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    Ddl Zan, i dem rilanciano la legge: “Disposti a modifiche, ma sull’identità di genere non si tratta”

    Credits: EPA/FRANCISCO GUASCO
    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 18 Mag. 2022 alle 20:21 Aggiornato il 18 Mag. 2022 alle 20:39

    Dopo la giornata internazionale contro l’omotransfobia il segretario del Partito Democratico Enrico Letta ha rilanciato l’impegno del partito nel far approvare il ddl Zan, affossato a Palazzo Madama a ottobre scorso dopo il voto favorevole della Camera a novembre 2020. I dem questa volta sarebbero disposti a sedersi al tavolo con i partiti che hanno bocciato la legge in Senato e ad accogliere alcune delle critiche mosse pur di farla approvare prima della fine della legislatura. Un cambio di passo rispetto all’anno scorso, quando nonostante le richieste di modifica da parte di Iv, Forza Italia e Lega in Commissione Giustizia al Senato, il Pd ha voluto far approdare il testo di legge così com era, nella versione approvata alla Camera, sperando in un bis.

    Adesso, trascorsi i sei mesi previsti dal regolamento dopo il voto contrario per ripresentare la legge, dal Nazareno tornano alla carica, consapevoli che per superare lo stallo è necessario convocare una “riunione di tutta la maggioranza per rimettere le carte in tavola su una legge che rappresenta il minimo sindacale in fatto di difesa contro i crimini d’odio“, fa sapere la capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Simona Malpezzi. A Repubblica Malpezzi ha dichiarato che “il Pd è aperto a modifiche, che però mantengano la tutela di tutti“. “L’abbiamo detto e ripetuto: siamo pronti. Nonostante ci sia un conto alla rovescia verso fine legislatura, se c’è la volontà politica la legge si può ancora approvare, sedendosi attorno a un tavolo per discutere”, ha aggiunto. “Il nostro impegno sul ddl Zan sarà ancora più determinato“, ha assicurato ieri Letta in un tweet.

    I primi partiti a essere invitati al tavolo dovrebbero essere Italia Viva e la frangia più progressista di Forza Italia, che alla Camera avevano votato sì ma in Commissione Giustizia avevano mosso le prime obiezioni, per poi respingere la legge in Senato. “Al Senato Renzi non ha detto semplicemente non ci sono i numeri. Se la legge è stata affossata è stato per la mancanza di dialogo. È stata negata la possibilità di sedersi a un tavolo. Si è fatto un esercizio di posizionamento. Sui diritti fondamentali va sempre cercato uno spazio di mediazione”, ha affermato ieri nel corso del programma Metropolis la ministra renziana per le Pari Opportunità Elena Bonetti, ricordando che il dialogo deve essere avviato “con il Parlamento, e non con il governo”, che è “parte terza”.

    Se c’è apertura rispetto alla possibilità di una modifica dell’articolo 1 – che elenca le definizioni di orientamento sessuale, sesso e genere – dell’articolo 4 sulla libertà di espressione e dell’articolo 7 sulla educazione nelle scuole, su un aspetto però non si potrà transigere, osservano i dem, ovvero il riferimento all’identità di genere che tutela le persone transgender. “Non si può chiedere di introdurre una discriminazione in una legge contro le discriminazioni”, ha detto il primo firmatario del ddl Alessandro Zan a Metropolis.

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