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    Fedriga a TPI: “Mio figlio l’ho vaccinato. Chi dice che non serve si sbaglia”

    Credit: Agf

    "Il dualismo tra me e Matteo inventato dai giornali. Siamo ancora un partito leninista: si discute tanto, poi si marcia compatti. Sarebbe un errore accettare il proporzionale. Io leghista dall'età di 12 anni, già da bambino ero fan di Bossi. Musica? Impazzisco per Mahmood e Blanco".

    Di Luca Telese
    Pubblicato il 17 Feb. 2022 alle 14:25 Aggiornato il 17 Feb. 2022 alle 21:11

    Presidente Fedriga, lei è l’uomo del momento.
    (Ride). Davvero? Io però non me ne sono accorto.

    Tutti parlano di lei come futuro leader della Lega.
    “Tutti” chi?

    Decine di retroscena, su tutti i giornali. Li ha letti, non faccia finta di nulla.
    Lei sa perché si scrivono questi articoli. Vero?

    Perché nella Lega se ne parla?
    Noooh! Perché si pensa che la cosa disturbi Salvini. Quindi capisco che torni utile. Ma non esiste.

    Quindi Fedriga non diventa segretario?
    (Sorriso). Le basta una risposta al volo? È fantascienza.

    E se gliene chiedo una più articolata?
    Lo può scrivere chi non conosce la Lega e non sa come funziona da noi.

    Funziona come ovunque.
    Io voglio ricandidarmi in Friuli Venezia Giulia.

    Dovrei crederle? Meglio governatore che leader?
    Certo. Mi piace portare a termine tutti i progetti a cui sto lavorando.

    È scontato.
    No. È la soddisfazione più grande per chi ama la politica, mi creda.

    Molto convincente. Ma la Lega funziona come tutti i partiti: dopo un leader se ne fa un altro.
    (Risata). Magari fra trenta anni. Quando Matteo si stanca.

    Non esistono “i fedrighi” cospiratori che preoccupano il Salvini di Crozza?
    (Ride). In mille mi hanno mandato questo video. Conosco un solo “fedrigo”. Me stesso. E non cospiro.

    Lei è giovane, ha notorietà nazionale, l’esperienza giusta in Parlamento e sul territorio.
    Le dico un’altra cosa, ed è libero di non crederci.

    Certo.
    Io non so come faccia Matteo a fare quello che fa.

    In che senso?
    È un carro armato. Prende una linea, la comunica, la difende, fa i selfie, le dirette Facebook di notte, gira come una trottola di giorno, ha sempre uno slogan.

    Lei no?
    Io uso i social solo a livello istituzionale e se devo fare un tweet personale ci penso!

    Proprio questo piace.
    Mi ricordo di quando la Lega era ai minimi termini e Matteo partì per le amministrative in Emilia Romagna, paese per paese. Eravamo spacciati, portó la Lega al 6% alle europee.

    Non le piace fare campagna elettorale?
    (Ride). Io sono uno che si emoziona perché dopo mezzo secolo sono riuscito a finanziare un ponte che nessuno voleva fare.

    Ci sono dei momenti, in politica, in cui servono i carri armato. E altri in cui servono i costruttori di ponti.
    (Altro sorriso). Serve di certo un costruttore di ponti, di terapie intensive, di progetti industriali. Ma nella mia regione, mi creda.

    Salvini la scelse come capogruppo alla Camera, anche se lei non l’aveva votato.
    La mia storia nella Lega, comincia a 12 anni. Se ha tempo la racconto.

    Certo. Ma prima la Pandemia. Lei è un convinto sostenitore della campagna vaccinale.
    Certo. È la logica che lo dimostra: un anno fa avevano occupate il doppio delle terapie intensive rispetto a quest’anno, un effetto della campagna. Per molti malati la differenza tra la vita e la morte.

    Lei prese posizione sul Green pass con una clamorosa intervista a Il Corriere.
    Ho solo detto quello che era utile fare nell’interesse dei cittadini.

    Disse che era giusto vaccinare.
    Non c’è dubbio, ce lo dicono i dati.

    Quali?
    Gliene cito uno solo, illuminante. Nella mia regione, durante il picco pandemico, il 15% di non vaccinati occupava, da solo, l’80% delle terapie intensive. Ma immagini le proporzioni tra le due categorie, vaccinati e non.

    Quindi il vaccino ci ha protetto dal Covid?
    Lo dicono tutti gli indicatori che consulto ogni giorno, i dati della sanità pubblica.

    I no vax contestano queste cifre.
    Negano la realtà. In Friuli Venezia Giulia, come nel resto d’Italia, la quarta ondata è stata contenuta solo grazie alla vaccinazione di massa.

    Perché?
    L’anno scorso rispetto a questo ultimo, è stato un incubo.

    E nel 2020?
    Eravamo al buio.

    Ovvero?
    Non sapevano nulla delle cure, non avevano il vaccino, e conoscevano poco o pochissimo sulla dinamica di trasmissione.

    Lei fu uno dei primi a chiudere le scuole. Perché?
    Fu una intuizione dettata dal principio di precauzione.

    Quale?
    Molti comuni della mia regione sono più vicini a Vo’ Euganeo di tanti comuni veneti. Avevo il nemico alle porte.

    E come scelse?
    Ascoltai i pareri dei medici. Poi dei politici, che erano quasi tutti contrari, e poi pensai: “Come padre oggi manderei i miei figli a scuola?”.

    E si rispose “No”.
    Infatti chiusi.

    E cosa accadde?
    Nessuno capiva. Fui sommerso dalle proteste. E i contagi la prima settimana non aumentarono. Nella seconda salirono di sole 4 unità!

    E poi?
    Poi iniziarono – crescere, nel mondo che sappiamo, e capii che quella impopolarità temporanea era un prezzo da pagare.

    Cosa produsse quella linea?
    Nella prima ondata del 2020 abbiamo contenuto la pandemia . È la seconda ondata che ci ha fatto davvero male.

    E i suoi figli?
    Ho fatto vaccinare il più grande. Il piccolo ha meno di 5 anni

    Non crede a tutti gli allarmi?
    Quali? In regione casi avversi drammatici su bambini non ne abbiamo avuti.

    Nessun timore?
    È giusto consultarsi con il pediatra, ma in condizioni normali il vaccino è utile sia bambino che alla collettività. E poi…

    Cosa?
    È sbagliato dire che non serva ai ragazzi. Uno dei miei figli è asmatico, proteggersi da una malattia come il Covid ha fatto bene, in primo luogo a lui.

    Nella sua regione lei ha registrato le proteste più dure, persino minacce che l’hanno portata a finire scorta.
    Una parte di popolazione è irriducibilmente No vax. Ma gli altri cittadini hanno aderito con spirito civile e di comunità.

    I famosi portuali a Trieste…
    La stragrande maggioranza dei portuali se ne sono andati dalla piazza dopo 24 ore. Gli altri, e chi era con loro, hanno creato un focolaio pandemico importate. C’erano molte persone da fuori regione.

    Dissero di essersi contagiati per colpa degli idranti usati dalla polizia.
    (Sospiro). Ma si figuri.

    Lei questa estate ha sostenuto questa linea ma nella Lega c’era chi organizzava manifestazioni no Green pass.
    Ho spiegato il perché della mia scelta, da amministratore, e nessuno mi ha contestato.

    Ma la sua linea era diversa da quella di Salvini.
    Io sono un amministratore pubblico, e ho un responsabilità diretta sulla salute pubblica a cui rispondo, in primo luogo, ai miei elettori. È un principio che vale per ogni leghista.

    Ha litigato con il segretario ma non me lo dice?
    No, Matteo non mi ha mai contestato queste mie scelte.

    Lei difende anche il Green Pass.
    Certo. E l’ho ripetuto in cento programmi. Un anno prima era tutto chiuso. Tante attività economiche eravamo in rovina, la mobilità bloccata. Il Green Pass ha consentito, a noi presidenti, di tenere tutto aperto. Era un prezzo da pagare.

    Vado ad intervistare Massimiliano Fedriga a Trieste partendo da Roma. Un’odissea: i pochi voli (sia Ita che i concorrenti) pieni: sia su Trieste che su Venezia sia il giorno prima che il giorno dopo. Unica possibilità: sette ore di treno all’andata, e otto al ritorno (in cuccetta). Parto con 20 gradi e il sole, sbarco con sei e la pioggia. Arrivo: Fedriga mi racconta un aneddoto illuminante sul mercato in Italia.

    Possibile che Ita abbia tagliato i voli giornalieri anche su Venezia?
    Purtroppo sì. Nel 2020, eravamo rimasti completamente isolati. Poi erano ripresi i voli da Trieste, solo due al giorno.

    E allora?
    Preparai un piano straordinario, cercammo una compagnia disposta a coprire cinque voli al giorno tra Trieste e le grandi città italiane.

    Immagino che costasse una follia e/o non ci fosse una compagnia disponibile.
    Invece trovammo tutto: la compagnia, i vettori, un equilibrio di costo, gli slot.

    Ma non si fece.
    (Sospiro). No.

    Come è possibile?
    La compagnia che avevano individuato, era partner di Alitalia in altri scali.

    E allora?
    All’ultimo momento non se la sentirono di fare uno strappo: rinunciarono.

    Pazzesco.
    Spesso, in Italia, il mercato funziona così…
    Continua a leggere l’articolo sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui

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