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    Pubblica amministrazione, FLP: “Con Zangrillo la PA ha avuto un cambio di passo, ora servono investimenti strutturali e valorizzazione delle competenze”

    Di Redazione TPI
    Pubblicato il 27 Ott. 2025 alle 11:23

    Lo stanziamento di circa 10 miliardi di euro per finanziare i rinnovi contrattuali del pubblico impiego ha segnato un passo in avanti atteso da tempo e fortemente voluto da diverse sigle sindacali per superare uno stallo che in questo settore persisteva da anni. L’aumento salariale non era però l’unico nodo da risolvere e nel corso dei confronti con il Governo molto altro c’è da fare. Digitalizzazione, smart working, detassazione e percorsi di carriera sono infatti all’ordine del giorno. Ne abbiamo parlato con Marco Carlomagno, segretario generale di FLP, la federazione dei lavoratori pubblici e delle pubbliche funzioni, tra i principali protagonisti del dialogo con il Governo durante tutto il percorso della precedente contrattazione collettiva e di questa appena iniziata.

    Zangrillo ha detto: “Ho presentato un ddl sul merito che introduce novità assolute. È una rivoluzione perché introduce un percorso di valutazione delle performance serio, individua un tetto alle eccellenze che è il 30% dei valutati e introduce un meccanismo di crescita delle persone” Lo ha detto il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo. Quanto è d’accordo con questa frase?
    Il DDL Zangrillo intercetta alcune corde a noi care: la FLP si batte da sempre per il merito e per riaprire i percorsi di carriera. Detto ciò, esprimiamo una netta contrarietà alla parte sulle performance che, per legge, predetermina le percentuali di “eccellenze” e le quote per le valutazioni massime, arrivando perfino a scandire come ripartire le risorse della contrattazione integrativa. Sarebbe un’ingerenza nelle prerogative negoziali, nel solco della stagione Brunetta del 2008, che ha impoverito il ruolo del contratto, imposto politiche dirigiste calate dall’alto, bloccato la contrattazione e compresso l’autonomia delle amministrazioni. Coerentemente con i rinnovi 2022-2024, dove siamo stati tra i protagonisti, e in vista del triennio 2025-2027 annunciato dal Ministro, chiediamo che alle parti sociali sia riconosciuto lo spazio che meritano, senza sottrarre competenze e centralità ai CCNL di comparto, che resta la sede per disciplinare questi temi.

    Inoltre, così com’è scritta, la riforma dei sistemi di valutazione risulta insieme invasiva e generica, rinviata a successivi regolamenti del Dipartimento della Funzione Pubblica, con il rischio di forzare in uno stampo unico realtà molto diverse per missione e processi: valutare un grande ente erogatore come INPS, Agenzia delle Entrate o Ministero della Giustizia non è la stessa cosa che valutare la Presidenza del Consiglio.

    Avevamo apprezzato l’idea – annunciata all’origine del DDL – di allargare la platea dei soggetti coinvolti nella valutazione, superando il dualismo valutatore/valutato, includendo sì soggetti esterni (come previsto), ma anche altri attori interni oltre ai soli dirigenti. Un circuito di valutazione “circolare”, anche dal basso verso l’alto, non si ritrova nel testo né nelle relazioni di accompagnamento e sarebbe invece essenziale per rendere il sistema più equo e utile.

    C’è qualcuno che resta penalizzato dal ddl merito così com’è?
    Sicuramente i funzionari che aspirano alla cosiddetta quarta area (quella delle Elevate Professionalità), istituita dal DL 80/2021 e regolata dal CCNL Funzioni Centrali 2019-2021. Oggi è, di fatto, un contenitore vuoto: in molte amministrazioni non è stata neppure istituita formalmente e, per renderla operativa, servono adeguamenti di organico, definizione dei contingenti e coperture di spesa.

    Parliamo di un’opportunità legata al merito che dovrebbe valorizzare il middle management anche nella PA. Oggi però è bloccata da sbarramenti normativi che privilegiano l’accesso dall’esterno, in contrasto con lo stesso spirito del DDL quando parla di accesso alla dirigenza come sviluppo di carriera interno.

    Inoltre, nell’accesso alla dirigenza, il DDL attribuisce un peso rilevantissimo alla relazione del dirigente sovraordinato per l’ammissione alla fase di prova. In un sistema di valutazione che lo stesso Ministro riconosce come opaco e poco trasparente – e che il DDL dichiara di voler riformare – questo rischio di asimmetria potrebbe penalizzare molti funzionari che non godono di quello “step comparativo”.

    Quali sono gli obiettivi che secondo voi deve raggiungere la manovra per essere considerata un passo in avanti?
    Abbiamo individuato almeno quattro settori su cui la manovra deve agire. Il primo è quello del fisco, su cui chiediamo una lotta vera all’evasione e all’elusione, oltre che di proseguire con decisione sulla strada della detassazione del salario di produttività, degli straordinari, della tredicesima mensilità e degli incrementi economici derivanti dai rinnovi contrattuali per il privato, ma anche per il lavoro pubblico.

    Il secondo punto riguarda le pensioni: siamo contrari al nuovo scatto automatico dell’età di pensione legato alle “aspettative di vita” di 3 mesi e in generale il combinato disposto tra la mancanza di una significativa flessibilità nelle uscite dal lavoro, la minore tutela del potere d’acquisto delle attuali pensioni e la vergogna del trattenimento indebito del TFS dei lavoratori pubblici costituisce una proposta per noi assolutamente inaccettabile.

    Terzo punto è quello della sanità, su cui chiediamo più risorse e un uso migliore di quelle esistenti, la valorizzazione dei professionisti socio-sanitari e il rafforzamento dell’offerta pubblica per ridurre il ricorso al privato.

    Infine sul lavoro pubblico, guardiamo con favore agli stanziamenti per i rinnovi 2025-2027, ma servono da subito una detassazione del salario accessorio, degli straordinari e della tredicesima, oltre che il superamento dei tetti ai Fondi della contrattazione integrativa cristallizzati al 2016, il rafforzamento di amministrazioni chiave e risorse dedicate per le riforme in corso (Agenzie fiscali e ADM), così da finanziare le nuove posizioni organizzative e di responsabilità e la prosecuzione della stagione assunzionale in tutte le amministrazioni, colpite da croniche carenze di organico.

    Cosa manca, secondo lei, alla PA italiana?
    Dopo anni di tagli lineari, vediamo finalmente un cambio di rotta. Non serve l’ennesima riforma-ombrello, servono azioni concrete e immediatamente praticabili. Da investimenti strutturali su organici, competenze, infrastrutture, tecnologie e formazione, a una maggiore semplicità nei rapporti con cittadini e imprese, sbloccando la contrattazione e snellendo l’azione amministrativa; dalla chiarezza fra livelli istituzionali, eliminando duplicazioni e sovrapposizioni, a una contrattazione integrativa pienamente effettiva e adeguatamente finanziata, superando tetti di spesa anacronistici fissati al 2016.

    Chiediamo anche una giusta valorizzazione delle competenze interne e il riconoscimento delle professionalità, una formazione mirata e continua, digitalizzazione e uso responsabile dell’IA. Ma soprattutto chiediamo nuovi modelli organizzativi, meno gerarchici e più orizzontali (attaverso l’uso del lavoro agile, da remoto o del coworking) per una conciliazione vita-lavoro, un maggiore benessere organizzativo, ma anche decongestionamento urbano, risparmio energetico e meno inquinamento.

    Cosa vi aspettate (e auspicate) con il prossimo CCNL?
    Sicuramente spingeremo per avere un rafforzamento del lavoro agile e da remoto e il coinvolgimento stabile di OO.SS. e RSU nell’organizzazione del lavoro e nella gestione del cambiamento (innovazione e IA). Auspichiamo anche il potenziamento degli istituti di conciliazione e del diritto alla formazione, che deve essere più flessibile, qualificante e leva di valorizzazione professionale e il miglioramento degli istituti su salute e sicurezza e delle tutele del personale. Infine, ci aspettiamo il perfezionamento dell’ordinamento professionale (classificazione, differenziali stipendiali, finanziamento delle posizioni organizzative).

    Parallelamente, sul piano legislativo, continueremo a chiedere misure fiscali e risorse coerenti (detassazioni, superamento dei vincoli ai fondi, piani assunzionali) per rendere davvero esigibili i risultati del contratto. Perché merito, qualità dei servizi e diritti del lavoro crescono insieme: non sono alternative, sono la stessa politica industriale della Pubblica Amministrazione.

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