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    I tre forni della Lega di Salvini (di Luca Telese)

    Di Luca Telese
    Pubblicato il 27 Mag. 2019 alle 05:19 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 01:57

    Risultati Elezioni Europee Italia – Adesso, fatto unico nella storia politica italiana, Matteo Salvini ha ben tre forni dove cuocere il suo pane. I dati definitivi delle Elezioni Europee ci dicono che la Lega è arrivata al 34 per cento.

    Alla sua destra c’è un partito alleato naturale che è cresciuto fino al 6,5 per cento, Fratelli d’Italia, e alla sua sinistra un altro alleato che sta calando, Forza Italia (ma che è comunque arrivato all’8,7 per cento). L’intera destra unita arriva fino al 49 per cento: una cifra persino superiore ai voti raccolti dal Pdl nella sua performance migliore.

    Il che significa che Salvini può scegliere se continuare a governare con il M5s nel governo gialloverde. Oppure può fare una coalizione “Sassuolo” verde-nera con la Meloni. Oppure può scegliere di riunire il centrodestra nel colore azzurro tenendo dentro anche Berlusconi.

    Poi, nei dati di questa sera c’è uno sconfitto, che è Luigi Di Maio: lui da oggi – se non cambia linea – ha un forno solo, che è quello dell’attuale governo. Poi c’è un vincitore Nicola Zingaretti che recupera parte delle drammatiche emorragie del Pd alle politiche: però, dal punto di vista della manovra politica, il governatore del Lazio può festeggiare solo una vittoria di Pirro. Lui in questo momento non ha nessuna ipotesi di alleanza sul tavolo, nessun forno.

    La Lega dopo stasera è il primo partito d’Italia, ha anche una leadership europea, può vantare alleati internazionali che hanno avuto successo importanti: Gli euroscettici di Nigel Farage e i neofrontisti di Marine Lepen. Nei tre paesi più importanti d’Europa dopo la Germania, ha vinto il rifiuto dell’Europa a guida tedesca. E questo mi pare un clamoroso dato di scenario.

    Risultati Elezioni Europee Italia – L’altro dato che si conferma dai sondaggi è questo: i voti della maggioranza di governo, nel loro complesso, addirittura crescono rispetto alle politiche. Ma i rapporti di forza che avevano fatto nascere il governo Conte sono quasi esattamente rovesciati.

    Di Maio forse dovrebbe trarre da questo risultato una soluzione drastica, una mossa del cavallo: far saltare lui il tavolo di una alleanza che in questo momento lo sta spolpando. E Zingaretti dovrebbe forse proporre a livello nazionale quello che sta già facendo nel Lazio: ovvero un accordo di qualche tipo con Grillini.

    Ma l’impressione è che né il primo né il secondo in questo momento abbiamo l’intenzione o il coraggio di uno strappo di questo tipo. Di Maio in campagna elettorale ha provato ad andare verso sinistra, restando però alleato di Salvini. E questo lo ha messo in difficoltà, ha reso il suo voto arduo, proprio per coloro che voleva conquistare.

    Ha perso voti in direzione di Salvini, e ha trovato un muro dal lato del Pd, dove Zingaretti ha ripetuto – quasi senza muoversi -l’exploit delle primarie. Ma adesso entrambi i leader si devono interrogare sulla prospettiva: altrimenti Salvini, che somma i voti, il radicamento e le potenzialità politiche di cucinerà entrambi.

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