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    Condannati e impresentabili: i candidati più controversi alle prossime elezioni

    Ci sono personaggi che alla fine i partiti non hanno avuto il coraggio di candidare, altri che invece nelle liste ci sono finiti

    Di Luca Serafini
    Pubblicato il 6 Feb. 2018 alle 20:09 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:32

    Dopo ferventi trattative, nei giorni scorsi le principali coalizioni hanno chiuso le liste in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo. L’operazione, come sempre in questi casi, è risultata tutt’altro che agevole, considerata la necessità di non scontentare le singole correnti dei vari partiti e di rispettare gli accordi tra le diverse componenti delle coalizioni.

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    Nel centrosinistra, ad esempio, ci sono state molte polemiche per l’esclusione di nomi illustri e apprezzati per il loro impegno civico, come quelli di Luigi Manconi e Giusi Nicolini, ex sindaca di Lampedusa e simbolo dell’accoglienza ai migranti.

    Allo stesso tempo, alcune candidature di esponenti provenienti da una storia politica chiaramente di destra come Pierferdinando Casini hanno sollevato non pochi mal di pancia tra gli elettori dem.

    Anche nel Movimento Cinque Stelle non sono mancati litigi e dissapori, in particolare a causa di alcuni nomi considerati “riciclati”, poiché provenienti da esperienze amministrative in partiti di centrodestra o centrosinistra.

    A sinistra del Pd, ci sono state lamentele per la composizione delle liste da parte, ad esempio, di Possibile, il movimento guidato da Pippo Civati.

    Infine, nella coalizione composta da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, erano state temporaneamente sospese da un tribunale 17 candidature nel collegi uninominali delle circoscrizioni Lombardia 1 e Lombardia 4 per incompletezza nella documentazione.

    La Corte di Cassazione, tuttavia, ha riammesso tutti i candidati a rischio dopo l’integrazione della documentazione stessa.

    Tra candidature abortite all’ultimo momento e altre andate in porto, balzano agli occhi i nomi di alcuni personaggi perlomeno “discutibili”, che sia per quello che dice il loro casellario giudiziale o per le non straordinarie capacità politiche dimostrate nelle precedenti legislature.

    Ne abbiamo scelti cinque tra i più controversi.

    Antonio Razzi

    Dopo un tira e molla sulla sua candidatura durato alcune settimane, alla fine il senatore Antonio Razzi, a quanto sostiene, ha rifiutato l’offerta fattagli da Forza Italia di presentarsi nella circoscrizione Estero.

    In un primo momento sembrava che Razzi fosse stato escluso dalle liste, ma solo poche ore dopo la coalizione di centrodestra aveva ipotizzato di poterlo rimettere in gioco tra i candidati che verranno selezionati dagli elettori residenti fuori dall’Italia.

    Proprio in queste ore, però, è stato lo stesso Razzi a fare chiarezza sulla propria posizione, affermando di non aver accettato l’offerta del partito. “Mi è stato offerto di candidarmi – ha detto Razzi – però ho rifiutato perché è impossibile. Io che sono già stato eletto due volte alla Circoscrizione Europa all’estero so quanto lavoro c’è da fare. In due settimane è impossibile fare una vera campagna elettorale per essere candidato alla Circoscrizione Estero”.

    Esce così di scena, almeno per ora, uno dei personaggi politici più discussi delle ultime legislature. Eletto nel 2006 e nel 2008 con l’Italia dei Valori, passò al gruppo Noi Sud nel 2010 votando contro alla mozione di sfiducia sul governo Berlusconi.

    Successivamente, in un audio intercettato da una trasmissione televisiva, ammise che il cambio di casacca era avvenuto per una mera questione di tornaconto (economico) personale.

    Autore di numerosissime gaffe e assai deficitario nella padronanza della lingua italiana, Razzi ha suscitato ilarità anche per i suoi giudizi lusinghieri nei confronti del regime nordcoreano di Kim Jong-un. Lui stesso si è recato spesso in Corea del Nord proponendosi come mediatore e pacificatore nelle controversie tra Kim e l’Occidente.

    Questo è il video con cui Razzi ha esplicitato la natura per così dire “opportunistica” del suo impegno politico:

     

    Emanuele Dessì

    Il caso più controverso che ha colpito il Movimento Cinque Stelle è quello di Emanuele Dessì. Candidato nel listino proporzionale del collegio Lazio 3, Dessì è finito al centro delle polemiche dopo che, in un video, lo si vedeva ballare con un membro del clan Spada di Ostia, Domenico detto “Vulcano”, condannato per usura ed estorsione.

    “Facevo il pugile e insegnavo pugilato, e ovviamente frequentavo le palestre, anche quella in cui si allenava Domenico Spada” ha spiegato poi Dessì su Facebook.

    Tuttavia, sempre su Facebook è spuntato un suo post non esattamente edificante in cui, nel 2015, si vantava di aver picchiato un ragazzo rumeno

     

    Dessì, travolto dalle polemiche, alla fine ha ritirato la sua candidatura. Le motivazioni della rinuncia tuttavia appaiono ancora tutt’altro che chiare, dal momento che lo stesso Dessì ha dichiarato di aver firmato un foglio senza nemmeno aver capito cosa ci fosse scritto.

    Roberto Formigoni

    Dopo due candidature “abortite”, eccone invece una che si è concretizzata e che, d’altra parte, non era mai stata in discussione, quella dell’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni.

    Il “Celeste” correrà come capolista nei collegi  plurinominali 2, 4 e 5 della Lombardia per la lista Udc-Noi con l’Italia, che fa parte della coalizione di centrodestra.

    Fatta salva la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva della Cassazione, molti commentatori non hanno potuto fare a meno di mettere in dubbio l’opportunità politica di questa candidatura.

    Formigoni, infatti, nel 2016 è stato condannato in primo grado a sei anni di reclusione per corruzione per i casi San Raffaele e Maugeri, due scandali che hanno coinvolto la sanità regionale lombarda.

    Umberto Bossi

    L’ex segretario della Lega Nord, da molti anni pressoché assente dalla scena politica, farà il suo inaspettato ritorno, candidato come capolista a Palazzo Madama per il collegio di Varese-Como-Lecco.

    Al di là delle valutazioni squisitamente politiche nonché delle problematiche di salute che il “Senatur” ha dovuto affrontare nel corso degli anni, la sua sostanziale estromissione dalle attività della Lega Nord è dipesa in gran parte dalla condanna a due anni e tre mesi, nel 2017, per aver distratto fondi del partito utilizzandoli per scopi privati.

    Nello stesso procedimento, sono stati condannati il figlio di Bossi, Renzo detto “il Trota”, a un anno e mezzo, nonché l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito (due anni e sei mesi).

    Angelo Michele Iorio

    Ex presidente della regione Molise, Iorio è candidato con il centrodestra al Senato nel collegio uninominale di Campobasso. Nel 2012 è stato condannato in primo grado ad un anno e 6 mesi per abuso di ufficio e indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato.

    La condanna è stata confermata in appello, ma il reato è stato successivamente dichiarato prescritto dalla Cassazione.

    Il 25 gennaio 2018 Iorio è stato condannato nuovamente per abuso d’ufficio, stavolta in un processo d’appello che ha ribaltato la sentenza di assoluzione pronunciata dai giudici in primo grado.

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