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    Pnrr, il Cloud di Stato sarà targato Big Tech Usa. Alla faccia della sovranità digitale chiesta dall’Europa

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 25 Mar. 2022 alle 17:41 Aggiornato il 25 Mar. 2022 alle 17:42

    Dopo un iter durato mesi e segnato da qualche ritardo iniziale, la partita del Cloud di Stato – uno dei capitoli più importanti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – sta per concludersi. Lunedì scorso sono scaduti i termini per la presentazione delle offerte: formalmente si tratta di una gara pubblica, ma – come su TPI vi abbiamo già più volte raccontato – l’esito è scontato. La gestione dei dati della Pubblica Amministrazione italiana sarà affidata (per 13 anni) a un consorzio formato da Tim, Cassa Depositi e Prestiti, Leonardo e Sogei. E non solo questo a far discutere: dietro la facciata di questi player italiani si nascondono infatti le tecnologie made in Silicon Valley delle Big Tech americane. Uno schiaffo in faccia alla Commissione europea, che – su input di Germania e Francia – da mesi va predicando la necessità di puntare a una «sovranità digitale» europea con il progetto Gaia-X.

    Ma facciamo un passo indietro e chiariamo meglio di cosa stiamo parlando. Quando un anno fa, l’ex amministratore delegato di Vodafone Vittorio Colao fu nominato ministro della Transizione digitale, una delle principali missioni che gli fu affidata fu digitalizzare la arretratissima Pubblica Amministrazione italiana. Sostituire, cioè, tonnellate di antiquati faldoni di carta con archivi online. E mettere in comunicazione fra loro – in modo sicuro – quelle informazioni detenute da Comuni, Regioni e amministrazioni statali. Si chiama cloud computing e la Treccani lo definisce come una «tecnologia che permette di elaborare e archiviare dati in rete». Cloud in italiano significa nuvola, ma non stiamo parlando di un’entità astratta e inafferrabile. I file vengono comunque salvati fisicamente da qualche parte: nei data center, una vasta rete di server remoti ubicati in tutto il mondo e collegati tra loro. Ebbene, si stima che il 95 per cento dei circa 11mila data center italiani su cui si appoggia oggi la Pubblica Amministrazione siano poco efficienti e poco sicuri.

    Ecco allora la missione affidata a Colao: realizzare un Cloud di Stato altamente performante e allo stesso tempo impenetrabile per gli hacker e le spie (sia quelle dei governi stranieri sia quelle dei colossi dell’industria). Il progetto del ministro si chiama Polo Strategico Nazionale (Psn) e la gara per selezionare chi lo gestirà fino al 2035 – valore 900 milioni di euro – è all’ultimo giro. Il bando pubblicato il 28 gennaio è appena scaduto. Il gestore dovrà garantire la realizzazione dell’infrastruttura entro la fine di quest’anno e che al 30 giugno 2026 almeno 280 pubbliche amministrazioni siano migrate al cloud. Oltre ai 900 milioni per la realizzazione e gestione del Polo, il Pnrr stanzia un miliardo di euro per spingere la migrazione dei dati sulla nuvola.

    In corsa per la gestione del servizio ci sono due cordate: la prima formata da Tim, Cassa Depositi e Prestiti, Leonardo e Sogei; la seconda dal tandem Fastweb-Aruba. Non vi sono però molti dubbi sul fatto che la scelta del Governo cadrà sul consorzio guidato da Tim. Ci sono almeno tre importanti indizi in questo senso…
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