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    Migranti, cosa prevede il decreto rimpatri e quali sono i paesi interessati

    Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (D) e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (S), durante la conferenza stampa di presentazione alla Farnesina del decreto sui migranti, Roma, 4 ottobre 2019. ANSA/ RICCARDO ANTIMIANI

    Il provvedimento presentato dai ministri Di Maio e Bonafede è solo il primo passo di un piano più ampio sui rimpatri

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 4 Ott. 2019 alle 12:49 Aggiornato il 4 Ott. 2019 alle 14:18

    Cosa prevede il decreto rimpatri sui migranti e quali sono i paesi interessati

    Il decreto sui rimpatri presentato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio e dal ministro della giustizia Alfonso Bonafede nella conferenza stampa di oggi, venerdì 4 ottobre, alla Farnesina, riguarda il tema dei rimpatri dei migranti presenti nel nostro paese senza un regolare titolo di soggiorno. Il provvedimento, come specificato dallo stesso Di Maio, è solo il primo passo di un piano più ampio sui rimpatri che sarà portato avanti nei prossimi mesi, intitolato “Piano rimpatri sicuri“. Ecco i punti del decreto rimpatri presentato oggi, cosa prevede il decreto rimpatri e quali sono i paesi interessati.

    Cosa prevede il decreto rimpatri

    Il decreto interministeriale sui rimpatri, firmato dai ministri Di Maio, Bonafede e Lamorgese, punta ad accorciare i tempi delle procedure necessarie per stabilire se un migrante può restare o meno in Italia, portandole da circa due anni a 4 mesi. La misura riguarderà solo i migranti provenienti da alcuni paesi, individuati dai ministeri degli Esteri, degli Interni e della Giustizia e ritenuti “paesi sicuri”.

    Il provvedimento ha ovviamente delle ricadute sul sistema della giustizia, come ha spiegato il ministro della Giustizia. Bonafede ha parlato di “una procedura molto agevolata nei tempi, che saranno la metà di quelli previsti per una normale procedura di protezione internazionale”.

    “Chi si trova ad esaminare una richiesta di protezione internazionale sa che si tratta di un paese sicuro”, ha spiegato Bonafede, “quindi abbiamo un diverso meccanismo di onere della prova: non ci sono i presupposti per ottenere la protezione salvo prova contraria”.

    Decreto rimpatri, i paesi interessati

    I paesi coinvolti nel decreto e ritenuti quindi “sicuri” sono Algeria, Marocco, Tunisia, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del nord, Montenegro, Senegal, Serbia e Ucraina.

    I cittadini provenienti da questi paesi che faranno richiesta di asilo per restare in Italia, quindi, vedranno le procedure necessarie a definire la loro situazione giuridica accorciarsi da circa due anni a 4 mesi. Secondo i dati citati da Di Maio, dei 7.087 migranti arrivati in Italia nel 2019, oltre un terzo appartiene a uno di questi paesi.

    I prossimi passi del “Piano rimpatri sicuri”

    Di Maio ha annunciato quali saranno i prossimi passi del “Piano rimpatri sicuri”. Il ministro degli Esteri ha parlato di un’implementazione del Fondo rimpatri, che serve a stimolare gli accordi internazionali sui rimpatri. “Può arrivare a 50 milioni di euro, ma per noi deve arrivare a molto di più”, ha detto Di Maio. “Perché sono i fondi che andremo ad utilizzare con i paesi di provenienza per stabilire rimpatri più veloci”.

    Inoltre, il ministro due paesi – Marocco e Tunisia, coinvolti dal decreto firmato oggi – con cui sono già stati stretti degli accordi sui rimpatri dei migranti, ma tali accordi devono essere rafforzati o ratificati. “Il nostro obiettivo è quello di stabilire delle relazioni molto più forti con i vertici di questi paesi, collaborare e accelerare i tempi dei rimpatri”, ha detto il capo della Farnesina, che ha annunciato di voler recarsi in Marocco e Tunisia nei suoi prossimi viaggi istituzionali.

    Le criticità

    Alcuni dei paesi coinvolti nel decreto, come Tunisia e Algeria, sono coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani (ad esempio puniscono l’omosessualità con il carcere), quindi il rischio è di rimpatriare migranti che abbiano subito degli abusi o siano stati perseguitati.

    “Voglio precisare che per tutti i casi in cui si dovessero verificare sostanzialmente delle persecuzioni, la nostra Costituzione e le nostre leggi tutelano il diritto degli individui”, ha assicurato Di Maio a questo proposito. Tuttavia risulta difficile comprendere come in appena 4 mesi si possa ottenere una prova riguardante possibili lesioni nei diritti della persona che – per essere accertate – spesso richiedono tempi ben più lunghi.

    Rimangono fuori dalla lista, inoltre, paesi come l’Egitto e la Libia, da cui partono gran parte dei migranti che attraversano la rotta del Mediterraneo centrale.

    I due Stati, il primo a causa delle recenti repressioni nei confronti dei manifestanti, il secondo a causa della guerra civile, offrono ben poche garanzie di “sicurezza”, ma non è chiaro l’atteggiamento che avrà il governo nei confronti dei due paesi nordafricani.

    Sull’Egitto, il presidente della Camera Roberto Fico, ha dichiarato pochi giorni fa che: “È un Paese che possiamo dichiarare non sicuro perché i diritti che la nostra Costituzione ci dà non sono garantiti”.

    Per quanto riguarda la Libia, invece, Di Maio ha dichiarato: “Lavoriamo ogni giorno per preparare la conferenza di Berlino. Paesi come la Tunisia e l’Algeria possono dare una grande mano anche perché gestiscono gli effetti della crisi libica”.

    Qui sotto la diretta di TPI dalla conferenza stampa di Di Maio e Bonafede:

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