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    Corrado Passera a TPI: “Da banchiere a banchiere, caro Draghi resta premier”

    Credit: Augusto Casasoli / A3 / contrasto

    “Servono soluzioni nuove per questo nuovo mondo”. Sul nuovo numero di TPI, in edicola da mercoledì 29 dicembre, l'intervista al banchiere ed ex ministro del governo Monti. “Sussidi? più spendiamo in assistenza e più crescono i poveri: qualcosa non va”

    Di Giulio Gambino
    Pubblicato il 28 Dic. 2021 alle 18:19 Aggiornato il 28 Dic. 2021 alle 18:26

    Vorrei cominciare dalla quotidianità. A che ora si sveglia Corrado Passera al mattino?
    «Alle 7 meno un quarto e poi, con mia moglie, prepariamo i bambini per la scuola».

    E a che ora va a dormire?
    «Intorno a mezzanotte».

    Porta lei i bambini a scuola?
    «Certe volte io, certe volte mia moglie, altre volte ci facciamo aiutare».

    A che ora in ufficio?
    «Se li porto io, alle 9, altrimenti poco dopo le 8».

    Quante ore lavora al giorno?
    «Fino alle 8 di sera».

    Sono 12 ore più o meno. Non è troppo?
    «Ci sono diverse fasi della vita. Quando tu hai fondato un’azienda e ne hai la responsabilità di fatto lavori sempre, anche dopo le 20 e durante il weekend, ma questo io lo trovo conseguente a una scelta».

    È il periodo della sua vita in cui ha lavorato di più?
    «Ho lavorato in situazioni molto drammatiche, e quelle sono fasi in cui non hai pace. Quando mi sono trovato ad evitare il fallimento dell’Olivetti, a dimostrare che le Poste non andavano chiuse, ma si potevano  risanare, quando sentivamo la Troika alle porte… nelle fasi emergenziali non c’è limite all’impegno che si mette».

    Questo può valere senz’altro per chi intraprende un’impresa o al limite per chi sceglie un lavoro autonomo, ma non per chi deve svolgerne uno.
    «Ci sono tanti modi per essere contenti della propria vita professionale e questo vale sia nel mondo dei lavoratori autonomi sia  in quello dei lavoratori dipendenti».

    Può darsi, ma l’eccessiva flessibilità non è un lusso che un dipendente possa permettersi.
    «Più che per i dipendenti regolari, il problema esiste per molti lavoratori para dipendenti e irregolari che per sopravvivere devono accettare ritmi bestiali. Quelli che Ricolfi definisce giustamente “schiavi”».

    Corrado Passera, classe 1954, nato a Como, è uno dei più importanti banchieri europei e dirigenti pubblici italiani. Negli ultimi cinquant’anni ha attraversato la storia di questo paese alla guida di: Intesa, Poste, Olivetti, Mondadori, Gruppo Espresso, Banco Ambrosiano Veneto, tra gli altri. Il Financial Times una volta lo paragonò al personaggio di Harvey Keitel di Pulp Fiction: “the fixer, l’aggiustatore”. Nel senso che molto spesso era l’uomo che “ripuliva” i guai provocati da altri e rimetteva tutto in ordine.  Diceva: «Risolvo problemi ma dovete fare esattamente quello che dico».

    Per non farsi mancare nulla è stato anche ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e dei Trasporti nel governo Monti dal 2011 al 2013. Laurea alla Bocconi, ha studiato anche negli Usa. Alto 1.90, fisico asciutto. È un McKinsey boy. Se non avesse fatto il banchiere, avrebbe voluto fare il medico. Nel 2014 lanciò anche un suo movimento politico: “Italia Unica” ritirandosi, alla fine, dalla corsa per sindaco di Milano. Cinque figli. Luigi e Sofia, avuti dalla prima moglie. E altri tre: Luce, Giovanni ed Eugenia avuti dalla seconda moglie Giovanna Salza, esperta di comunicazione d’impresa   e ora imprenditrice di successo nel settore delle cliniche  veterinarie. «Un grande amore», racconta Passera. Che oggi, a 67 anni, guida una sua nuova banca: illimity. Lo abbiamo incontrato in casa sua a Brera, nel centro di Milano.

    Qual è il suo giudizio sul governo Draghi?
    «Non poteva capitarci niente di meglio che l’arrivo di Draghi. Un Paese funziona in base a quello che fa e alla credibilità che ha. Nei confronti del resto del mondo ci siamo portati a casa una credibilità che non meritavamo sui fatti, ma che abbiamo ottenuto grazie a una persona che ce l’aveva. Credo che il Pnrr sia stato impostato correttamente a partire da poche e giuste priorità».

    Draghi andrà al Colle?
    «Io spero che questa esperienza di governo arrivi fino in fondo, perché il lavoro che è stato impostato rischierebbe di essere vanificato da un cambio di guida».

    Chi potrebbe essere un buon successore di Draghi?
    «Io spero e mi auguro che rimanga Draghi».

    Uno dei temi più scivolosi per ogni esecutivo è quello delle pensioni. La soluzione temporanea del Governo Draghi la soddisfa?
    «No. Siamo già oggi un Paese dove circa 8 dei 16 milioni di pensionati in qualche modo ha una pensione parzialmente o totalmente sussidiata dallo Stato, in quanto  di per sé non sostenibili. Ora andranno in pensione tutti i baby boomers e la vita media si allungherà mentre non si ripopolano le file dei lavoratori giovani: inutile raccontare storie alla gente»…
    Per leggere l’intervista completa del direttore di TPI Giulio Gambino a Corrado Passera vai sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
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