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    Il proibizionista insospettabile: un decreto di Speranza mette a rischio il settore della cannabis light

    Il ministro della Salute, Roberto Speranza. Credit: Facebook
    Di Elisa Serafini
    Pubblicato il 20 Ott. 2020 alle 17:08

    Nel silenzio e nella confusione dovuta alla crescita dell’emergenza Covid-19, nella giornata di venerdì 16 ottobre, il ministro della Salute, Roberto Speranza (Leu), ha emanato un decreto – ascoltato il parere dell’Istituto Superiore di Sanità – che identifica alcune composizioni di cannabidiolo (CBD), molecola metabolita non psicoattiva della cannabis, come forme di medicinali soggetti a prescrizione medica con ricetta non ripetibile, ovvero farmaci che, secondo le indicazioni ministeriali, possono determinare, con l’uso continuato, stati tossici o comportare rischi particolarmente elevati per la salute. Questa scelta ha scatenato numerose polemiche, ed è destinata smuovere equilibri politici ed industriali, soprattutto per gli effetti che potrebbe avere nel percorso di legalizzazione e regolamentazione dei prodotti derivanti dalla cannabis.

    Cos’è il CBD?
    Il cannabidiolo è uno dei principali contenuti della cannabis, il secondo dopo il THC, il principio attivo con effetto psicotropo. Il cannabidiolo (o CBD), al contrario del THC, non produce alcun effetto psicotropo, ma ha effetti rilassanti, antiossidanti e antinfiammatori. Da diversi anni è stato inserito tra le sostanze naturali consigliate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per il trattamento di diverse condizioni medicali (ad esempio l’epilessia, il mal di testa, l’insonnia): è stato dichiarato sicuro, e senza rischi di generare dipendenza. Anche le Nazioni Unite saranno chiamate, dopo il documento inviato dall’OMS, ad esprimersi entro dicembre 2020 sul tema della cannabis per valutare l’esclusione della pianta dall’elenco delle sostanze stupefacenti.

    In questo percorso di riclassificazione della cannabis e del CBD sono nate vere e proprie industrie e prodotti, con differenze tra i diversi Paesi rispetto alle regole che riguardano la presenza di THC. Ad oggi i prodotti a base di cannabidiolo sono venduti senza ricetta sotto forma di tisane, fiori, olio, e persino pop-corn. Esistono inoltre diverse preparazioni galeniche, vendute in farmacia e composti da CBD.

    Come incide il decreto Speranza sui prodotti a base di CBD?
    Il decreto a firma del ministro Speranza – emanato come risposta ad una richiesta di immissione nel mercato italiano di uno sciroppo a base di CBD – fa riferimento a prodotti preparati e ad uso orale (ad esempio oli o capsule) mentre vengono esclusi prodotti a base di CBD ad uso, ad esempio, cutaneo (creme), nasale o inalatorio. Questo apre diversi scenari.

    Nonostante il CBD non venga identificato in sé come “stupefacente”, se lo diventano i prodotti derivati, significa che a partire dal prossimo mese i consumatori non potranno più acquistare liberamente oli o prodotti ad uso orale contenenti CBD, poiché questi dovranno essere autorizzati dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e venduti con ricetta. Un’interpretazione alternativa invece suggerisce che il decreto possa essere applicato solo a prodotti considerati farmaci, escludendo quindi gli oli o le capsule a base di CBD, che ad oggi non sono classificati come farmaci. La differenza la faranno, presumibilmente, ulteriori decreti e precisazioni.

    Le reazioni di deputati e associazioni
    “Tutto ci saremmo aspettati tranne che il colpo più grave alla canapa italiana venisse inferto dal governo Conte-bis”, ha tuonato Federcanapa, federazione di imprese, esperti e associazioni operanti nel mondo della canapa industriale, tessile e terapeutica. “Non si capisce perché l’ingestione di un estratto a bassa dose di CBD non possa valere come integratore alimentare”. Dichiarazioni analoghe sono arrivata da MeglioLegale e Legalizziamo.it campagne a favore della legalizzazione della cannabis.

    Lo scontro si è ulteriormente accentuato in Parlamento, con la netta presa di posizione degli oltre 70 parlamentari dell’Intergruppo Cannabis Legale (tra questi Mario Perantoni, presidente della Commissione Giustizia alla Camera, Francesco Berti, Riccardo Magi e Silvia Benedetti), che hanno parlato di “scelta illogica”, e richiesto un rapido cambio di orientamento al Ministero.

    Le ragioni per la legalizzazione e le azioni di lobbying contrarie
    Molti Paesi nel mondo stanno intraprendendo la strada verso una completa o parziale legalizzazione della vendita di cannabis. Stati Uniti e Canada guidano da anni questa rivoluzione, e, sempre nel continente americano, il prossimo ad esprimersi sarà il Messico, pronto a legalizzare la vendita di cannabis entro dicembre.

    L’introito per lo Stato a seguito della legalizzazione della cannabis è stato stimato in oltre 9 miliardi di euro all’anno, escludendo i risparmi indiretti dovuti alla riduzione di spese processuali e giudiziarie. Il mercato di cannabis a basso contenuto di THC e ad uso industriale, tessile si stima che possa arrivare a valere in Italia oltre 30 miliardi di euro e 123 se consideriamo l’intero continente europeo.

    Tra i principali oppositori alla legalizzazione vi sono state società farmaceutiche specializzate in psicofarmaci e antidolorifici, e società che producono prodotti rivali (ad esempio superalcolici) che negli anni hanno finanziato feroci campagne per evitare la regolamentazione delle sostanze. Nel caso della marcia indietro del ministro Speranza, alcune fonti suggeriscono una forte azione di lobbying di alcune società farmaceutiche che avrebbero messo gli occhi sul business dei prodotti CBD, e che andrebbero a sottrarre business a piccoli produttori o società non farmaceutiche.

    Leggi anche: Società farmaceutiche, produttori di alcolici: ecco chi c’è dietro al no alla cannabis legale

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