On. Pella, l’Italia è il primo Paese al mondo a riconoscere l’obesità come malattia, grazie alla legge recentemente approvata di cui Lei è il primo firmatario.
«È un motivo di grande soddisfazione. Indubbiamente a ognuno di noi fa piacere vedere una legge che porti il proprio nome ed è qualcosa che sicuramente ti gratifica. Però questa è una legge di tante persone che nel corso di questi anni hanno lavorato per far sì che questo sogno si trasformasse in realtà. È vero che è stata approvata la legge Pella, ma vince il tricolore e la maglia azzurra. Non ha vinto un singolo, ma ha vinto una squadra e questa è la cosa di cui vado più fiero».
Come nasce la legge Pella?
«Questa legge parte dal 2018 e si concretizza con una mozione, che poi si trasforma in un progetto fino ad arrivare in Aula. È una legge condivisa con i più importanti rettori dell’Università italiana, con il mondo scientifico, con quello dei pazienti e anche con persone con ruoli importanti come, ad esempio, Andrea Lenzi, professore di Endocrinologia all’Università La Sapienza di Roma e presidente della Biosicurezza di Palazzo Chigi. Io ho fatto quello che ogni deputato dovrebbe fare, ovvero raccogliere quelle che sono le proposte che arrivano dal basso e portarle in Parlamento e farle approvare».
Dopo l’approvazione ha dedicato la legge a Silvio Berlusconi.
«Io sono un berlusconiano del ’94. Ho iniziato a frequentare Forza Italia prima ancora che nascesse e se sono in Parlamento è anche merito suo. E quindi mi sembrava anche doveroso ringraziare, oltre a coloro che hanno contribuito alla legge come detto precedentemente, anche colui che per me è stato fondamentale nella mia vita politica. Silvio Berlusconi, oltre a fare la storia dal punto di vista industriale ma soprattutto politico, è sempre stata una persona visionaria, che metteva il prossimo al centro della vita politica. Lui ha capito prima di molti altri che l’obesità rappresentava un’emergenza. Quando feci questa mozione, mi disse che era una bella cosa perché pensava al domani. Lui aveva questa capacità di guardare al futuro e ha capito, prima di altri, quanto questi temi fossero prioritari per la vita delle persone, ma anche per la loro sostenibilità economica. Quando la proposta fu approvata in Parlamento, lui ne fu molto contento e quindi mi sono permesso di dedicargli questa legge».
L’obesità è spesso considerata una questione individuale: perché era importante darle un riconoscimento giuridico e sanitario?
«Anzitutto perché, come mi veniva chiesto ripetutamente dai pazienti e dal mondo medico, l’obesità non era riconosciuta come malattia. L’obesità comunemente è spesso associata ad abitudini alimentari sbagliate o a una scarsa attività fisica, ma, come tante altre malattie, deriva da una serie di fattori genetici che ti portano ad averla. È importante, poi, anche la lotta allo stigma perché non possiamo permettere che persone obese vengano insultate o sbeffeggiate. E ovviamente far sì che una persona affetta da obesità abbia un sostegno da parte del Servizio Sanitario Nazionale».
Cosa cambia con l’introduzione della legge?
«L’anno scorso abbiamo messo in manovra delle risorse che sicuramente sono minime ma hanno consentito a una legge di essere approvata. La cosa di cui sono contento è che il ministro della Salute Schillaci non solo ha voluto riconoscere questa legge come una legge condivisa, avendola lui stesso condivisa quando era rettore, ma ha detto chiaramente che lui farà sì che in questa manovra economica vi siano importanti risorse oltre a quelle che sono state inserite quest’anno e che prevedono la costituzione di un Osservatorio presso il ministero della Salute per lo studio dell’obesità e il suo monitoraggio, la formazione, l’informazione, la prevenzione e la cura. E per questo devo ringraziare anche il ministro dell’Economia, Giorgetti. Questa legge è come se fosse un quadro con una cornice poderosa ma dentro va ancora dipinto e dato colore».
I farmaci contro l’obesità sono molto costosi e vanno assunti per lunghi periodi. Come interverrà la legge in tal senso?
«Il ministero della Salute farà un decreto attuativo che dovrà stabilire priorità e fasce dei redditi coinvolte. L’obiettivo è quello di sostenere le persone che combattono l’obesità attraverso un aiuto concreto nell’acquisto dei medicinali. Dobbiamo aiutare anzitutto le persone che hanno fasce di reddito basso e che non possono permettersi determinati medicinali, così come avviene in tante realtà. Sono contento che la Conferenza Stato-Regioni ha recentemente approvato il piano di cronicità e inserito l’obesità all’interno della cronicità. Ora, il prossimo punto è quello relativo all’inserimento delle prestazioni nei Livelli Essenziali di Assistenza erogate dal Ssn».
La norma interviene anche sulla prevenzione, in particolare sui bambini. Quanto è importante avere un’informazione corretta su questo argomento?
«L’obesità infantile ha dei dati impressionanti: stiamo parlando di quasi uno su due e ha purtroppo una prospettiva di crescita, se guardiamo a Paesi come gli Stati Uniti d’America, ancora maggiore. È chiaro che oggi noi dobbiamo pensare a curare le persone di una certa età ma dobbiamo intervenire in maniera più forte e radicale su quelle che sono le nuove generazioni. Quindi, oltre al sostegno e l’aiuto alle persone obese di qualsiasi età, la legge dà subito il via alla prevenzione, a partire dai quarantenni ma per fare un lavoro enorme sui giovani. Per farlo dobbiamo coinvolgere gli attori protagonisti, ovvero i medici, i farmacisti e i sindaci attraverso eventi pubblici e ovviamente con la partecipazione delle scuole e delle società sportive».
Come verrà coinvolto anche il mondo dello sport dal momento che anche l’attività fisica è fondamentale per contrastare l’obesità?
«Io sono un uomo di sport e da vicepresidente dell’Anci (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani ndr.) ho fatto due progetti: “sport nei parchi” e l’altro è “bici in comune”. Nel primo caso si tratta di un progetto che prevede l’installazione di palestre a cielo aperto, nei nostri parchi. I sindaci devono far capire l’importanza dello sport attraverso la creazione di impiantistica sportiva e il sostegno alle associazioni sportive, che sono il volano e il cuore pulsante di questa Nazione perché sono basate esclusivamente sul volontariato. L’altro progetto, “bici in comune”, è volto a incentivare le persone all’utilizzo della bicicletta. Lo sport deve diventare centrale in quella che è la capacità di attirare attenzione diventando un altoparlante per parlare alle persone».
A suo avviso c’è una correlazione tra obesità e povertà?
«Sicuramente c’è un dato scientifico acclamato che pone una differenza molto forte tra cattiva alimentazione e aspettativa di vita. In alcuni quartieri di grandi città come Roma c’è un’aspettativa di vita che cambia di un anno e mezzo a seconda se la zona in cui sei nato è centrale o periferica. Ma anche tra un comune del Nord e un comune del Sud. Questo significa che l’informazione e l’educazione oggi è prioritaria».
Uno dei punti chiave della legge è il contrasto allo stigma verso le persone obese. Come pensa che si possa cambiare la mentalità della società su questo tema?
«In primo luogo bisogna far capire che l’obesità è una malattia, non deriva dalla non capacità di una persona di controllarsi o meno. Io ritengo che il legislatore debba intervenire nel far sì che lo stigma non avvenga minimamente. Una persona obesa soffre già dal punto di vista fisico, farla soffrire anche dal punto di vista mentale è un vergogna. La lotta allo stigma per me è prioritaria».
Sui social o in tv spesso vengono proposti modelli sbagliati in materia di alimentazione. Come si contrasta questo fenomeno?
«Tutti i fenomeni vanno contrastati con la tenacia e la determinazione di perseguire un obiettivo che non può guardare all’oggi ma al domani. Bisogna mettere in campo una strategia che abbia la forza di interagire con tanti livelli istituzionali quindi coinvolgendo anche il mondo mediatico, legato alla comunicazione e ai social, per far capire e comprendere che bisogna lanciare dei messaggi importanti. Poi è chiaro che ogni azienda lavora in funzione di quello che è il suo prodotto. Pur in un mercato libero, però, vanno messi dei limiti. Noi dobbiamo dare l’informazione più corretta e accessibile di quelli che sono i rischi di una cattiva alimentazione. In questo momento, però, c’è una scarsa informazione e una non conoscenza sull’argomento. Come detto in precedenza dal punto di vista mediatico i sindaci devono coinvolgere le scuole e le associazioni sportive. E poi sono fondamentali anche i medici e i pazienti, che possono raccontare che cos’è l’obesità. Per me deve essere un grande gioco di squadra, ognuno di noi è importante, ognuno di noi deve dare il proprio contributo e aggiungere un tassello».
Cosa deve essere fatto per il futuro e quale sarà l’impatto di questa legge nei prossimi anni?
«Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), l’impatto economico globale del sovrappeso e dell’obesità raggiungerà i 4.320 miliardi di dollari all’anno entro il 2035: questo ci fa capire che in futuro l’obesità sarà la malattia che, in assoluto, colpirà tantissime persone e devasterà i bilanci statali. Attraverso la campagna di prevenzione, possiamo contrastare l’obesità, le persone saranno più felici e molte risorse potranno essere investite per lo sport, la cultura, le infrastrutture e tante altre cose. Il mio modello è De Gasperi, che non pensava all’oggi ma al domani. Sull’obesità dobbiamo ragionare con quella prospettiva pensando ai nostri figli e nipoti. È un impegno continuo che dovrà essere fatto per decenni per arrivare a stravolgere completamente quello che oggi è invece un tema centrale».