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    Il colmo per il M5S? J.J. Rousseau voterebbe No al referendum sul taglio dei parlamentari

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 1 Set. 2020 alle 09:35 Aggiornato il 1 Set. 2020 alle 09:54

    Il referendum sul taglio dei parlamentari voluto dal M5S va contro il pensiero di Rousseau

    Il 20 e 21 settembre gli italiani saranno chiamati alle urne per confermare o meno, attraverso lo strumento del referendum, la riforma sul taglio dei parlamentari (leggi qui cosa prevede) fortemente voluta dal M5S: una legge che paradossalmente va in direzione contraria al pensiero di Jean-Jacques Rousseau, totem dei pentastellati, i quali hanno battezzato la loro piattaforma web proprio con il nome del filosofo svizzero. Considerato da Gianroberto Casaleggio come “uno dei padri della democrazia diretta”, la figura di Rousseau è stata spesso messa in discussione da chi ritiene che, in realtà, le sue idee non fossero altro che le fondamenta per la costruzione di uno Stato totalitario. In questi giorni in cui il tema del rapporto tra esecutivo e cittadinanza è più che mai attuale proprio grazie al voto popolare sulla riforma sul taglio dei parlamentari, in molti si sono chiesti quale fosse il pensiero del filosofo riguardo al rapporto tra eletti ed elettori.

    La risposta è alquanto sorprendente dal momento che lo stesso Rousseau ha argomentato in maniera assai esplicita l’impossibilità di risolvere il problema del rapporto tra esecutivo, sovranità e cittadinanza attraverso un mero calcolo matematico. Il filosofo lo spiega nel primo capitolo del Libro III de Il Contratto Sociale o Princìpi del Diritto Politico, in cui vi è il seguente passaggio: “Nel governo risiedono le forze mediatrici i cui rapporti compongono quello del tutto col tutto, ossia del sovrano con lo Stato. Si può rappresentare quest’ultimo rapporto con quello degli estremi di una proporzione continua, il cui medio proporzionale è il governo”. “Se – scrive ancora Rousseau – volgendo in ridicolo questo sistema, si dicesse che, secondo me, per trovare questo medio proporzionale basta estrarre la radice quadrata dal numero dei componenti del popolo, ripondererei che prendo qui questo numero solo come esempio, che i rapporti di cui parlo non si misurano solo dal numero degli uomini […] che, del resto, se, per esprimermi con meno parole, mi valgo per un momento di termini geometrici, non ignoro tuttavia, che la precisione geometrica non ha luogo nella quantità morali”.

    Secondo Jean-Jacques Rousseau, dunque, i rapporti tra rappresentati e rappresentanti “non si misurano solo dal numero degli uomini” così come “la precisione geometrica non ha luogo nella quantità morali”. Questo significa sostanzialmente che non è riducendo il numero degli eletti, che si risolve il problema della sovranità e della rappresentanza degli elettori. Una tesi che di fatto contraddice quanto sostenuto dal M5S, che del taglio dei parlamentari ha fatto un cavallo di battaglia sin dalla sua nascita. Il Movimento 5 Stelle, infatti, si dice da sempre convinto che “diminuire il numero dei seggi incida sulla qualità della classe politica, perché rende la selezione dei candidati più rigida, portando nel cuore delle istituzioni solo chi davvero ha il coraggio e la ‘stoffa’ per lavorare con lungimiranza al bene del Paese, e non chi vuole solo scaldare una poltrona”.

    È pur vero che, secondo quanto sostenuto da Rousseau, la sovranità è popolare ed il popolo non può cederla ad un suo rappresentante e che la sovranità stessa è indivisibile, illimitata e inalienabile (Rousseau guarda infatti con sospetto al modello parlamentare rappresentativo, generalmente accettato dagli illuministi, poiché teme che i delegati sostituiscano la propria libertà a quella del popolo) ma Rousseau afferma anche che la volontà popolare si esprime nelle leggi, perciò il potere legislativo appartiene al popolo: crede infatti che solo la volontà generale possa indirizzare le forze dello Stato verso il bene comune.

    Tuttavia, qualora il Sì prevalesse al referendum, dando di fatto il via libera alla riforma, i parlamentari scenderebbero da 945 a 600, mentre cambierebbe il rapporto tra parlamentari eletti e abitanti, con l’Italia che diventerebbe uno dei Paesi con la peggior rappresentanza in Europa. Una modifica che paradossalmente va nel senso diametralmente opposto a quanto sostenuto nel Settecento da Rousseau, le cui idee sembrano, almeno in parte, essere più un manifesto a favore del No. Non un assist a coloro che hanno scelto di interpretare a modo loro le idee del filosofo ginevrino che poneva l’accento sulla forza del popolo come unico depositario della sovranità e non sulle futilità numeriche.

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