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    Il concorso per il Sud? Un fallimento annunciato (di Lucia Azzolina)

    Il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta in aula della Camera, Roma, 4 maggio 2015. Credit: ANSA/ALESSANDRO DI MEO
    Di Lucia Azzolina
    Pubblicato il 5 Lug. 2021 alle 18:27 Aggiornato il 5 Lug. 2021 alle 18:58

    Il Concorso Sud si è rivelato un flop. Nonostante i toni trionfalistici usati per giorni, il risultato è impietoso: solo 821 assunzioni su 2.800 posti.

    Ma qual è il motivo di un fallimento annunciato?

    Le modalità di selezione e le chances, retributive e di carriera, offerte. Dinanzi alla sfida straordinaria dell’utilizzo dei fondi del PNRR non possiamo far finta di nulla, pensando che selezioni ristrette, basse retribuzioni e prospettive di precariato rappresentino ciò che serve al Paese.

    Mesi fa, in una lettera pubblicata sul Corriere della Sera avevo paventato i rischi, per i pubblici concorsi, di un ricorso alla preselezione per titoli e ad articolazioni concorsuali che finiscono unicamente per danneggiare i giovani.

    L’Italia ha bisogno di un grande rinnovamento della Pubblica Amministrazione, che valorizzi conoscenze e competenze.

    Ma vero rinnovamento può esserci solo se viene consentita la più ampia partecipazione ad una competizione meritocratica, magari non basata su quiz mnemonici, ma su prove specifiche, attinenti ai profili da reclutare, individuati rispetto alle concrete funzioni da svolgere.

    Vanno altresì individuati meccanismi di carriera che consentano la valorizzazione di ciascuna professionalità che fa ingresso nella PA, anche attraverso sostanziosi adeguamenti retributivi.

    Significa offrire un futuro serio alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi, provando a far sì che spendano il bagaglio di capacità e conoscenze acquisite a servizio del proprio Paese e non all’estero.

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