza gli operatori economici a potersi aggiudicare la gara.

    3) Non costituisce causa di esclusione la mancata indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, qualora l’operatore economico li abbia considerati nel prezzo complessivo dell’offerta.

    In conclusione, l’emendamento che fa tremare il Governo si presenta con un elevato rischio di infiltrazioni mafiose all’interno dei contratti pubblici: gli affidamenti diretti fino a 150mila euro per il settore lavori, il silenzio-assenso degli enti certificatori per la conferma dell’assenza dei motivi di esclusione per gli operatori economici – la c.d. fedina penale delle imprese -, il mancato ricorso all’albo istituito presso l’ANAC per i commissari di gara, sono indice di un percorso di riforma volto all’illegalità.

    Se in politica molteplici voci si sono innalzate al fine di bloccare l’approvazione in sede parlamentare di tale emendamento, anche per gli operatori del settore il rischio di un vero e proprio blocco dei cantieri si appalesa all’orizzonte, per i continui e repentini cambiamenti che ostacolano la certezza giuridica della disciplina attualmente cogente e l’omogeneità di prassi di ciascuna stazione appaltante, oberata anche dal dover supportare la formazione dei propri funzionari con corsi di aggiornamento ad hoc.

    La sospensione dell’attuale Codice dei contratti pubblici porterà di nuovo in vita il previgente Codice, di cui al d.lgs. n. 163/2006? È difficile ad oggi prevedere la reviviscenza di norme ad oggi abrogate. Inoltre le direttive europee del 2014 n. 23/24/25 non possono essere oggetto di immediata applicazione, a meno che non contengano disposizioni self-executing.

    La normativa sovranazionale è stata infatti recepita nel d.lgs. n. 50/2016, che ad oggi rischia con questo emendamento una sospensione in via sperimentale per due anni, fino al 2020.

    È bene ribadire in questa sede l’elevata probabilità di incorrere nell’irrogazione delle sanzioni pecuniarie previste in caso di apertura della procedura d’infrazione, notificata lo scorso gennaio allo Stato italiano. Gli obblighi posti dall’Unione Europea non possono essere in alcuna maniera elusi al fine di avviare un lungo iter di riforme ad un settore ormai esasperato come quello dei contratti pubblici.

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