Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Politica
  • Home » Politica

    Giorgia Meloni non rinuncia alla fiamma tricolore: “Ne andiamo fieri, non ha a che fare con il fascismo”

    Di Antonio Scali
    Pubblicato il 14 Ago. 2022 alle 09:24

    Fratelli d’Italia ha presentato al Viminale il proprio simbolo in vista del voto del 25 settembre, confermando la presenza della fiamma tricolore che tanto aveva fatto discutere nei giorni scorsi. In molti, a cominciare dalla senatrice a vita Liliana Segre, avevano chiesto un segno di discontinuità con il passato, togliendo la fiamma dal simbolo. La leader di FdI, in un colloquio con il Corriere della Sera, spiega: “Con rispetto e stima per la senatrice Segre: la fiamma nel simbolo di FdI nulla ha a che fare con il fascismo, ma è il riconoscimento del percorso fatto da una destra democratica nella nostra storia repubblicana. Ne andiamo fieri”.

    Uno dei temi chiave di questa campagna elettorale, e soprattutto un obiettivo del centrodestra qualora dovesse vincere nettamente le prossime elezioni è il presidenzialismo. Una robusta riforma della nostra Costituzione, per la quale servirà avere ampi numeri in Parlamento: “FdI si batterà per il presidenzialismo, il Pd lo considera un pericolo per la democrazia. E gli italiani sceglieranno”.

    Nei giorni scorsi c’erano state forti polemiche per le parole di Silvio Berlusconi, il quale aveva ipotizzato le dimissioni di Sergio Mattarella qualora la riforma dovesse concretizzarsi. “È stata fatta una gran polemica sul nulla. Non c’è nessuna dichiarazione di ostilità nei confronti di Mattarella. Il dubbio su cosa possa accadere dopo l’approvazione di una riforma ci può stare, ma noi pensiamo che la cosa più naturale e logica sia che una riforma di questa portata, che cambia l’assetto dei poteri, entri in vigore non a governo in carica, ma nella legislatura successiva. Esattamente come è avvenuto con la riduzione del numero dei parlamentari”, spiega a tal proposito Meloni.

    Un sistema semi-presidenziale alla francese, dunque, che, sottolinea la leader di FdI, “Letta dovrebbe apprezzare peraltro, da amico ed estimatore della Francia…”. E aggiunge: “Nel 2013, quando al governo c’era Letta, praticamente tutto il Pd convergeva sulla proposta: da Veltroni, a Zanda a Finocchiaro a Prodi, a Bersani, perfino a Speranza! E oggi Renzi, non un esponente della destra, è favorevole”.

    L’idea di Meloni è di attuare riforme il più possibile condivise, se necessario anche attraverso una Bicamerale. “Se il Pd ne fa oggi un referendum, da una parte i buoni che vogliono tenere il sistema com’è e dall’altra i cattivi che vogliono il presidenzialismo, allora vedremo cosa scelgono gli elettori. Perché è la volontà popolare che conta”.

    “Abbiamo avuto in 20 anni 11 premier diversi, in Francia 4, 5 nel Regno Unito, 3 in Germania. Significa che all’estero si trovano di fronte interlocutori che dopo un anno magari sono già cambiati, è una grande debolezza. Come lo è per un governo, con prospettive di durata così brevi, non poter programmare nel lungo periodo, e infatti la nostra crescita è molto più bassa degli altri”, aggiunge Meloni al Corriere.

    Infine un’ultima stoccata al Pd, il partito che, stando ai sondaggi, si contenderà con FdI la leadership del Paese: “Il Pd in Italia è diventato un partito-sistema, che governa da 11 anni senza aver vinto le elezioni, al centro di ogni alchimia. Credo sia per questo che sono contro il presidenzialismo: perché per governare a quel punto dovranno vincere. Noi siamo pronti alla sfida. Loro?”.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version