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    Quando il M5s diceva di Salvini: “Ladro, fa più schifo di Renzi e Berlusconi messi insieme”

    In vista di un possibile accordo di governo, gli esponenti del M5s sono molto moderati nei loro giudizi su Salvini. Fino a pochi mesi fa però le cose stavano molto diversamente

    Di Luca Serafini
    Pubblicato il 22 Mar. 2018 alle 17:35 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:27

    Venerdì 23 marzo 2018 si terrà la prima seduta del nuovo parlamento, in cui verranno eletti i presidenti di Camera e Senato. In queste ore, si rincorrono voci e dichiarazioni ufficiali che danno sempre più probabile un accordo tra centrodestra e Movimento Cinque Stelle per la seconda e terza carica dello stato.

    A spingere per un’intesa coi grillini è stato, fin da subito, Matteo Salvini, che ha convinto i suoi alleati ad assecondare la richiesta del Movimento di avere un proprio esponente sullo scranno più alto di Montecitorio.

    In una nota diffusa al termine del vertice di mercoledì 21 marzo a palazzo Grazioli, residenza romana di Berlusconi, si legge: “Il centrodestra propone ai capigruppi parlamentari un comune percorso istituzionale che consenta alla coalizione vincente (il centrodestra) di esprimere il presidente del Senato e al primo gruppo parlamentare M5s il presidente della Camera”.

    Ma l’asse tra centrodestra e M5s potrebbe allargarsi. Al momento è sempre più probabile l’ipotesi di un governo “sovranista” tra pentastellati e Lega, al quale non è escluso che possa prendere parte anche Forza Italia.

    Proprio per questo motivo, negli ultimi giorni si sono decisamente ammorbiditi i toni con cui i leader dei vari partiti si rivolgono a quelli che, in teoria e fino alla stipula ufficiale di un accordo, rimangono i loro avversari.

    Persino Berlusconi, che aveva pesantemente apostrofato Di Maio in campagna elettorale, ora parla di lui come un “profilo interessante”, un leader con qualità da non sottovalutare.

    In particolare, è proprio tra Lega e Movimento Cinque Stelle che la necessità di trovare un’intesa ha prodotto un miracoloso cambio di linguaggio.

    Ora i pentastellati rispettano Salvini, e Salvini rispetta loro, ma le cose non sono sempre andate così.

    Gli insulti di Grillo a Salvini a ottobre 2017

    Beppe Grillo non si è mai distinto per i suoi toni pacati. I suoi insulti hanno colpito, nel corso del tempo, politici di tutti gli schieramenti. Il “Vaffa”, del resto, per un lungo periodo era stato assurto dal fondatore del Movimento Cinque Stelle a mantra che condensava in cinque lettere un’intera filosofia politica, meritevole addirittura di un giorno (il “Vaffa-day”) specificamente dedicato.

    Non stupisce quindi che anche Salvini sia stato oggetto degli strali di Grillo. Se oggi il leader della Lega, per i pentastellati, è un interlocutore da ascoltare nell’ottica di formare un governo, solo nell’ottobre del 2017, non più di cinque mesi fa, Grillo lo definiva sul suo blog “un traditore” che “fa più schifo di Renzi e Berlusconi messi insieme”.

    Nel suo post, intitolato “Matteo Salvini, il grande bluff”, Grillo scriveva: “”Matteo Salvini ha gettato definitivamente la maschera. È uno di loro. E questo è il post definitivo che conferma tutta la sua incoerenza. Matteo Salvini è un traditore politico. Leggi tutto ciò che ha fatto e fallo leggere ai tuoi amici. È vergognoso”.

    “La sua Lega Nord dopo gli scandali degli investimenti in Tanzania e dei diamanti comprati da Belsito con i soldi pubblici era arrivata al 3%. Per risollevarsi Salvini in questi mesi ha fatto un lavoro sporco: ha copiato e si è appropriato dei temi e di gran parte del programma politico-elettorale del MoVimento 5 Stelle ed ha iniziato una finta campagna elettorale contro il sistema dei partiti. Ma è tutto un bluff”.

    “Davano del mafioso e del piduista a Berlusconi e ora sono fedeli alleati nelle Regioni e nei Comuni. Volevano bruciare il tricolore e sono alleati della nazionalista Meloni. Urlavano ‘Roma ladrona’ e oltre a non tagliarsi mai lo stipendio si sono intascati 180 milioni di euro di finanziamento pubblico ai partiti (di cui 48 milioni utilizzati in maniera illecita)”.

    “Urlano ‘basta tasse’ e le hanno alzate quando sono stati al governo. Gridano ‘onestà’ e mettono i condannati nelle loro liste. Gridano ‘basta immigrati’ e hanno firmato il regolamento di Dublino. Gridano ‘basta campi nomadi’ e quando erano al governo hanno finanziato i campi rom di Mafia Capitale con decine di milioni di euro dati alla Giunta Alemanno”

    “Ora Salvini ha gettato definitivamente la maschera. Si è alleato con Berlusconi, Renzi, Alfano, Verdini, Casini vendendosi completamente proprio a quel sistema che per anni ha fatto finto di contrastare, ingannando i cittadini. La conclusione è che Salvini fa piu schifo di Renzi e Berlusconi messi insieme”.

    Gli insulti di Grillo a Salvini negli anni passati

    Il campionario degli insulti di Grillo a Salvini è comunque, come si può immaginare, assai ampio. Andando a ritroso sul blog del comico, si trovano post in cui Salvini è definito a vario titolo “ladro”, “razzista”, “sparaballe”, “impresentabile”, addirittura “puzzone”.

    “Meridionali si nasce, razzisti si diventa. Salvini con il suo stipendio da deputato rappresenta anche loro. La pecunia dei terun non olet, Salvini invece sì”, è la frase con cui Grillo sentenzia sul cattivo odore del leader leghista in un post del 2015.

    Non mancavano, sul blog, anche fotomontaggi in cui Salvini è raffigurato, ad esempio, con orecchie d’asino.

    Quando Di Maio diceva: “Mai con Salvini”

    Non più tardi di qualche mese fa, anche l’attuale capo politico del M5s, Luigi Di Maio, escludeva categoricamente un’alleanza con la Lega, usando argomenti di questo tenore: “Se Salvini cerca di rifarsi una verginità politica, ammiccando ancora a un’alleanza con noi sbaglia di grosso. Ripeto per l’ennesima volta: il M5s non fa alleanze con i partiti che hanno disintegrato il nostro Paese”.

    La linea-Grillo, insomma, nella sostanza era condivisa da tutto il Movimento.

    I programmi di Lega e M5s

    Ora però, mutate le circostanze, un’alleanza tra questi due partiti è assai probabile. Su TPI abbiano analizzato i programmi di Lega e M5s per capire su quali proposte potrebbero convergere una volta al governo e su quali punti invece le differenze sono difficilmente conciliabili.

    Ecco alcuni esempi:

    Immigrazione

    Sebbene i programmi dei due partiti non siano certo identici su questo tema, è indubbio che sull’immigrazione i punti di contatto tra pentastellati e leghisti ci siano.

    Le proposte del Movimento Cinque Stelle in questo ambito sono principalmente due: migliorare la cooperazione internazionale finalizzata alla stipula di trattati per i rimpatri, e 10.000 nuove assunzioni nelle commissioni territoriali per valutare, in un mese, come negli altri paesi europei, se un migrante ha diritto a stare in Italia o no.

    Ci sono quindi delle sicure convergenze con la Lega perlomeno sul fronte dei rimpatri. Il Carroccio propone misure più radicali come l’introduzione di una nuova legge che punisca l’immigrazione irregolare.

    Matteo Salvini, a poche settimane dal voto, ha anche definito l’Islam “incompatibile con la Costituzione italiana”.  “L’Islam costituisce un rischio evidente – aveva detto Salvini – perché vuole far prevalere una legge religiosa sulla legge nazionale. Non voglio certo fare la fine del Regno Unito, in cui i tribunali inglesi sono stati sostituiti da quelli islamici”.

    Le posizioni tendenzialmente più moderate dei Cinque Stelle e quelle più radicali della Lega su questo tema non sembrano comunque inconciliabili.

    Va ricordato che entrambi i partiti hanno espresso la loro contrarietà alla legge sullo Ius soli, inizialmente proposta dal Partito Democratico nella legislatura appena conclusa ma che non è mai stata tramutata in legge.

    Provvedimenti che rendano più semplice l’acquisizione della cittadinanza per gli immigrati, quindi, con questi due partiti alla guida del paese, sono assolutamente da escludere.

    Rapporto con l’Europa

    Anche dal punto di vista delle relazioni con le istituzioni europee, il percorso di Lega e Cinque Stelle è stato analogo. Dopo essersi assestati per anni su posizione radicali, a partire dall’uscita dall’euro, ora entrambi i partiti hanno parzialmente rivisto questo schema.

    Di Maio, proprio in campagna elettorale, ha affermato esplicitamente che “non è più il momento di uscire dall’euro”. Dal canto suo Salvini, nella conferenza stampa tenuta a Strasburgo martedì 14 marzo, ha dichiarato: “Sarebbe impossibile un’uscita dell’Italia dall’euro improvvisa e solitaria”.

    Si può quindi dire che sia il Movimento che la Lega condividono le critiche alle politiche di austerità e ai vincoli di bilancio imposti dall’Europa, e che entrambi vorrebbero ridiscutere i trattati europei senza però, almeno per il momento, uscire dalla moneta unica.

    Tasse

    Uno dei punti su cui un ipotetico governo tra leghisti e grillini farebbe più fatica a trovale la quadra è la tassazione.

    Come è noto, il centrodestra, Lega compresa, ha proposto dall’inizio della campagna elettorale la flat tax, ovvero un sistema fiscale che applica la stessa tassazione, in termini di aliquota, a tutti i contribuenti, indipendentemente dal loro reddito.

    La Lega ha proposto una tassazione uguale per tutti al 15 per cento, il che implicherebbe una drastica riduzione delle imposte soprattutto per i redditi più alti.

    La posizione dei pentastellati è differente, e si appunta su una riduzione delle imposte soprattutto per le classi medie, con una no tax area per i redditi fino a 10mila euro.

    Reddito di cittadinanza

    Il grande cavallo di battaglia dei grillini, il reddito di cittadinanza, è una misura che non è vista affatto di buon occhio dalla Lega. Salvini ha ribadito a più riprese di non voler dare soldi “a chi sta a casa senza fare niente” (sebbene il reddito di cittadinanza dei Cinque Stelle non preveda questo).

    Al momento questo appare l’elemento di maggiore distanza tra i due partiti. Dopo le aspettative suscitate in campagna elettorale, sarebbe assai difficile per il Movimento non tenere fede all’impegno del reddito di cittadinanza senza che i suoi elettori si sentano traditi.

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