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    Assemblea Pd, Martina è il nuovo segretario. L’intervento di Renzi contestato e applaudito

    L'ex premier Matteo Renzi sfida la minoranza: "Perderete ancora". Prossime tappe il congresso e le primarie prima del voto per le Europee

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 7 Lug. 2018 alle 17:29 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:13

    Il nuovo segretario del Partito democratico si chiama Maurizio Martina. Non è una sorpresa, a Martina ci eravamo già abituati nei mesi successivi alla sconfitta elettorale del Pd il 4 marzo 2018, quando l’ex ministro all’Agricoltura ha assunto il ruolo di segretario reggente.

    Tuttavia, anche nell’Assemblea nazionale del Pd che si è tenuta oggi, 7 luglio, all’hotel Ergife di Roma il grande protagonista è stato l’ex premier Matteo Renzi, il cui discorso è stato sia applaudito sia contestato dall’uditorio (qui la diretta di TPI.it dall’Assemblea del Pd).

    Renzi ha risposto polemico alle contestazioni dell’area di Emiliano e di Orlando: “Smettiamola di considerare nemici quelli accanto a noi”, ha detto. “Ci rivedremo al congresso, riperderete il congresso e il giorno dopo tornerete ad attaccare chi ha vinto. Adoro stare sui contenuti e ragionare, per chi è in grado di ragionare mica per tutti”.

    L’ex premier è stato interrotto soprattutto quando ha citato Blair e si è riferito alle dimissioni di Marino.

    Più pacato l’intervento di Martina, che guarda al futuro e chiede una “rivoluzione dell’ascolto”.

    Alla fine, intorno alle 16, l’Assemblea Pd ha approvato un documento finale e trovato l’intesa: oltre a Martina segretario, i punti concordati sono il congresso prima delle Europee del 2019 e le primarie.

    Nonostante le tensioni, quindi, nessuno strappo ufficiale tra le varie anime del partito, tant’è che il documento conclusivo è stato approvato  a larghissima maggioranza, con appena due voti contrari e 14 astenuti, facenti capo al governatore della Puglia Michele Emiliano.

    I punti di divergenza

    Uno dei temi che continuano a rimanere al centro delle divisioni è la visione del Movimento Cinque Stelle, che Matteo Renzi definisce “la vecchia destra” e che per altre correnti può diventare un alleato contro Salvini.

    “Noi ci siamo alleati con i monarchici per cacciare i fascisti”, sostiene l’ex ministro alla Giustizia Andrea Orlando.

    “Non regaliamo ai grillini la sfida del reddito di base”, dice invece Martina, che aggiunge: “noi siamo fondamentali per costruire l’alternativa ma non basteremo a noi stessi”.

    Un altro nodo è quello che riguarda le ragioni della sconfitta elettorale del 4 marzo. Matteo Renzi dal palco ha elencato 10 fattori che secondo lui hanno concorso all’esito elettorale negativo, di cui sottolinea di volersi assumere la responsabilità.

    Tra queste: “Sembravamo establishment, anzi lo eravamo”, ha detto Renzi. “Abbiamo perso perché continuavamo a litigare. Io non ho rinnovato abbastanza, soprattutto al sud. Non abbiamo più dettato l’agenda, ad esempio lo ius soli, dovevamo decidere e basta”.

    Renzi ha parlato anche di vitalizi, voucher. “Noi sul sociale abbiamo fatto molto e raccontato poco”, ha detto parlando delle misure contro la povertà e per le periferie.

    Ha aggiunto lo stop sui vitalizi al Senato, l’insistenza sulla legge elettorale per puntare sulla coalizione, le accuse sulla buona scuola e sul jobs act, ma anche le divisioni interne, e l’attacco alla leadership.

    “Mi sarei aspettato una maggiore solidarietà dalla classe dirigente” nel momento in cui è arrivata un’ondata social “contro la mia famiglia”, ha detto.

    In altre parole, Renzi ha accusato il suo partito di aver fatto “la guerra al Matteo sbagliato”.

    “Quando hai il tuo governo e dici che nulla va bene devi votare M5s non Pd. Basta alle risse da cortile, la riscossa partirà se finiremo di prendercela con chi lavora affianco a noi”.

    Dura la replica di Orlando: “Non è possibile limitarsi al brusio delle minoranze interne, alle colpe di Leu o al mancato carisma di Gentiloni”, la sua reazione.

    “Hai fatto un elenco delle ragioni della sconfitta”, dice invece Gianni Cuperlo a Renzi, “io ho messo in fila i fatti, attribuendo i nomi: Leu, Ezio Mauro, i social. Ma qualche errore lo avremo fatto anche noi in questa campagna elettorale o no?”

    Martina interviene per mediare: “Il partito è una grande orchestra. Elaboreremo idee, persone, strumenti nuovi. Serve una riorganizzazione di tutto, sarà un percorso lungo, scriviamo tutti insieme una pagina nuova”.

    Le prossime tappe

    Al momento sembra che il partito punti di fatto a prendere tempo, come ha denunciato nel suo intervento Roberto Giachetti che contesta:  “Commettete un errore, non si può lasciare appeso il partito per un anno”.

    Si è concordato di svolgere un congresso prima delle Europee (che si terranno a maggio 2019). Le primarie dovrebbero tenersi il 24 febbraio 2019.

    L’unica candidatura ufficializzata finora per la guida del partito è quella di Nicola Zingaretti, governatore del Lazio, che sulla soglia dell’Ergife conferma a vari microfoni, tra cui anche quello di TPI.it: “Sarò in campo” e critica Renzi (“non si predispone mai all’ascolto degli altri e delle loro ragioni, un grandissimo limite per un leader”).

    A sostenerlo ci sono Orlando, Gentiloni e Zanda, ma è ancora incerta la posizione dei renziani.

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