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    Siamo un Paese ignorante. E non ce ne vergogniamo, anzi ce ne vantiamo pure

    Credit: Getty Images
    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 20 Apr. 2019 alle 19:27 Aggiornato il 20 Apr. 2019 alle 19:41

    Siamo una società ignorante. E non ce ne vergogniamo. Anzi, ce ne vantiamo pure, come se la cultura fosse roba da signorotti, da élite, da professoroni. E invece siamo il Paese più ignorante d’Europa, dopo la Romania.

    Nella popolazione tra i 15 e i 64 anni solo il 16,5 per cento ha un titolo di istruzione terziaria contro una media UE del 28 per cento e di fronte al 39,6 per cento dell’Irlanda, oppure il 38,8 per cento del Regno Unito o il 36,8 per cento di Svizzera e Norvegia. Una disfatta. Una sconfitta internazionale per un Paese che sulle arti ha costruito la propria riconoscibilità mondiale.

    Anche se la Costituzione recita “i più capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”, gli atenei del sud hanno perso nell’ultimo anno quasi 200.000 iscritti (dico, avete idea di quante siano duecentomila persone in fila a rinunciare al proprio futuro?) mentre dal 2008 ad oggi le tasse universitarie sono aumentate del 18 per cento.

    Credit: La Stampa

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    Un Paese ignorante che vede l’istruzione come costo piuttosto che come investimento è un Paese morto, con un futuro ipotecato dalla faciloneria con cui i poco istruiti possono essere convinti, erosi dalla retorica, resi docili dalla propaganda.

    Tra il 2015 e il 2017 l’importo medio delle tasse universitarie è aumentato di 95 euro, da 1.080 a 1.175. La contribuzione media cresce più al nord ma la forbice si sta riducendo sempre di più.

    Eppure ogni studente che si laurea dovrebbe essere una ricchezza in più per un Paese che non voglia concorrere in Europa (e nel mondo) solo per il basso costo del lavoro. Si tratta di valorizzare i talenti: è, se ci pensate, la famosa meritocrazia su cui ci hanno scassato per anni convincendoci che fosse l’unica via percorribile per uscire dalla crisi.

    E invece niente. E invece per le università i problemi aumentano di anno in anno, tra rette e affitto. L’affitto, appunto. Tra i 400 ai 500 euro al mese per stare in stanze condivise che non hanno nemmeno la dignità di case e in più c’è la spesa per il materiale scolastico: nelle grandi città gli affitti salgono normalmente del 4 per cento e nessuno si preoccupa di questo rovinoso lento declino.

    Del resto una base elettorale istruita starebbe ben lontana dalle palle che negli ultimi mesi ci hanno propinato i diversi governi, convinti che ancora oggi nel 2019 valga quel diritto di delega che permette alla classe dirigente di agire deliberatamente senza nemmeno la preoccupazione del controllo.

    Siamo un Paese ignorante. E non ce ne vergogniamo. Odiamo anzi gli istruiti come se facessero parte di una parte di popolo che non ci appartiene e odiamo i professori che provano semplicemente a svelarci le bugie attraverso il ragionamento e i numeri.

    In Europa ridono del nostro grado medio di istruzione e noi ridiamo di loro. E sembra che vada bene così.

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